Facebook, disastro in borsa

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“Maledetto il giorno che t’ho quotato”, è probabilmente questo il pensiero -parafrasando il titolo di un famoso film di Carlo Verdone – che ronza nella testa di Mark Zuckerberg in queste settimane: da giovane supermanager dell’economy 2.0 ad autore e vittima (almeno in parte) di un tracollo in borsa peggiore del crack di Lehman Brothers.

Sarebbe dovuta essere la più grande quotazione in borsa di una Internet-Company, un evento ribattezzato dai media con il nome di Facebook Day, ma la realtà si è dimostrata molto più amara delle aspettative. Il prezzo iniziale era stato fissato a 38 dollari per azione, per una valutazione della società pari a 104 miliardi di dollari, con un obiettivo di Ipo tra i 75 e i 100 miliardi di dollari. Gli entusiasmi si spengono già poche ore dopo che Zuckerberg, da Menlo Park sede del quartier generale di Facebook, ha suonato la campana d’inizio della seduta dando il via agli scambi. Il titolo sale subito molto vorticosamente, fino a toccare quota 42,05 dollari (un +13% sull’onda di 100 milioni di titoli scambiati in soli tre minuti), ma l’illusione dura poco: nel giro di poche ore il titolo crolla e non scende sotto il valore di collocamento solo grazie all’intervento delle 33 banche sottoscrittrici dell’Ipo. Il secondo giorno di quotazione a Wall Street, i titoli del social network crollano, segnando un -12,31% e scendendo al di sotto del prezzo di collocamento. I primi dubbi sul successo dell’operazione cominciano ad emergere: “È stato un fallimento”, così Rich Karlgaad di “Forbes”. Ed il titolo subisce un’ulteriore perdita del 6,4% (si arriva sotto i 32 dollari). Il volo in picchiata non si ferma e alla presentazione della trimestrale, nel luglio scorso, le quotazioni registrano un nuovo crollo dell’8,44%, finendo a 24,58 dollari e rischiando di restare inchiodate al nuovo minimo storico dal debutto in borsa (22,3 dollari).

Ad agosto il vincolo di lockup per gli investitori di Facebook, ovvero il divieto di vendere le azioni acquistate per un certo periodo di tempo al fine di rendere più stabile il mercato, scade e i ribassi delle quotazioni sono immediati. Gran parte degli investitori iniziano a vendere e la scorsa settimana il titolo tocca il nuovo record negativo: il 4 settembre scende sotto la quota di 18 dollari e arriva a 17,58 dollari per azione. In 3 mesi le quotazioni di Facebook hanno segnato una perdita di 50 miliardi di dollari, in termini di capitalizzazione più di quanto bruciato da Lehman Brothers nell’anno precedente la bancarotta. Per molti media, “New York Times” in testa, il colpevole del flop è David Ebersman, responsabile finanziario del social network, regista dello sbarco in borsa e responsabile di una quotazione iniziale a un prezzo di 38 dollari.

Zuckerberg corre ai ripari e cerca di frenare la corsa al ribasso del titolo: il fondatore di Facebook ha annunciato che non venderà alcuna azione “per almeno 12 mesi” e che la società stessa procederà, a ottobre, al riacquisto di 101 milioni di titoli (costo dell’operazione di circa 1,9 miliardi di dollari). Basteranno questi impegni a rassicurare gli investitori?

Antonio Rita