In occasione delle giornate d’autunno del 14 e del 15 ottobre, organizzate dal FAI di Acireale e in collaborazione con la Diocesi acese, la Città di Acireale e l’Accademia degli Zelanti e dei Dafnici, è stato possibile visitare l’Eremo di Sant’Anna, convento del XVIII sec., unitamente a una mostra di Icone sacre.
Sulla costa ionica, col monte Etna maestoso che si rispecchia sullo stesso mare. Punti di osservazione che hanno mantenuto la loro bellezza particolare per il fatto che sono rimasti selvaggi come la natura li ha fatti. Oppure perché l’uomo ha apportato delle modifiche rendendoli affascinanti. Modifiche apportate nei secoli che hanno accostato architettura, arte e bellezza naturale in posti di grande attrattiva, veri e propri scrigni di cultura.
Un panorama incantevole
Questo è quanto si può osservare dal piazzale antistante la chiesa dell’Eremo di Sant’Anna. Dallo stesso si può osservare la “Timpa” tutta nel suo sviluppo immenso, mentre si riversa come cornice in un mare dal colore tenue e unico nel suo genere. Il fondale lavico che, accarezzato dal sole, ripesca luccichii sfuggenti che fanno brillare gli occhi.
Da notare la grande maestria con la quale sono stati costruiti i terrazzamenti, pensarli riempiti di alberi carichi di frutti, recintati di siepi e culture di ortaggi.
Ricchezza per quanti coltivando questi spazi con molto sudore ricavavano da essi sostentamento e benessere.
Un pizzico di nostalgia attraversa la nostra mente a vedere oggi lo stato di semiabbandono in cui versano i terrazzamenti, al pensiero di quanto è stato fatto per la realizzazione e potrebbe ancora essere fatto per dare continuità a tanta bellezza prodotta.
Girandosi all’indietro si rimane sorpresi nell’ammirare un complesso monastico, che nei secoli ha visto grande splendore. Realizzato e ingrandito nel tempo, costruito per fare da cornice e servizio ad una chiesa di ottima fattura e bellezza architettonica. La stessa chiesa eretta con dedizione e amore dagli stessi “frati-monaci” che abitavano l’Eremo.
L’Eremo Sant’Anna inserito nel circuito delle Giornate Fai d’autunno
Nelle giornate d’autunno del FAI l’Eremo è stato inserito nel circuito dei luoghi visitabili. Ed è stato un piacere ascoltare come cicerone d’eccezione non gli alunni delle scuole ma l’architetto Rosamaria Garozzo. La guida ha introdotto i numerosi visitatori nel percorso culturale ma anche di spiritualità all’interno del monastero, salvatosi dalle rapine delle leggi eversive successive all’Unità d’Italia. Perché il luogo non costituiva proprietà della Chiesa ma era possesso della comunità agricola di sant’Anna.
La chiesa del convento, centro della preghiera della comunità monastica, è scelta spesso per la celebrazione di matrimoni per la sua bellezza. E’ decorata con stucchi e intarsi, realizzati dagli stessi monaci che crearono nell’altare maggiore inusuali gradini di ottone intarsiati, e decorati con marmi policromi. Una piccola ringhiera a scomparsa delimita la parte sacra dell’altare dalla zona di servizio per i fedeli. Quando venne creato il monastero, mons. Salvatore Ventimiglia vescovo di Catania del tempo, contribuì donando alla chiesa la pavimentazione in ceramica di Caltagirone. E riportò al centro della stessa lo stemma di famiglia. Il chiostro è raccolto e semplice, con una cisterna al centro.
Giornate Fai d’autunno, anche una mostra di icone nell’Eremo Sant’Anna
In una sala espositiva del monastero la mostra di icone: vanno dal XVII sec. al XX e sono appartenenti al Museo Fortunato Calleri. Le icone “in comodato d’uso” si trovano in esposizione per la volontà del proprietario per offrire a quanti visitatori un percorso non solo artistico e culturale ma di fede e preghiera, che si collega con la natura stessa dell’icona.
Non solo oggetto, ma ponte dell’uomo col divino, materia impastata con lo spirito fin dalla preparazione della tavola, tra l’alfa e l’omega dell’umano. Perché il supporto è legno, come il legno della croce, e il colore nasce dall’uovo, nel cristianesimo delle origini simbolo di vita e di rinascita, mescolato con del vino, evocativo dell’Eucarestia.
Il porpora è regalità, il blu trascendenza; il giallo è luce e grazia, il nero buio della notte è male, il verde la creazione. E chi sta per dipingere si prepara pregando.
Dalle icone un messaggio mistico
L’icona è in linea con l’arte sacra medievale: manca la prospettiva, anzi la prospettiva è quella inversa per cui il fedele non guarda da spettatore ma è coinvolto nell’immagine, seguito e catturato da uno sguardo. La figura è collocata in uno sfondo atemporale, spesso d’oro, perché l’oro si dà a Dio. L’autore non si firma perché è il messaggio che conta, non chi lo trasmette. Per una fede nell’unico Dio, ricercando come Nicola Cusano l’unità al di là delle divisioni e delle ferite della storia, l’icona è “foto” di una storia d’amore.
Sono circa novanta, le icone, provenienti da Russia, Grecia, Romania, Bulgaria; alcune, coloratissime, sono copte, dall’Egitto. Magari sfuggite alla distruzione iconoclasta bizantina e poi a quella bolscevica del 1917. La gran parte devozionali, alcune provenienti da luoghi di culto, altre sono icone da viaggio, di ridotte dimensioni. Vergini col Bambino, Cristo col mandylion di Edessa, santi e martiri, l’ascesi di Elia, le dodici feste cristiane più importanti ne sono i temi.
Le icone rimarranno ancora in esposizione con la possibilità su prenotazione di visita nei sabati mattina. Magari sperando di avere la fortuna di usufruire della spiegazione profonda, competente e appassionata dello stesso proprietario del Museo, Fortunato Calleri.
Giuseppe Lagona
Maria Ortolani