ACIREALE – Tutto rinviato di una settimana per l’attesa festa di San Sebastiano. Durante la notte precedente il 20 gennaio, ha piovuto in abbondanza e le strade sono bagnate, ed è bagnata, in particolare, la scivola in legno montata davanti alla basilica per l’entrata e l’uscita del fercolo. Le previsioni meteorologiche non sono per niente favorevoli, ci sarà ancora pioggia per tutta la giornata. E le previsioni non sono buone nemmeno per la domenica successiva, anzi sono addirittura peggiori. E allora la grande decisione, presa d’intesa con le autorità locali, i responsabili della protezione civile, il rettore ed i devoti: si sposta tutto all’ottava, venerdì 27, sperando che le condizioni meteorologiche siano favorevoli.
Ma la festa resta, così come la fede e la devozione al Santo protettore. Perché la fede e la devozione non sono fatte solo dell’uscita e del giro esterno del simulacro, o delle bombe, o dell’offerta della cera. Ma sono fatte anche di preghiera, di una breve visita in chiesa, della partecipazione alle manifestazioni di contorno alla festa. E così per tutta la giornata, a dispetto del freddo e del brutto tempo, nella basilica c’è un via vai continuo, un alternarsi di persone che entrano, si fermano davanti alla cappella aperta con la statua di San Sebastiano illuminata a giorno. Tutti vogliono vederlo, salutarlo, rivolgergli una preghiera. È come quando si va a trovare un amico importante: si entra a casa sua, si saluta, si scambia qualche parola con il padrone di casa, gli si fa compagnia senza lasciarlo mai solo; nel frattempo magari si socializza con gli altri ospiti, uniti dallo stesso interesse. È quello che succede, per quanto riguarda San Sebastiano, anche negli altri momenti della festa, anche durante le celebrazioni: c’è sempre una parte fluida di partecipanti che si sposta, entra, esce, apparentemente distratta o poco interessata; ma nei momenti salienti – la consacrazione, la benedizione finale… – torna il silenzio ed il raccoglimento.
Numerosi sono i momenti cruciali della festa di San Sebastiano, soprattutto nel giorno dell’uscita: l’apertura della cappella, la trionfale uscita dalla chiesa, il rientro a notte fonda; e poi c’è la salita di San Biagio, la sosta in piazza Marconi, l’appuntamento alla vecchia stazione con il treno in transito, l’omaggio al vescovo con la corsa in corso Umberto. Ma c’è un altro momento importante che vorrei evidenziare, che si celebra la sera della vigilia, a conclusione della messa vespertina: la benedizione degli abiti votivi. Sono gli indumenti che si indossano durante la festa dal momento in cui si decide e si accetta di divenire – a vita – devoto di San Sebastiano: il maglione beige (simbolo della nudità del Santo), la fascia bordata di rosso con i simboli del martirio (le frecce e la corona) e il fazzoletto bianco da tenere in testa (ricordo del segno di riconoscimento che tenevano coloro che erano stati guariti dalla peste nera, per intercessione del Santo martire). È un momento di vera e intensa spiritualità, in cui i devoti, con gli indumenti in mano, si accostano emozionati all’altare per ricevere la benedizione, segno e simbolo dell’accettazione e della consacrazione al Santo. Ci sono giovani, adulti, bambini, uomini e donne tutti uniti nell’unico intento di devozione e di dedizione. E da quel momento San Sebastiano riempirà tutti i giorni della loro vita, in tutti i giorni dell’anno ed in tutti i momenti della giornata, anche i più pesanti ed i più dolorosi. Sono persone di tutte le provenienze sociali e di tutte le professioni, spesso figli di devoti, che, viste nella loro quotidianità, a volte magari non sembrano persone di fede, ma lo sono sicuramente nel loro cuore, nel loro animo. E sono tutte persone che ogni mese non mancano all’appuntamento del giorno 20, in cui si incontrano in basilica per la celebrazione della santa messa e per l’incontro comunitario con il Decano. E poi il giorno della festa sono lì, accanto e dietro il fercolo, a piedi scalzi, con gli abiti della devozione che li contraddistinguono e creano una macchia di colore tra la folla, a seguire la statua di San Sebastiano per mezzo giro o per l’intero giro, a gridare tutti insieme: “Dicemulu ccu tutt’u cori, viva Sammastianu!”
Venerdì 27 gennaio ci sarà dunque l’ottava della festa di San Sebastiano. Ma sarà quest’anno un’ottava speciale, perché ci saranno i festeggiamenti che non si sono potuti fare nel giorno della ricorrenza per via del maltempo. E quindi l’apertura mattutina della cappella con la svelata del simulacro di San Sebastiano, la messa solenne (celebrata stavolta dal vicario generale don Guglielmo Giombanco e non più dal vescovo che l’ha celebrata il giorno 20), alle 11 la solenne uscita, possibilmente di corsa (ma con prudenza), la corsa verso piazza Duomo, la salita di San Biagio, i fuochi di piazza Dante; e poi nel primo pomeriggio l’ingresso in piazza Marconi (con lo scioglimento del voto per chi fa il “mezzo giro”) e, a seguire, l’arrivo alla vecchia stazione con il saluto del Santo al treno in transito (a ricordo del saluto rivolto durante la prima guerra mondiale alle reclute in partenza per il fronte), la risalita verso piazza Cappuccini, l’uscita di corsa da via Roma e per corso Umberto fin sotto il vescovado (con l’omaggio, il saluto e la benedizione del Vescovo); e ancora piazza Porta Cusmana, i fuochi di viale Regina Margherita, la salita al Santissimo Salvatore; ed infine, verso mezzanotte, l’entrata in piazza Duomo e lo spettacolare rientro in Basilica, con la reposizione del simulacro e la chiusura della cappella.
Tutto, insomma, secondo programma, in onore e a gloria del Santo martire Sebastiano. Tempo permettendo…
Nino De Maria