Rischi ambientali. Le contrapposizioni, però, sono continuate. Da un lato le compagnie del settore definiscono quello di In Salah “gas pulito” (parole dello stesso direttore di Sonatrach) o mettono in evidenza, come la britannica BP – già collabora con l’azienda parastatale algerina – i programmi di “miglioramento delle prospettive educative e lavorative” che sono partiti nell’area a fianco dei progetti di sfruttamento. D’altro canto, gli attivisti ancora impegnati nella mobilitazione chiedono che “non ci siano conseguenze” per le popolazioni, soprattutto dal punto di vista ambientale. Sotto accusa restano gli agenti chimici utilizzati per il “fracking” – potenzialmente inquinanti – e soprattutto la gestione dei sottoprodotti della fratturazione, che potrebbero inquinare le falde acquifere. Non è certo, aggiungono poi gli oppositori, che il progetto di vendere lo “shale gas” sia conveniente, specialmente in un mercato mondiale colpito dai forti ribassi dei prezzi degli idrocarburi. Di fronte a queste incertezze la richiesta dei manifestanti, ha spiegato alla stampa locale Abdelkader Bouhafs, uno dei loro portavoce, è innanzitutto quella “di una commissione tecnica, che segua le trivellazioni dei pozzi” esplorativi.
Modelli di sviluppo. Le proteste di In Salah, però, hanno portato alla luce qualcosa in più delle perplessità economiche e ambientali. La mobilitazione contro “il gas di scisto – ha scritto ad esempio il giornalista Abed Charef sul “Quotidien d’Oran” – è l’effetto collaterale di una crisi politica: molti algerini sentono che una scelta fatta dal governo, nelle condizioni attuali, è per forza cattiva”. Conseguenze di un modello di sviluppo che ha fatto crescere i redditi statali – e quelli dell’élite al potere – ma di cui sul territorio si faticano a vedere le ricadute quotidiane. Scelte poco lungimiranti, da anni, sono denunciate anche dalla Caritas algerina, che mette in dubbio l’opportunità di investire negli idrocarburi in un contesto in cui i cambiamenti climatici stanno provocando conseguenze evidenti sul territorio: calo delle precipitazioni, diminuzione della varietà di specie vegetali e animali, erosione delle coste per effetto dell’innalzamento delle acque sono tra i fenomeni citati in un documento dell’organizzazione cattolica. “Secondo meteorologi ed esperti ambientali – vi si legge tra l’altro – in futuro bisognerà pensare a sviluppare fonti rinnovabili di energia”. Non sembra essere quindi lo “shale gas” il combustibile dell’avvenire.