Etna, l’eruzione terribile di 40 anni fa. Era la sera di martedì 17 marzo 1981 quando, preceduta da alcuni violenti terremoti, la nostra montagna, il vulcano attivo più alto d’Europa, si risvegliava improvvisamente. E vomitava un’immensa quantità di fuoco lavico che stava per travolgere Randazzo, la cittadina etnea più vicina allo stesso vulcano.
La colata lavica giunse sino alle porte della città dove, essendo stato già predisposto il Piano d’emergenza, la sua popolazione stava per evacuare. Fortunatamente (ma sarebbe meglio dire, per grazia di Dio) proprio quando si temeva il peggio, il pericolo cessò. Ingenti furono i danni: il magma, nella sua furia distruttrice, devastò oltre 20 chilometri di vegetazione, boschi e frutteti, ingoiando molti villini e case rurali. L’economia della cittadina, prevalentemente a carattere agricolo, fu piegata e messa letteralmente in ginocchio.
Etna, cronaca dei giorni dell’eruzione
Quella che segue è la cronaca di quei lunghi e tristissimi momenti vissuti in quei giorni da tutta la città. Sono all’incirca le ore 2 del mattino di lunedì 16 marzo 1981, quando i sismografi dell’Istituto di Vulcanologia e Scienze della Terra dell’Università di Catania cominciano a registrare i primi eventi sismici. Nel giro di otto ore, quasi un centinaio di scosse sismiche fanno traballare la parte sommitale dell’Etna sino a dopo mezzogiorno. Quando una forte scossa del sesto grado d’intensità inaugura una serie di violenti terremoti che saranno percepiti anche negli altri centri pedemontani etnei.
L’attività del vulcano prosegue con una serie di forti scosse che vengono registrate dai sismografi ed accuratamente osservate dai geologi, che non sanno ancora dare una spiegazione scientifica al fenomeno. Tutto questo sino alla fine della giornata quando, verso mezzanotte, il tappo che occlude il cratere centrale dell’Etna va in frantumi.
Etna, il 17 marzo l’eruzione è già cominciata
La mattina successiva, martedì 17 marzo, un elicottero della marina militare, con alcuni studiosi, si alza in volo per osservare da vicino il fenomeno. Purtroppo, però, gas e nubi non lasciano intravedere nulla. Intanto i sismologi fanno i loro calcoli: l’epicentro delle scosse viene localizzato a nordest del vulcano, e più precisamente tra Randazzo e Linguaglossa.
Alle 11.35 si registra ancora un altro forte terremoto che supera il sesto grado d’intensità.
A Randazzo vengono chiuse le scuole ed i ragazzi vengono mandati a casa poiché si teme il peggio. Senza che nessuno se ne accorga, intanto, intorno alle 13.30 la lava sgorga già abbondantemente a circa 2.500 metri di quota. Però non vi si dà eccessiva importanza: è solo un torrente di lava che si disperde sulle vecchie sciare. Sembra niente di grave…
Etna, l’eruzione forma cinque crateri
Alle 16 circa, si ode un tremendo boato: improvvisamente i crateri sono diventati cinque, uno dei quali si trova a 1.700 metri, a sud di Monte Pomiciaro. È ormai certo: l’Etna si è risvegliata e da un’enorme fenditura che corre per quasi un chilometro, da quota 2.500 sino a quasi quota 1.500 metri, vomita una grande quantità di magma.
Proseguono i boati: il vulcano sembra proprio un’immensa caldaia in continua ebollizione.
Ore 22: il torrente di lava raggiunge quota 1.100, dopo aver devastato oltre sette chilometri di vegetazione, boschi e frutteti, distruggendo molte case rurali.
Gli abitanti di Randazzo, sinora più incuriositi che spaventati, cominciano a preoccuparsi seriamente. Intorno alla mezzanotte, la lava è già quasi alle porte della città.
Etna, l’eruzione taglia la cosiddetta Quota 1.000 e incombe su Randazzo
La strada panoramica costruita dall’Ente per lo sviluppo agricolo, la cosiddetta Quota 1.000, infatti, è stata già tagliata in più punti. La situazione diventa sempre più drammatica, anche se non vi sono vere e proprie scene di panico. Un’ora dopo, la montagna di fuoco incombe su Randazzo.
Seppure lentamente, convergono sul paese intere colonne dell’esercito al comando del generale Stara. Sono decine di autobotti ed autocisterne dei Vigili del Fuoco, provenienti da quasi tutte le province orientali della Sicilia, intere squadre di polizia e carabinieri oltre a numerosi funzionari della Prefettura di Catania.
Nel Palazzo Municipale, nonostante qualche giorno prima sia stato dichiarato inagibile, si impianta il quartier generale. Ci sono il sindaco di Randazzo, Mariano Parlavecchio, con due suoi assessori; il viceprefetto dott. Messina; i comandanti dei vigili del fuoco, Andò e Pirrone, e l’intero staff di ufficiali di carabinieri e polizia.
Il fiume di fuoco, intanto, con un fronte ampio oltre 500 metri, continua a distruggere tutto ciò che incontra nel suo percorso. E seppellisce più di trenta ettari di terreno coltivato, vigneti, oliveti, castagneti, boschi. E almeno una cinquantina di abitazioni e villette costruite come seconda casa da chi vive sia a Randazzo che nei paesi limitrofi. Il fronte lavico è alto più di otto metri.
Etna, l’eruzione sempre più vicina a Randazzo…
Siamo così arrivati alle prime ore del mattino di mercoledì 18 marzo. Intorno alle ore 2.30, i quattrocento abitanti di Montelaguardia, piccola frazione ad est di Randazzo, vengono fatti evacuare. Subito dopo salta l’anello ferroviario della Circumetnea investito dal fiume infuocato.
