Dopo elezioni – 6 / È una società dal “fiato corto”. Questo voto esprime una cultura non più capace di grandi prospettive

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Le elezioni politiche, svoltesi il 4 marzo scorso, ci inducono a pensare che si è operato un cambiamento nelle scelte politiche degli elettori italiani, ma di cui rimane difficile gestirne la concreta realizzazione a livello di governo. Chi sarà capace di condurre per mano il desiderio di cambiamento espresso nel segreto delle urne? La coalizione di Centro destra guidata da Salvini? Un governo a conduzione penta stellare?  Magari, in entrambi i casi, con il sostegno di un PD delegittimato dal deludente risultato acquisito?

Qualunque sia la coalizione a cui il Presidente della Repubblica affiderà la responsabilità del governo del paese, mi sembra di poter evidenziare, in ogni caso, come in ogni parte politica che si è proposta durante la campagna elettorale manchi un progetto politico di grande respiro.

La necessità di rintuzzare le richieste dei cittadini legate ad esigenze molto concrete, ha costretto i vari schieramenti politici ad offrire soluzioni di piccolo cabotaggio, senza saper più condurre la grande nave della vita comune della società verso valori alti, quali il bene comune,  la solidarietà, la sussidiarietà, da cui trarre ispirazione per programmi politici a largo respiro e capaci  di coinvolgere ampi strati della società e non singole corporazioni di sfiduciati o di privilegiati.

E proprio perché le esigenze sono minime ogni spazio di manovra diventa limitata e tende a creare collisione con chi manovra nello spazio accanto: l’immigrato non è più tollerato e la questione lavoro è sempre più affidata ad  interventi di emergenza.

Dall’altro lato c’è da corrispondere ad un mondo globalizzato che, per quanto possa ampliare le opportunità di realizzazione di chi ha capacità produttive, toglie ossigeno alle limitate risorse disponibili e orienta la navigazione verso la deriva e le secche di un lavoro asservito ormai completamente alla produzione.

Più che un voto di cambiamento si potrebbe parlare, quindi, di un voto che si allinea perfettamente ad  una società la cui cultura sembra non essere più capace di grandi prospettive, una società dal fiato corto.

Questa constatazione dovrebbe far comprendere a noi cattolici, scomparsi dalla scena politica, sia come gruppi parlamentari che come assenza di idee innovative, che nostro compito è aiutare la società e la politica a rivedere le dinamiche umane e sociali non come difesa di sterili particolarismi, ma alla luce dell’afflato sociale, solidale e valoriale espresso dalla Carta Costituzionale, di cui quest’anno cade il settantesimo anniversario, ma di cui nessuno ha fatto cenno in campagna elettorale per prenderne a riferimento i principi su cui costruire una organica e significativa proposta politica. Ma qui ci vorrebbe la capacità di figure politiche che abbiano come esempio il coraggio e l’ardimento di Giorgio La Pira, il compianto sindaco di Firenze, di cui è in corso la causa di beatificazione.

Questo sarebbe il vero cambiamento che meriterebbe un dignitoso vivere sociale, politico,culturale ed economico. Ma perché questo avvenga occorre che, chiunque avrà la responsabilità di guidare il paese, sappia essere capace di farlo respirare a pieni polmoni.

Don Marcello Pulvirenti

 

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