Sono passati quasi sei mesi e ce ne siamo dimenticati. Perché sei mesi ne ritmo della comunicazione sono un’eternità. Ma è opportuno ricordarci del grande consenso che ha accompagnato l’ultimo messaggio di fine anno del presidente Mattarella, centrato sulla “comunità”, sulla “esigenza – per gli italiani – di sentirsi e di riconoscersi come una comunità di vita”. Sentirsi “comunità”, aveva detto il presidente, significa condividere valori, prospettive, diritti e doveri. Significa “pensarsi” dentro un futuro comune, da costruire insieme: “vuol dire essere consapevoli degli elementi che ci uniscono e nel battersi, come è giusto, per le proprie idee rifiutare l’astio, l’insulto, l’intolleranza, che creano ostilità e timore”.
Non era, ha tenuto a sottolineare, “retorica dei buoni sentimenti”. Anche se la percezione, osservava sempre Mattarella, è che “la realtà è purtroppo un’altra”.
Basta guardare a questa campagna elettorale o alla retorica social. A proposito della quale si legga il messaggio del Papa per la Giornata della comunicazioni sociali, che cade la domenica dell’Ascensione, il prossimo 2 giugno. Un testo altrettanto breve e chiaro. Si riconosce che, “nello scenario attuale, la social network community non sia automaticamente sinonimo di comunità”. Perché “nel social web troppe volte l’identità si fonda sulla contrapposizione nei confronti dell’altro”.
Maneggiare con cura, insomma, e con la consapevolezza dell’ambivalenza della contemporaneità, da cui cavare comunque il bene.
Perché è possibile “una rete non fatta per intrappolare, ma per liberare, per custodire una comunione di persone libere”.
Questi due riferimenti possono essere utili anche per guardare all’ultimo tratto di campagna elettorale e al futuro dell’Unione, che è appunto prima di tutto una comunità, una comunità di persone libere, un esempio di democrazia in un mondo che con la democrazia ha sempre più problemi.
Abbiamo assistito ad una campagna elettorale dettata dai sondaggi, con virate e strambate della comunicazione politica, da fare invidia ai velisti più spericolati: in dieci giorni in Italia abbiamo visto di tutto, ennesimo avatar di tangentopoli compreso. Il tutto in una specie di bolla.
La politica, ricercando il consenso e restando all’interno della bolla, rischia di abbandonare il principio di realtà: di qui la frammentazione, un crescente tasso di violenza, il ricorso spasmodico a strumenti del marketing, la sensazione che le vere decisioni si prendano altrove.
Ma una cosa questa campagna elettorale europea ci dice: si stanno disegnando i contorni di una nuova questione sociale europea. Che attraversa il livello sociale centrale, quello che con una espressione abusata e ora inesatta si chiamava ceto medio. E votava per le “famiglie politiche tradizionali”. La chiave giusta per interpretarla e così dare delle risposte nuove, ovvero adeguate ad un nuovo orizzonte europeo e mondiale, forse è proprio il concetto e il senso di comunità. Da cui costruire qualcosa di nuovo.
Francesco Bonini