FAAC / Azienda di eccellenza dalla storia unica in Italia

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La storia della FAAC, azienda simbolo ormai di eccellenza in Italia, merita più di un approfondimento per il carattere unico della proposta assunta soprattutto negli ultimi anni. Un quadro fatto di competenze, profitto, capacità manageriale. Ma soprattutto valori di economia civile quali dono, reciprocità e valorizzazione del territorio tramite progetti solidali, nato in seno all’Arcidiocesi di Bologna. La stima nei confronti dell’azienda è testimoniata dalle richieste crescenti anche nella nostra Sicilia. Sono già numerose le strutture pubbliche, tra cui alcune ospedaliere, dotate dei noti automatismi firmati dalla storica impresa bolognese. Del resto è un mercato, quello siciliano, particolarmente alla ricerca di eccellenze simili e di aziende di specchiata condotta etica. Ma andiamo con ordine.

FAAC / Azienda di eccellenza dalla storia unica in Italia

Poco più di 10 anni fa, il 17 marzo del 2012, moriva Michelangelo Manini, presidente erede dell’azienda multinazionale FAAC (Fabbrica Automatismi Apertura Cancelli). Un gruppo già apprezzato e noto nel Paese, specializzato nella progettazione e produzione di sistemi di automazione meccanica ed elettronica per cancelli e porte. L’azienda nacque per volontà del padre di Manini, Giuseppe, nel 1965, nel comune di Zola Pedrosa, in provincia di Bologna. Dalle umili ma brillanti origini con poche centinaia di dipendenti, la FAAC conta oggi più 3800 persone tra i suoi lavoratori. Ma soprattutto una storia, seppur a tratti complessa, indubbiamente affascinante.

FAAC / Storia di un’azienda simbolo dell’eccellenza in Italia

I sistemi automatici per cancelli dell’azienda sfruttavano concetti e apparati della oleodinamica e le catene di distribuzione. Tra i primi dispositivi realizzati, si conta il “750 interrato” che sfrutta interamente gli impianti sopracitati e il “400”, il modello a battente esterno. Per volontà del defunto patron Michelangelo Manini, conosciuti i contenuti del suo testamento pubblicato il 26 marzo 2012 dal notaio Andrea Forlani, la Chiesa di Bologna si ritrovò a ereditare l’intero patrimonio insieme alle quote di controllo della storica azienda.

Consapevole tanto del privilegio ricevuto quanto dei propri limiti in termini di competenze, l’Arcidiocesi di Bologna non si tirò indietro, rifiutando addirittura un miliardo di euro dal socio francese di minoranza Somfy, detentore del 34% delle azioni. Decise invece di sfruttare l’occasione per potenziare l’apparato e utilizzare gli introiti nella maniera più consona alla propria missione. “Conformemente alle indicazioni della dottrina sociale della Chiesa, alle norme del Diritto canonico, alla prassi plurisecolare della sollecitudine verso le necessità della comunità umana, secondo il comandamento evangelico della carità”, citando testualmente.

FAAC / La scelta dell’Arcidiocesi di Bologna

Fu decisione del cardinale Carlo Caffarra (nella foto) quella di mantenere al meglio l’esistenza dell’azienda, tentando al contempo di destinare direttamente parte degli utili della stessa a indirizzi di carattere sociale. Una mossa che rende unica in Italia la storia della FAAC. La curia decise infatti subito di assoldare l’avvocato Andrea Moschetti, collaboratore dell’economo dell’arcidiocesi per la gestione dell’azienda, che ne è ancora oggi il presidente.

Carlo Caffarra Bologna

Seguì la scelta di creare un trust esterno composto da tre professionisti: l’avvocato Bruno Gattai e Giuseppe Berti, oltre allo stesso avvocato Moschetti. Quest’ultimo – di origini ticinesi di Brissago – assume il ruolo di presidente e anche di amministratore delegato insieme a un manager della Faac, Andrea Marcellan. Una delle prime scelte fu rilevare la quota restante di Somfy. L’azienda ha quindi continuato il suo percorso nel migliore dei modi, nonostante la diatriba intentata da alcuni parenti del Manini nei confronti della Curia bolognese, non rassegnati ad accettare la volontà del Manini. Il contenzioso legale, per la cronaca, ha visto liquidare le rivendicazioni dei parenti con 60 milioni di euro versati dalla Curia.

