Con ancora un po’ di neve sui tetti e sui comignoli accesi, volta al maestoso Etna, si presenta, al nostro sguardo, Floresta.
In questo Comune, il più alto di Sicilia con i suoi 1275 metri sul livello del mare, si è aperta, qualche giorno fa, una crepa sul terreno; e qualcuno ha detto e scritto trattarsi di un soffione di gas, conosciuto come geyser.
La zona interessata non è facilmente raggiungibile d’inverno, considerata, tra l’altro, la copiosa nevicata degli ultimi giorni.
Abbiamo chiesto lumi, durante una chiacchierata, al responsabile della polizia municipale della cittadina dei Nebrodi, l’ispettore capo Carmelo Minuto; che ci ha fornito con molta gentilezza, davanti ad una tazza fumante di cioccolata, delucidazioni in merito.
L’ispettore Minuto ci riporta agli albori della vicenda, secondo cui, ad accorgersi della stranezza del fumo che sgorgava dal terreno, fu un funzionario del corpo forestale regionale, per cui vennero subito informati l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, l’Ispettorato Forestale e l’ente Parco dei Nebrodi. Dal sopralluogo effettuato dall’INGV (Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia) di Catania, i cui esperti si sono subito recati nell’area interessata, insieme al primo cittadino Nello Marzullo (che ha provveduto tempestivamente a far recintare la zona) ed agli agenti del corpo forestale, è emerso che non si tratterebbe di una manifestazione di vulcanismo secondario (geyser), bensì di un fenomeno carsico.
Tale frattura, di un metro e mezzo, in contrada Lipurino, dovrebbe avere una profondità di circa 200 metri. Per quanto riguarda, invece, il vapore esterno, ciò è riconducibile all’escursione termica legata al calore del sottosuolo, che si scontra con la temperatura esterna, tra l’altro molto gelida.
Ci stranisce come si possa parlare, in una zona così alta, di fenomeno carsico, considerato che quest’ultimo si origina nelle zone marine.
“Ebbene – ci informa ancora l’ispettore Minuto –, nella città delle tholos furono rinvenuti, in passato, resti di carbonato di calcio, ricavato dallo sfaldamento di molluschi e alghe.”
Ed inoltre, ci racconta che la superficie interessata dista circa 2 km. dal paese e che tra Floresta e Tortorici ci sarebbe un santuario, designato come le “Tre Verginelle”, un pozzo divenuto cappella, nel quale – narra la leggenda – sarebbero cadute tre candide fanciulle; durante la mietitura del frumento un bruto cercò di abusare di loro e le giovinette, per sfuggirgli, precipitarono nel pozzo, e da quel giorno prese a zampillare dell’acqua, che vanta effetti miracolosi. Se il fedele chiede una grazia e l’acqua prende a gorgogliare, è indice di concessione.
Questo luogo è molto conosciuto dai fedeli siciliani – aggiunge – tanto da richiamarli ogni prima domenica di agosto. Essi arrivano da ogni luogo e con diverse modalità, in auto, per i sentieri di montagna, a piedi, in attesa che si ottenga il miracolo sperato.
Maria Pia Risa