EuroStars / Lewandowski, l’uomo bionico

0
73
lewa
Lewandowski

Fa sorridere pensare che nel 2010, quando un 22enne Lewandowski arrivò al Borussia Dortmund dai campioni polacchi del Lech Poznan per fare il vice-Barrios, i tifosi gialloneri lo etichettarono con un impietoso chancenmorder”, l’assassino di occasioniLa prima stagione in Bundesliga, di ambientamento, fu infatti caratterizzata da 8 reti e poca lucidità sotto porta, a differenza dell’asso paraguaiano della squadra di Klopp, quel Lucas Barrios che col doppio dei gol segnati in campionato era il leader indiscusso del reparto avanzato. Lo sport però, così come la vita, riesce a capovolgere le situazioni in maniera quasi beffarda: sei anni dopo, Robert Lewandowski è indiscutibilmente uno dei più forti centravanti del Mondo (probabilmente ex aequo con Gonzalo Higuain) e leader indiscusso di Bayern Monaco e Polonia: Barrios, dopo il grave infortunio patito alla Copa America 2011, non è più tornato ai suoi livelli realizzativi e adesso gioca nel Palmeiras, alla periferia del grande calcio.

Jurgen Klopp ha senza dubbio il grande merito di aver scommesso su di lui in seguito alle vicissitudini fisiche di Barrios: Lewandowski ha sfruttato al meglio la fiducia dell’allenatore giallonero, disputando stagioni strepitose: negli ultimi cinque anni, tra Borussia e Bayern Monaco, l’asso polacco non è mai sceso al di sotto dei 17 gol in Bundesliga, confermandosi un cecchino implacabile. Cresciuto nel Delta Varsavia, squadra giovanile che lo ha visto improvvisamente esplodere a livello fisico attorno ai 17 anni, lasciandosi alle spalle quella eccessiva magrezza che secondo gli allenatori rappresentava il suo tallone d’Achille, Robert si affaccia al grande calcio tra le fila del Lech Poznan, debuttando con un gol sia in Coppa UEFA che nel massimo campionato polacco. Alla sua seconda stagione al Lech raggiunge il titolo nazionale, contribuendo con 18 reti: il salto al Borussia Dortmund è la logica conseguenza della sua crescita esponenziale.

In maglia giallonera Lewandowski ha raggiunto la consacrazione internazionale, vincendo tutto in Germania e sfiorando l’alloro continentale nella finale di Champions League tutta tedesca giocata contro il Bayern Monaco nel 2013: la squadra che di lì a poco avrebbe accolto Mario Goetze, suo “gemello del gol” al Borussia, spalancando poi le porte al bomber polacco solo un anno dopo. Sotto la sapiente guida di Pep Guardiola, il bomber venuto dall’est è diventato il perfetto terminale offensivo di una squadra che ha giocato un calcio avveniristico, immaginato e concepibile soltanto per interpreti speciali, dotati di un’intelligenza tattica fuori dal comune.

Il manifesto di cosa rappresenti Lewandowski per il Bayern è sintetizzato nel suo pokerissimo al Wolfsburg dello scorso 22 settembre, realizzato in soli nove minuti di gioco: una prestazione quasi sovrumana, una vittoria da uomo bionico. Cinquecentoquaranta secondi in cui si condensano le sue virtù di rapace d’area, esaltandone senso della posizione, opportunismo e una tecnica che ha portato ad alcuni a scomodare un certo Marco Van Basten. Il paragone può forse sembrare ardito, ma in particolare la rete del definitivo 5-1 può farci capire come, al giorno d’oggi, il bomber polacco sia forse il calciatore che più di tutti possa avvicinarsi al Cigno di Utrecht.

La grande scommessa di Lewandowski, adesso, è quella di cercare di fare la storia con la sua Polonia, qualificatasi per la terza volta consecutiva agli Europei di calcio. Una nazionale uscita al primo turno sia nel 2008 che nel 2012, senza neanche una vittoria all’attivo. Il capocannoniere delle qualificazioni a Euro 2016, con ben 13 gol realizzati, cercherà di fare la differenza in un girone in cui la Germania ha il ruolo di favorita d’obbligo, con Ucraina e Irlanda del Nord a lottare con i polacchi per il passaggio del turno. La sensazione è che, stavolta, gli eredi di Zibi Boniek possano andare ben più lontano del solito: molto, ovviamente, dipenderà dalle prestazioni di Robert Lewandowski, un uomo bionico che sembra capace di tutto, anche di vincere le partite da solo.

Giorgio Tosto

Print Friendly, PDF & Email