Cinquantuno giorni di ostilità, segnati da 5.085 raid aerei israeliani, 8.210 tra bombe e missili lanciati, 15.736 proiettili sparati dalle navi, 36.718 quelli sparati nelle operazioni di terra. 2.131 i palestinesi uccisi, di cui 1.473 civili, inclusi 501 bambini e 257 donne. I feriti ammontano a 11.231, di cui 3.436 bambini, 3.540 donne e 418 anziani. 71 i morti israeliani di cui 66 militari. Sono alcuni dei numeri dell’operazione “Barriera Protettiva” (7 luglio – 26 agosto 2014) condotta da Israele a Gaza dove oggi, a meno di cinque mesi dal suo epilogo, si vive una vera e propria emergenza umanitaria. Secondo le cifre fornite dall’Unpd (United Nations Development Programme), il Programma di sviluppo delle Nazioni Unite, sarebbero 130mila le case colpite dal conflitto. Molte di queste sono andate totalmente distrutte, altre sono ancora inagibili. Sarebbero oltre 110mila gli sfollati interni. Danni gravi anche alle infrastrutture, colpite centrali elettriche, strade, scuole (220), ospedali (62), siti produttivi, campi agricoli, allevamenti e pescherecci. Per provvedere alla ricostruzione i Paesi donatori si sono dati appuntamento al Cairo lo scorso ottobre, promettendo 5,4 miliardi di dollari. Tra i maggiori finanziatori il Qatar, che ha promesso un miliardo, e gli altri Paesi arabi, Ue e Usa. A distanza di qualche mese il programma di ricostruzione avanza lentamente, soprattutto per mancanza di fondi e di materiali, come evidenzia Nicholas Hercules, capo dell’ufficio di Gaza dell’Unpd (United Nations Development Programme), il Programma di sviluppo delle Nazioni Unite. Lo abbiamo incontrato a Gaza, a margine di un incontro con i vescovi di Usa, Canada, Ue e Sudafrica (Hlc2015) e abbiamo fatto il punto sulla ricostruzione post bellica.
Quali sono le priorità nell’ambito del programma di ricostruzione?
“Il primo passo per la ricostruzione è la rimozione e il riciclaggio dei detriti e delle macerie provocate dalla guerra. Particolarmente urgente è poi la riparazione delle centrali elettriche, delle condutture di acqua e degli impianti di depurazione. Opere che porteranno numerosi posti di lavoro e una conseguente ripresa dell’economia. Si stima che siano 130mila le case colpite dal conflitto e molte di queste sono andate totalmente distrutte. Abbiamo un enorme bisogno di materiali da costruzione ma al momento disponiamo solo del 10% dei fondi necessari per ricostruire. Il mio appello ai donatori è quello di dare concretezza agli impegni assunti al Cairo. Ci sono decine di migliaia di persone senza una casa e in questo periodo di grande freddo si contano dei morti, anche bambini”.
Come sta reagendo la popolazione? Girando tra le zone di Gaza più colpite si vedono molte persone che cercano tra le macerie materiali da riciclare…
“La gente sta recuperando dalle proprie abitazioni mobili, vestiti ma anche materiali utili come mattoni, legno e ferro. Anche questo è un modo per ricostruire Gaza”.
Israele continua a porre restrizioni all’ingresso nella Striscia di materiali edili, rallentando ulteriormente i lavori…
“Israele non permette l’ingresso di materiali edili senza il suo permesso. È preoccupato per i razzi che potrebbero essere lanciati verso il suo territorio. Lanci che devono essere fermati. Ma Israele deve rimuovere il blocco e aprire altri valichi per consentire quanto prima l’ingresso dei tir carichi”.
Con Hamas, che governa la Striscia, come sono i rapporti?
“A Gaza le Nazioni Unite cooperano con le autorità governative, come in ogni altra parte del mondo, perché si faccia il necessario per la popolazione”.
Senza fondi e materiali sufficienti quanto potrebbe durare la ricostruzione?
“A Gaza non ci sono solo le abitazioni ad essere state danneggiate ma anche scuole, ospedali, fabbriche, università. Possiamo affermare che non c’è ambito sociale che non abbia subito danni. Se non arrivano soldi e materiali ci vorranno decenni. Tuttavia nutro speranza perché qui la gente è forte e ha sopportato ben tre guerre in sei anni. La domanda è quanto si dovrà attendere per avere la pace tra palestinesi e israeliani, e in tutto il Medio Oriente. Quanto tempo ci vorrà per giungere ad un accordo politico tra le parti”.
Tanta povertà ma anche tanti giovani, sono loro la ricchezza di Gaza?
“I giovani sono la vera ricchezza della Striscia. Ce ne sono tanti di talento in molte arti e in molti campi ma non hanno la possibilità di esprimersi compiutamente. Speriamo possano farlo in un futuro prossimo”.
dall’inviato Sir a Gaza, Daniele Ronchi