Martedì 20 Agosto si è tenuto un importante incontro alla Prefettura di Catania, incentrato sull’ emergenza sangue che sta attualmente affliggendo diversi ospedali della provincia a causa di un calo nelle donazioni di sangue e plasma. Presente tra gli altri don Orazio Tornabene, direttore del’ufficio Caritas della Diocesi di Acireale. Don Orazio si è fatto portavoce tra i suoi confratelli di quanto emerso dall’incontro, che mira a responsabilizzare sulla donazione sottolineando che è sia gesto di altruismo ma anche manifestazione della crescita culturale della società.
L’invito alle donazioni di sangue per contrastare l’emergenza, rivolto in primis alla popolazione, sollecita anche i parroci della Chiesa acese a sensibilizzare i fedeli in ogni celebrazione sull’importanza di donare il sangue. Ai presuli l’invito a ribadire ai fedeli che questo gesto rappresenta un’azione di carità concreta e potenzialmente salvavita arriva anche tramite le parole del Direttore della Caritas, che rimarca quanto sentito in sede di incontro prefettizio.
Il messaggio di don Orazio Tornabene
“Ritengo che, in una società come la nostra che si definisce civile, discutere ancora di emergenza sangue sia indice di un preoccupante deficit culturale. È allarmante constatare come non si presti sufficiente attenzione alle persone affette da talassemia, le quali dipendono in modo vitale dalle trasfusioni di sangue fresco”.
Ha ancora proseguito il sacerdote, a sua volta già donatore di sangue: “le strutture ospedaliere e le associazioni, come l’AVIS e la Fratres, non si concedono pause neanche durante i periodi di vacanza. Sarebbe auspicabile che ogni persona, uscendo di casa, si ponesse l’obiettivo di donare un po’ di vita a qualcuno. Questo a sua volta porterà a crescere nella solidarietà”.
Don Orazio ha poi concluso “esiste un urgente bisogno di promuovere una maggiore consapevolezza e cultura della donazione e sono convinto che, grazie ad una solida alleanza tra le istituzioni, di cui questo incontro in Prefettura è un segno significativo, si possano attrarre nuovi donatori desiderosi di contribuire al bene comune sposando il principio dell’empatia sociale.
Va inoltre ricordato che donare sangue non solo giova agli altri, ma reca beneficio anche al donatore stesso per tutte le implicazioni positive legate a questo gesto. Basta davvero poco per salvare una vita: è sufficiente un piccolo gesto, come donare un po’ del proprio sangue”.
I dati dell’emergenza
A fine luglio e all’inizio di agosto sono state raccolte oltre 1000 sacche di sangue presso gli ospedali Garibaldi-Nesima e Policlinico di Catania. Questo approvvigionamento è stato fondamentale per fronteggiare le esigenze dei pazienti in condizioni critiche e di coloro che necessitano di trasfusioni frequenti, come i pazienti affetti da emoglobinopatie, che rischiano particolarmente di subire le conseguenze della carenza di sangue.
Lo stato di emergenza delle donazioni del sangue non è ancora concluso, poiché si necessita di ulteriori 3000 sacche di sangue entro settembre per dichiarare finita la crisi.
È importante sottolineare che il sangue proviene anche da altre province siciliane, le quali a loro volta affrontano una situazione altrettanto critica. Non solo: si è dovuto ricorrere anche all’importazione extraregionale di quasi un migliaio di unità di emazie concentrate.
Giovani e donazione
Un altro problema emerso durante l’incontro riguarda la scarsa partecipazione dei giovani tra i 18 e i 30 anni alle donazioni di sangue. Seppur vero, come riportano i dati diffusi dal Ministero della Salute, che il dato dei donatori è in crescita rispetto al 2022 resta comunque un valore basso rispetto agli anni che hanno preceduto il covid, soprattutto per quanto riguarda la fascia giovanile.
L’età media dei donatori, si legge ancora sul sito ufficiale del Ministero, è in continuo aumento. Cala il numero dei donatori di sangue e plasma che hanno meno di 45 anni e questo comporta un danno concreto. I donatori giovani garantiscono al sistema molti più anni di donazione rispetto ad un donatore già in età più adulta e permettono il raggiungimento degli obiettivi di raccolta in maniera più ottimale.
Dalla carenza di donatori giovani ne segue una preoccupazione significativa, poiché la donazione di sangue è un atto di solidarietà fondamentale per garantire le scorte necessarie a fronte delle emergenze. La carente partecipazione alla stessa è una chiara dimostrazione di una società che non procede verso il bene comune ma che diventa sempre più autoreferente e autocentrante.
La testimonianza di Roberto, da trasfuso a donatore
“Ci sono situazioni, accadimenti che ti segnano fin da piccolo e te le porti dietro poi per sempre. E questa è una di quelle cose”. Racconta così Roberto, donatore di sangue da ormai molti anni. La sua storia si intreccia a due sensi con la donazione, che prima ha ricevuto come trasfuso e poi ha iniziato a vivere da donatore.
“Alla nascita ho avuto delle complicazioni e se oggi sono qui è solo perché ho ricevuto una trasfusione. Certo, la storia che mi è stata raccontata dai miei parenti cambia leggermente in base a chi la racconta, dal fautore della scelta alle dinamiche che mi hanno portato alla trasfusione, ma una costante c’è sempre: una vita in pericolo e una speranza di salvezza. Speranza che, per fortuna, si è concretizzata e mi ha permesso di superare i problemi che si erano presentati.
Passano molti anni da quell’episodio e poi una mattina a scuola, ero ormai maggiorenne, arrivano dei volontari di un’associazione che si occupa della raccolta sangue con un’autoemoteca. Dopo aver fatto la loro presentazione chiedono se c’è qualcuno di noi che vuole donare. Qualcuno risponde di si forse per saltare le lezioni. Io lo faccio perché sento di dover ricambiare per la donazione ricevuta. Fu strano, ma anche esaltante perché appena finita la donazione ho capito che il mio approccio era sbagliato. La donazione non va fatta come “corrispettivo” per qualcosa che si è ricevuto, ma va fatta come libera scelta”.
Conclude poi così la sua testimonianza: “da quel momento con cadenza quanto più regolare possibile dono il sangue. Ed è così che ogni volta che mi accomodo sulla poltrona e inizia il prelievo io mi sento felice perché non per riconoscenza, ma per scelta so di essere utile alla vita“.
Chiara Costanzo