Nell’auditorium “San Giovanni Nepomuceno” di Acireale, il prof. Giuseppe Savagnone tiene una conferenza sul tema “Educare oggi alle virtù”, in sintonia con il prossimo laboratorio Nazionale “La Chiesa per la scuola”, programmato nell’incontro con Papa Francesco in piazza S. Pietro a Roma.
Il prof. Giovanni Vecchio dell’Ufficio diocesano per la Pastorale della Cultura e della Scuola nell’introduzione sostiene che è fondamentale recuperare il valore della scuola e il suo significato. Presenta l’oratore della serata, impegnato da ventiquattro anni nella diocesi di Palermo.
Per dare respiro al pubblico di docenti, rappresentanti di comunità e di associazioni e genitori, segue un breve intermezzo musicale per pianoforte a quattro mani di Paola Budano e Mariangela Di Stefano che eseguono pezzi di Debussy.
Mons. Guglielmo Giombanco, vicario generale, porta il saluto del vescovo Antonino Raspanti e invita tutti a crescere nei percorsi educativi, intensificando la propria interiorità, per aprirsi agli altri.
La relazione del prof. Giuseppe Savagnone, intramezzata da note umoristiche e richiami culturali filosofici e teologici, attingendo anche alle scoperte tecnologiche, verte sull’odierno problema educativo che mette a dura prova gli educatori, sia scolastici che ecclesiali, in quanto non si riesce a gestire i rapporti con i giovani.
La proposta è il Vangelo, quale scuola d’umanità di vita reale, attraverso tre modelli di educatori: il seminatore, il pescatore, il pastore. Il primo insegna la virtù dell’umiltà: getta il seme, ma i risultati non sono sempre uguali e non dipendono dal contadino. Il secondo insegna la virtù della pazienza alla società liquida del nostro tempo, avendo da fare con esseri che si muovono, con il mare percorso da venti, simboleggiante la vita in movimento. Urge imparare le strade, entrarci per stili diversi nell’ardua opera dell’educazione. Infine, il pastore conosce le pecore una a una, la sera le conta e se ne manca una, la va a cercare: questi stabilisce un rapporto, apre un dialogo personale, è capace di capire, ascoltare, ha un atteggiamento di cura, rimette in discussione se stesso. Ecco, l’educatore deve educarsi.
Molto acuta la critica della morale che viene ad identificarsi con il dovere e il divieto, urtando contro la sensibilità dei giovani, provocando la crisi; pertanto la morale del dovere, pur con i suoi pregi, si riduce a qualcosa di disumano, prescindendo dalla felicità. Dalla morale disumana si passa all’ipocrisia. Il professore conclude che l’originaria morale cristiana, coltivata dai Padri della Chiesa, è la morale della felicità, con prospettive di un’umanità nuova, mossa dal desiderio: la virtù è vivere in maniera piena, è un nuovo modo d’essere, è tendere all’integrazione della propria persona, all’unità interiore, mentre l’uomo d’oggi è frammentato; bisogna raccogliere le contraddizioni, riconducendole all’unità; educare attraverso il sapere, la disciplina; scoprire nuove cose, l’armonia, la molteplicità, coinvolgendo tutta la persona.
Una domanda a Savagnone: Cosa ne pensa della violenza negli stadi?
– “ Non solo negli stadi; la violenza è dilagante, in tutti i campi. Nessuno educa alle virtù, è un lavoro da cominciare; l’unico educatore è Papa Francesco. Dopo la cresima, i ragazzi scappano, perché non sono educati alla vita ecclesiale, al valore della comunità. Educano un poco i Movimenti, quali i Focolarini, i Catecumenali ecc.La scuola si è ridotta a istruire; i genitori sono travolti da un contesto sociale con risvolti di violenza.”
Anna Bella