Festival Francescano / Incontro tra Gino Cecchettin e il cardinale Zuppi

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incontro Zuppi-Cecchettin

È stato trasmesso online lunedì 6 maggio l’incontro tra il card. Matteo Maria Zuppi e Gino Cecchettin, moderato da suor Chiara Cavazza, a cura di Festival Francescano in collaborazione con Antoniano Opere Francescane.

Una nota stampa del Festival Francescano informa che il dialogo, che ha toccato le tematiche relative alla necessità di un’alleanza intergenerazionale, di una cultura della parità di genere – anche dentro la Chiesa – e un’ampia riflessione sulla sofferenza, è visibile previa iscrizione sul sito www.festivalfrancescano.it . Oppure a partire da lunedì 13 maggio sul canale Youtube del Festival Francescano.

Si tratta di una vera e propria anteprima dei temi che saranno affrontati dal 26 al 29 settembre a Bologna, quando il Festival si terrà in piazza Maggiore con la presenza dello stesso Zuppi e molti altri ospiti.

“Giulia vedeva il mondo da tutta un’altra prospettiva, sicuramente molto pura, molto altruista. Lei dava un’anima a qualsiasi cosa, oggetto o essere vivente: dai ragni alle formiche fino ai fusilli. E questo non poteva che insegnarti qualcosa”, ha ricordato Cecchettin, che ha spiegato più volte quanto abbia imparato sia da lei che dagli altri due figli, Elena e Davide. “I giovani non hanno quelle condizioni limitanti che di solito hanno quelli con qualche anno in più. (…) I giovani hanno entusiasmo, anzi vanno oltre, come ha fatto Elena. Lei fin da subito ha analizzato in modo razionale quale fosse la causa, secondo lei, dell’omicidio di Giulia, e l’ha comunicato (…).

Gino Cecchettin: “Mia figlia Elena mi ha fatto riflettere..”

Forse è stata lei quella che davvero ha fatto cambiare l’opinione, che ha smosso un po’ tutti”, compreso Cecchettin stesso. “Dopo le sue parole – ha spiegato – mi sono messo a parlare con lei. Le ho chiesto perché avesse tirato fuori il patriarcato: cosa c’entrava con quello che era successo? Io vedevo solo un atto di gelosia estremo che aveva portato a un’azione estrema; invece, lei mi ha fatto proprio l’esegesi di tutto l’avvenimento. Inizialmente sono rimasto perplesso, poi – siccome sono uno che applica sempre il metodo della ricerca (…) e quello che non so cerco di capirlo – ho preso il dizionario e sono andato a leggere alla voce patriarcato.Cardinale Zuppi incontra Gino Cecchettin

Effettivamente l’ultimo dei tre significati si riferiva ad atti di prevaricazione da parte dei maschi verso le femmine, atti che ne limitano la libertà spesso anche in modo violento”. Per questo “l’ho supportata. (…) Le tesi di Elena poi sono diventate anche le mie. Portare avanti una lotta per la parità di genere, secondo me, è doveroso”.

Tuttavia, battaglie come questa vengono a volte fortemente criticate. “Ho come la sensazione – ha spiegato Cecchettin – che quando dai più diritti a una persona o a un genere di persone, sembra che gli altri ne vengano meno. Ma non è così. Assolutamente. Avere una parità tra maschi e femmine non significa che i maschi hanno meno libertà”.

Queste prese di posizione, secondo Cecchettin, vengono attaccate a causa dei “retaggi di anni e anni di educazione maschilista”. Del resto – ha spiegato – “anche nel linguaggio abbiamo espressioni come ‘questo problema lo risolviamo da uomo a uomo’ o ‘tu sì che sei un uomo’ oppure ancora ‘non fare la femminuccia’. Ecco, tutte queste espressioni fanno crescere poi un bambino convinto di valere più di una donna e questo va sradicato. Bisogna destrutturare il modo di pensare”.

