Catania si prepara a vivere la festa di Sant’Agata, la più attesa dell’anno. Perché i catanesi sono molto devoti e dopo due anni di pandemia, finalmente la città ritorna a vivere la festa in pieno regime.
Si svolge tutti gli anni dal 3 al 5 febbraio ed è la terza festa religiosa al mondo. Una festa che viene vissuta in strada: tre giorni senza sosta per seguire la processione e urlare tutti insieme “Cittadini, cittadini, semu tutti devoti tutti? – Cettu! cettu! – Evviva Sant’Ajta!” (Cittadini, cittadini, siamo tutti devoti tutti? Certo! Certo! Evviva Sant’Agata!).
I devoti riempiono e colorano le strade della città di bianco. Indossano il saio bianco (u saccu) ed un copricapo di velluto nero (a scuzzetta) come simbolo di umiltà. E guanti e fazzoletto bianchi, simbolo di promessa, purezza e devozione.
Trainano con due cordoni lunghi oltre 200 metri, il fercolo d’argento, chiamato in catanese A vara, che pesa oltre 17 quintali, e contiene il busto e lo scrigno con le reliquie della santa martire. E sono seguiti dalle tradizionali candelore, o cerei, espressione delle corporazioni di arti e mestieri cittadini.
Tre giorni di festa per Sant’Agata
Il 3 febbraio si inizia con l’offerta delle candele, che parte dalla chiesa di Sant’Agata alla Fornace, in piazza Stesicoro, per terminare in Cattedrale. E si conclude verso le 20 con uno spettacolo suggestivo di fuochi d’artificio, di circa un’ora, in Piazza Duomo.
Il 4 febbraio la celebrazione inizia alle 6 del mattino con la messa dell’aurora in Cattedrale, al cui termine, la Santa viene portata in processione nel “giro lungo” attorno alla città, si conclude verso le 5 del giorno dopo, con il rientro in Cattedrale.
Il 5 febbraio è il giorno della festa vera e propria. Alle 18 inizia il “giro interno” del fercolo che parte dalla Cattedrale per arrivare in piazza Cavour, al Borgo, dove alle 6 del mattino, si tiene uno spettacolo pirotecnico, di fuochi d’artificio. La processione dura in salita circa 12 ore, per arrivare ai Quattro Canti.
Da qui parte la salita di via San Giuliano, che a percorrerla si impiegano circa 3 ore. Con una salita di corsa, un fiume bianco di devoti traina la vara di Sant’Agata fino all’incrocio con via Crociferi, dove si celebra uno dei momenti più commoventi della festa. Quando Agata è davanti al convento delle suore Benedettine, le Clarisse intonano un tenero canto in latino. Le Benedettine escono dal convento solo il 6 mattina per intonare il toccante canto dedicato a Sant’Agata donandole tra la folla, un mazzo di fiori.
Il 6 febbraio, la processione è giunta al termine e si conclude al mattino, con il rientro in Cattedrale. Si sventola un’onda di guanti bianchi, il mezzo busto viene rimosso dal fercolo per essere portato in Cattedrale per l’ultimo saluto alla santa.
I miracoli di Sant’Agata
Il primo miracolo attribuito a Sant’Agata fu un anno dopo la sua morte. Catania fu colpita da una imponente eruzione dell’Etna all’inizio di febbraio. Quando la lava stava per arrivare in città, il popolo prese il velo, custodito nella Cattedrale di Catania insieme ad altre reliquie della Santa in uno scrigno d’argento, e lo portò in processione. La colata si arrestò in breve tempo. Era 5 febbraio.
Si utilizzò il velo anche nel 1169, quando un disastroso e inarrestabile terremoto colpì la città. Il velo, portato in processione, lo fece cessare. Si narra che, lo stesso velo salvò la città da eruzioni per almeno quindici volte. Nel 1669 ci fu l’eruzione più disastrosa della zona etnea, la lava arrivò fino a Catania e la colata lavica circonda ancora oggi il Castello Ursino.
I tradizionali dolci di Sant’Agata
La cassata siciliana è il dolce simbolo per eccellenza della Trinacria. Le minne, conosciute come cassatine, sono famose in tutta Italia. Sono piccole cassate siciliane che prendono la forma dai seni amputati della Santa. I dolci tipici della festa sono altri, quali, le olive di Sant’Agata: piccoli dolci di marzapane, dalla forma che ricorda i frutti dell’ulivo, ricoperti di zucchero o di cioccolata. Poi mele glassate e il torrone fresco preparato al momento con mandorle o pistacchi dell’Etna.
Il 6 febbraio i fuochi d’artificio chiudono questa festa ed il giorno seguente, a Catania, si inizia a rimuovere la cera dalle strade. I catanesi ritornano alla loro routine, con l’orgoglio di aver partecipato ad un evento seguito ed unico al mondo, dopo giorni di devozioni, ispirate ad una donna eccezionale, simbolo di tenacia e coraggio, chiamata “ Agata”.
Giusy Giacone