Pubblichiamo il messaggio alla grande Famiglia di San Camillo del sud Italia di fratel Carlo Mangione, Superiore della Provincia Siculo-Napoletana dei Camilliani.
“Carissimi confratelli, sorelle consacrate e laici,
l’annuale festa liturgica di San Camillo, che ricorre il 14 Luglio, rappresenta l’occasione per ringraziare ancora una volta il Signore per averci donato questa grande figura di uomo, intrisa di bontà e spiritualità. Il suo carisma, a distanza di quasi cinque secoli (Camillo nasce il 25 maggio 1550 e muore il 14 luglio del 1614), si rivela ancora attuale e coinvolgente perché ci riporta al cuore del Vangelo, dove i malati e i poveri hanno un posto di predilezione.
Ancora oggi, sulla scia del suo insegnamento, continuiamo infatti a portare avanti il progetto, bello ed entusiasmante, di aiuto e di carità a favore dei malati, dei poveri e degli ultimi. Noi, figli e devoti di Camillo, dobbiamo proseguire nell’incarnazione dei suoi gesti di amore, mai formali o soltanto esteriori, ma sempre ricchi dello spirito evangelico che si esprime e manifesta con il “prendersi cura”.
In tal senso, ritengo opportuno sottoporre alla nostra riflessione alcune caratteristiche salienti della vita di San Camillo che ci possono aiutare a conoscerlo meglio, per poterlo maggiormente apprezzare e anche per cercare di imitarlo nella vita di tutti i giorni.
Messaggio di Fratel Carlo: la testardaggine di Camillo
Camillo è un abruzzese testardo. La testardaggine, che in vero non è solo degli abruzzesi, è l’atteggiamento normale di ogni uomo. Di chi è convinto che le sue idee e i suoi ragionamenti siano i migliori in assoluto. Ideali che lui persegue con tenacia, appunto, e che non tradisce mai. D’altronde, chi di noi può dire di non essere testardo?
Si sa che Camillo, fino ai 25 anni, non apre gli occhi e il cuore agli altri. È ribelle, ama le avventure e i rischi e, come tanti giovani, non ha ancora capito (e forse non gli interessa neppure) se c’è un altro modo di vivere per essere felice. Non conosce il dono dell’amore, non sa che esiste la grazia, cioè la santità, perché tutto per lui è conquista dell’io e delle proprie forze.
Una nuova scoperta
Dopo i 25 anni, quando ha modo di scoprire che non esiste solo la forza dell’io, ma il dono di sé, accoglie una nuova esperienza e la fa diventare lo scopo della sua vita: infatti, si converte, cioè passa dalla forza del potere e dell’arroganza, all’esercizio delle sue doti migliori, che diventano la tenerezza, la cura e la presa in carico delle ferite degli altri.
Con la stessa tenacia con cui Camillo prima faceva lo spavaldo, allo stesso modo diventa testimone di carità. Trasformando la sua vita in un dono d’amore ed evolvendo, con la sua bella e sana caparbietà, in difensore dei poveri e dei diritti dei malati.
Passa così a combattere, dentro e fuori la Chiesa, per assicurare agli ammalati accoglienza e cure, amore e vicinanza. E su queste cose non fa sconti a nessuno, tanto meno ai suoi confratelli!
A San Camillo, fulgida testimonianza di accoglienza e altruismo, chiediamo di sostenere il nostro desiderio di imitarlo in questa santa e preziosa convinzione di perseguire la via del bene e della carità.
Messaggio di Fratel Carlo: l’amorevolezza di Camillo
Camillo resta orfano di madre a 13 anni. Possiamo solo immaginare cosa significhi per un adolescente, intelligente e vivace, irrequieto come lui, essere privato di una presenza così importante. Eppure, da questa mancanza, da questo vuoto dovuto all’assenza della mamma, Camillo comincia a fare quello che avrebbe voluto che la mamma facesse a lui. O avrebbe fatto se gli fosse rimasta accanto.