Il card. Zuppi:” La Chiesa deve aiutare a vivere l’amore nel rispetto”

Secondo questi stereotipi maschilisti, ha risposto il card. Zuppi: “in fondo anche Gesù sarebbe considerato una femminuccia. Per esempio, Gesù piange, fa sempre il primo passo verso gli altri, (…) anzi addirittura descrive Dio Padre come un padre (…) che, per certi versi, secondo questi stereotipi, è molto più madre, perché è un padre che manifesta l’affetto, che manifesta i propri sentimenti. Gesù stesso manifesta i propri sentimenti di commozione, di partecipazione. (…) Non riesce a non piangere con chi piange”. Secondo certi stereotipi, secondo il card. Zuppi, Gesù sarebbe quindi più visto come “un tenerone” piuttosto che “un cosiddetto maschio alfa”.

Continua Zuppi: “Penso la Chiesa abbia tanto da fare per aiutare a vivere relazioni di amore basate prima di tutto sul rispetto. Sul fatto che l’altro non è mai il mio possesso, che l’amore è esattamente il contrario del possesso”.

E sul ruolo della donna nella Chiesa: “è qualcosa di più del fare le stesse cose: è un pensarsi insieme in una reciprocità, in una complementarità di cui credo abbiamo ancora molto da imparare”.

Il dibattito si è quindi spostato sul tema del senso e della rielaborazione della sofferenza, per capire come sia possibile “danzare sotto la pioggia”.
Cecchettin ha spiegato di aver presto visto “sbocciare qualcosa che andava oltre le mie capacità di comprensione”. La sua idea iniziale, infatti, era quella di “mantenere tutto tra le mura di casa”. Invece “vedere che da questa vicenda poteva nascere un germe di bene è stato per me un segno”.

Elaborare il lutto

Per questo “ho rinunciato un po’ alla mia privacy, soffrendo anche un po’, e ho preso posizione. Ho detto no: Giulia è di tutti! Deve essere di tutti, perché lei può far nascere qualcosa di positivo. E pensavo alle altre Giulia che potevano soccombere sotto le mani di altri carnefici. Ho pensato, se lei riesce con il suo esempio anche solo a salvarne una, abbiamo comunque salvato una vita, che è tanto. Per questo ho detto doniamola, doniamo l’esempio di questa ragazza”.

Cecchettin ha ricordato la camminata in montagna fatta con il parroco don Gabriele pochi giorni dopo il funerale di Giulia. “Mi ha fatto capire che c’è un percorso da fare, un percorso che parte dal buio per arrivare al sole. E quando sono tornato quella sera, in macchina, già iniziavo a sentire l’animo più sollevato”. Anche dagli attacchi ricevuti proprio in quei giorni. In questo senso, l’invito di Cecchettin è “partire dalla bellezza, dalle cose belle” per costruire una cultura della riconciliazione. Anche per il card. Zuppi, in un contesto che enfatizza la competizione, la prestazione, “la riconciliazione è ricostruire la fraternità, ricostruire la bellezza dell’altro”.

Ma come si fa ad attraversare la sofferenza? Secondo Cecchettin, “bisogna immergersi nel dolore. Non lo si può scavallare e andare oltre: una persona cara ti mancherà sempre e comunque. Quindi vado nella stanza di Giulia e mi siedo, mi guardo i disegni, le foto e metto anche la sua canzone preferita. E questo è dolorosissimo, ma per me è assolutamente indispensabile, perché è il mio momento di connessione con Giulia. Non abbiate paura del dolore!”.

Affrontare la sofferenza per vincerla

Secondo il card. Zuppi, è importante ricordare che “la Chiesa non vuole la sofferenza, la sofferenza – semplicemente – c’è. Il vero nodo è non scappare. Questo nostro piccolo pezzo di mondo ci ha dato talmente tanto benessere da non essere più capace di affrontare la sofferenza. Allora scappa, la rimuove, la nasconde, cerca continuamente analgesici che all’inizio vanno benissimo, ma poi non bastano. Allora ti trovi per forza di cose ad affrontare la sofferenza per poterla vincere. È nell’affrontare l’assenza che al contrario si misura la presenza, ciò che unisce e non finisce”. Qualcosa che “è più forte del dolore, più forte della morte.

Zuppi conclude facendo riferimento alla ricorrenza degli ottocento anni delle stimmate di S. Francesco, ricorrenza che ha ispirato il tema del Festival francescano 2024: “In questo senso le stigmate diventano delle ferite dove alla fine vediamo la luce e non il buio, vediamo l’amore e non la morte. Del resto, questa è la perfetta letizia di san Francesco”.
L’iniziativa è stata sostenuta da BPER Banca.