2015: l’avvicendamento tra Caffarra e Zuppi

Intanto, alla fine del 2015, il vescovo Matteo Zuppi succede al cardinale Carlo Caffarra, giunto a fine mandato per età. Zuppi dà subito chiare indicazioni su come tentare di coniugare lo spirito imprenditoriale che ha portato al successo economico del gruppo con lo spirito di un’azienda etica, all’avanguardia nel welfare aziendale e i cui profitti vengono destinati a scopi sociali, oltre che a garantire solidità e sviluppo alla crescita del Gruppo. Una sfida certo insolita: pianificare un business sostenibile improntato alla carità cristiana. L’arcidiocesi suggerisce così ai dirigenti dell’azienda le linee guida improntate sull’etica circa il trattamento dei dipendenti, fino ad arrivare a un contratto integrativo portatore di una serie di vantaggi per le famiglie.

Dal bonus bebè al contributo per gli asili nido, fino alle borse di studio per i dipendenti e i loro figli, con una polizza sanitaria aggiuntiva e il campo estivo gratuito per i figli dei lavoratori. Vantaggi purtroppo non comuni in una normale azienda italiana. Intanto la Faac continua la sua storia di successo iniziata nel 1965 e gestita in modo sempre oculato. Con la nuova proprietà, il fatturato passa da 214 milioni a 427 già nel 2019. L’utile da 27 a 43 milioni.

I dipendenti, già nello stesso 2019, erano già più di 2500 (raddoppiati cioè in pochi anni), 350 dei quali nella sede centrale di Bologna. Senza debiti e con acquisizioni autofinanziate, con un buon 5% del fatturato investito nella ricerca. Oggi la Faac fattura circa 600 milioni e  controlla circa 53 aziende in tutto il mondo. Tutti gli utili restano in azienda per investimenti, innovazioni e ricerca, mentre un dividendo viene versato interamente alla curia bolognese per opere di carità: circa 10 milioni all’anno.

FAAC / Un’azienda d’eccellenza in Italia fondata sulla Dottrina sociale della Chiesa

Tra le ultime vicende, merita menzione proprio la scelta datata 2019 di destinare circa 10 milioni di euro per opere di bene. Per usare le parole di Mons. Giovanni Silvagni, vicario generale per l’amministrazione presso la diocesi di Bologna: “Dei 10 milioni, uno è andato in tasse e 6,5 sono stati allocati in azioni caritative e sociali. Ne rimangono 2,5, conservati soprattutto per le emergenze”. Il vicario episcopale per la carità, don Massimo Ruggiano, come riportato dai colleghi di Avvenire, ha spiegato nel dettaglio la decisione:

La cifra esatta di quanto allocato è 6 milioni 492mila e 441 euro. Di questi, 1 milione mezzo è stato utilizzato dalla Caritas diocesana e da quelle parrocchiali, 1 milione 320mila per combattere la dispersione scolastica e per i doposcuola; 1 milione per il progetto “Insieme per il lavoro”. I restanti 2 milioni e 671mila sono stati distribuiti su un gran numero di progetti di aiuto: 32 nella diocesi, 3 in altre zone d’Italia, 19 per i Paesi di missione”.

FAAC / Un modello per l’economia civile italiana

Di fatto pienamente nelle mani della Curia di Bologna, la FAAC risulta uno straordinario esempio di come sia possibile coniugare dunque una politica aziendale con la Dottrina sociale della Chiesa. In altri termini, votata ad un’attenzione integrale dei suoi dipendenti e della compagnia stessa insieme al benessere sociale in senso più generico. Nell’immediata area di influenza della diocesi, quella della città di Bologna, sappiamo per esempio che nel 2016 circa 5 milioni di euro di utili generati durante l’anno precedente finirono in aiuti finanziari. Forniti per l’esattezza alle aziende e ai disoccupati della provincia per, rispettivamente, l’acquisizione di nuovo personale e l’ausilio alla ricerca del lavoro. Se i numeri non mentono, vi sono fondate ragioni per considerare la FAAC uno dei più fulgidi esempi dell’economia civile di scuola italiana.

Mario Agostino

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