Un’ora dopo, il fronte lavico raggiunge la Strada Statale 120, ed intorno alle 5 del mattino invade la linea ferrata dello Stato per raggiungere, verso le sei, la Strada Provinciale 89 che unisce Randazzo a Mojo Alcantara ed a Castiglione di Sicilia. Tutta la mattina trascorre nella più grande angoscia…
Verso mezzogiorno, negli uffici della Tenenza dei Carabinieri di Randazzo, al n. 30 di Piazza San Giorgio, ci sono il maggiore Savino ed il geologo prof. Romolo Romano, incaricato dalla Prefettura di Catania a seguire il fenomeno eruttivo. Essi tengono una conferenza stampa ai numerosi giornalisti presenti nella cittadina, nella quale illustrano la situazione definendola “delicatissima anche se non proprio disperata”.
È da poco finita la conferenza stampa, quando un’altra forte esplosione annuncia l’apertura di una nuova bocca eruttiva a quota 1.200 metri. Ciò poco prima delle 13, mentre il fronte principale della colata scivola a valle, un chilometro ad est della città, verso il fiume Alcantara.
Etna, l’eruzione minaccia ancora una volta il paese….
Ci risiamo: una nuova colata minaccia ancora una volta il paese. Tutto è pronto per un’eventuale e sempre più probabile evacuazione.
La gravità del fenomeno vulcanico richiama ancora una volta l’attenzione del Prefetto di Catania, Saverio Carrubba. Egli decide di controllare personalmente la situazione sorvolando le zone colpite dalla calamità naturale, a bordo di un elicottero della Marina Militare.
La massima autorità governativa della provincia etnea può così constatare da vicino e rendersi personalmente conto della reale consistenza del pericolo. Della nuova fenditura di quota 1.200, e dei danni prodotti dalla colonna magmatica che, da quota 1.700, si è ormai divisa come in cinque bracci. La nuova colata è troppo vicina al paese ed è tenuta sotto costante controlla da parte dei tecnici della Prefettura: la situazione è gravissima!…
… e il sindaco cerca posti letto nei Comuni vicini
Intorno alle 16,15, andiamo a trovare il sindaco Parlavecchio al Municipio. E’ stanco e prostrato, eppure è attaccato al telefono per parlare con le strutture alberghiere di alcuni Comuni vicini. Cerca di reperire quanti più posti letto possibile presso alberghi, ospedali, conventi, in caso di una eventuale e sempre più probabile evacuazione di Randazzo. Non si possono abbandonare circa dodicimila persone a sé stesse…
Intorno alle 17, torniamo ancora una volta sul fronte della colata lavica che ha sfiorato la cittadina sul lato orientale. Le case che poche ore prima erano in piedi ora non ci sono più. Sono state letteralmente inghiottite dal magma.
Il fronte lavico avanza di tre metri al minuto: scende la seconda notte più lunga di Randazzo. Nessuno può andare a dormire tranquillamente, da un momento all’altro potrebbe scattare l’allarme e si dovrebbe evacuare la cittadina già peraltro divisa in settori.
Il 19 marzo, San Giuseppe senza festa, ma con la neve!
Giovedì 19 marzo: festa San Giuseppe. Ma non c’è alcuna festa! Anche il tempo sembra accanirsi sulla città! Nevica!
Verso le nove del mattino, il Prefetto di Catania riunisce ufficiale delle forze dell’ordine e tecnici nell’ufficio del sindaco di Randazzo. Si deve fare ancora una volta il punto della situazione. La colata lavica avanza ancora, può darsi che si prolunghi nel tempo, come può anche darsi che tutto precipiti da un momento all’altro. Bisogna tenersi pronti!
I danni sono rilevanti: oltre 100 miliardi di lire di perdite irreversibili! Trascorre così, nella più squallida desolazione, un altro giorno terribile…
Intorno alle 19,30, il sindaco Mariano Parlavecchio ed i capigruppo consiliari della cittadina si incontrano con il prof. Frazzetta del CNR, nell’aula di Fisica dell’ex Istituto Tecnico Commerciale dei Salesiani, sopra l’Oratorio.
Il professore fa rilevare che è molto difficile prevedere la durata dell’eruzione, ma se questa dovesse proseguire, il pericolo sarebbe imminente. La lava, infatti, si trova già a non più di due chilometri dal paese. Nuove bocche e nuove fenditure, inoltre, potrebbero aprirsi da un momento all’altro, e la colata, così nuovamente alimentata, non si fermerebbe facilmente.
A sera una notizia rassicurante…
Finalmente, verso le ore 23, arriva una notizia alquanto rassicurante: “il flusso lavico sembra essere diminuito ed il magma è diventato un po’ meno fluido”.
Lo affermano i tecnici della Prefettura ed i collaboratori del prof. Villari, direttore dell’Istituto Internazionale di Vulcanologia.
Si emette un sospiro di sollievo e si va, finalmente, a dormire con un po’ di serenità.
Venerdì 20 marzo: sì, il flusso lavico è notevolmente diminuito.
21 marzo: la fine dell’incubo!
Sabato 21 marzo, primo giorno di primavera anche se il sole è ancora molto pallido.
La giornata, nel suo complesso, trascorre un po’ più serenamente.
Verso le ore 18 arriva la tanto attesa e tanto sospirata notizia: la colata lavica è quasi del tutto ferma. È la fine di un brutto, bruttissimo incubo!!!
Giuseppe Portale