Forse il ricordo dell’infanzia, di quegli amorevoli gesti materni lo guidano e lo illuminano quando li mette in pratica a favore di coloro che, come lui, sono rimasti troppo presto orfani. Comprende appieno, infatti, che solo con l’amore spontaneo e sincero, proprio come quello di una madre, si può servire bene e amare gli infermi.
Spesso, infatti, dice: “Servire i malati come una madre assiste il suo unico figlio infermo”. E ancora: “Amare con cuore di madre”. Concetti pregnanti, che sembrano riecheggiare le parole della Sacra Scrittura: “Può una madre dimenticare suo figlio? Anche se lo facesse, Dio non lo dimenticherà mai”.
È un percorso di fede e amore quello di San Camillo, che lascia un segno indelebile in noi che a lui umilmente chiediamo di poter avere cuore di madre, di una mamma che pur soffrendo per la malattia del figlio lo serve e lo ama con grande tenerezza.
“Servire con gioia quel malato che abbiamo scelto di amare e curare”. Sia per noi questa frase non solo l’espressione delle labbra ma di un sentimento, di una ragione di vita radicata forte nel nostro cuore.
La Santità di Camillo
Camillo, prima peccatore e testardo poi amorevole e generoso, con l’accoglienza del Vangelo della carità viene rivestito di Spirito Santo, fino a farsi Santo. Cioè a vivere senza sconti e riduzioni, donandosi in modo assoluto e a tratti “spericolato” nel servizio ai malati. Qui avviene la sua santificazione.
Quando alcuni confratelli gli propongono veglie di preghiera notturne o penitenze particolari, lui risponde che i mattutini e le penitenze sono le veglie ai moribondi e le opere di carità.
La santità di Camillo è incoraggiante per noi. Se lui, fragile e peccatore, riesce a convertirsi, anche noi, se saremo capaci di accogliere il dono dello Spirito, sconfiggeremo le nostre resistenze e le nostre fragilità, seguendo quella via maestra della carità, che il Vangelo ci indica e che Camillo ci testimonia ancora.
A San Camillo chiediamo che ci aiuti a realizzare il sogno che Dio ha per ciascuno di noi: “Siate santi, perché io, il Signore Dio vostro, sono santo” (Lv 19, 2).
Messaggio di Fratel Carlo: noi e San Camillo
Tutti noi, religiosi, consacrati e laici abbiamo incontrato Camillo nella nostra vita. Alcuni di noi nella consacrazione, altri invece attraverso la professione sanitaria o il volontariato. Altri ancora come cristiani devoti di questo gigante della carità.
Averlo incontrato ci deve fare riflettere. “Cosa oggi San Camillo vuole dirci? Cosa farebbe oggi Camillo? Come possiamo testimoniare l’amore di Gesù per i piccoli e i fragili, accogliendo il suo carisma e la sua spiritualità?”.
Queste domande, che provengono dal profondo del cuore, ci inducono ad un’attenta riflessione, necessaria per accogliere le risposte, che non saranno e non potranno essere emotive per quesiti così impegnativi e di non facile soluzione. Una meditazione profonda tuttavia è fondamentale per evitare che l’eroica testimonianza di Camillo sia ridotta a una rievocazione enfatica o devozionale. Se non siamo coinvolti dall’esempio dei santi e non siamo stimolati ad imitarli, il nostro culto e la nostra devozione non produrranno frutti per la nostra vita, né per il bene dell’umanità.
Al Signore Gesù, per intercessione di San Camillo vogliamo affidare allora i fratelli ammalati e sofferenti, i consacrati, gli opertori sanitari, i volontari, e i giovani in discernimento vocazionale che desiderano fare della loro vita un dono d’amore. Su tutti loro e su noi scendano le MILLE BENEDIZIONI di San Camillo che ha assicurato ai presenti e ai futuri”.
Fratel Carlo Mangione