Editoriale / Sempre meno bambini in chiesa: andare alle origini del malessere

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È un fenomeno degli ultimi anni. In chiesa alla domenica trovi sempre meno bambini e non solo in estate, ma anche nel tempo in cui frequentano il catechismo.
In realtà il problema non sono i bambini, è ovvio, ma i genitori che alla domenica hanno tanti impegni e – diciamolo francamente l’educazione religiosa dei figli è l’ultima delle loro preoccupazioni. Anzitutto: perché alzarsi presto (“è l’unico giorno che si dorme”)? Poi c’è da fare spesa al centro commerciale, anzi ancor prima da lavare la macchina…
C’è una generazione che ha scelto di vivere senza Dio e che al suo posto ha messo altro. I bambini vengono trattati come animaletti da coccolare (normalmente li si definisce cuccioli), per poi orientarli verso una vita in cui conta più ciò che si ha o come si appare invece di ciò che si è.
E quando ti fermi a ragionare un po’ con questi genitori scopri che della fede non sanno praticamente nulla e allora ti chiedi, sconsolato, come possono amare ciò che non conoscono. E tutto sembra finir lì, in una crisi di fede.
Eppure, ed è coscienza anche di tanti non credenti che affidano alla parrocchia parte dell’educazione dei loro figli, attraverso la fede passano tanti valori, punti di riferimento essenziali per ogni persona, credente o no. Un educatore cristiano sa che i valori evangelici sono profondamente umani e quando aiuta un ragazzo, lo aiuta a crescere nella piena umanità.
Del resto il dono di sé, il perdono, la ricerca della pace, l’altruismo, l’ascolto, l’accoglienza del diverso, la creatività sono valori profondamente cristiani e profondamente umani…
Questo è il tesoro che un genitore e una comunità consegnano ai propri figli. Ma a questo punto è lecito chiedersi dove sono i genitori.
Perché oggi i bambini, ci dicono gli psicologi, vengono privati delle basi per un’infanzia sana, ad esempio genitori emotivamente presenti, capaci di porre limiti ben definiti, figure guida, che insegnano la responsabilità personale (non è sempre colpa degli altri) ed educano anche al gioco creativo, alle interazioni sociali, al tempo libero e ai momenti di noia.
Al contrario, ai bambini vengono offerti: genitori “digitalmente distratti”, indulgenti che permettono ai figli di “comandare” nel convincimento che tutto gli è dovuto. E anche stimolazioni continue, babysitter tecnologiche, gratificazioni immediate, assenza di momenti di noia. Si può crescere una generazione sana in un ambiente così malsano?
Perché poi stupirsi se la preadolescenza (ormai precocissima) e l’adolescenza manifestano così prepotentemente questo disagio? La chat degli orrori, il revenge porn, le violenze gratuite di gruppo, di cui le cronache sono zeppe, non sono altro che le punte di un iceberg di malessere generale. C’è da attendersi che qualcuno si svegli in tempo.

Giovanni Tonelli
direttore “Il Ponte” (Rimini)

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