Formula 1 / Quarto titolo Mondiale per Lewis Hamilton

0
97
Foto Getty Images
Foto Getty Images

I titoli delle più importanti testate giornalistiche sportive sono tutti per lui. Dopo la nona piazza di ieri nel Gran Premio del Messico Lewis Hamilton ha aggiunto un altro tassello alla sua leggendaria carriera, raggiungendo il quarto titolo mondiale in Formula 1, terzo con la Mercedes: macchina dimostratasi, ancora una volta, la migliore. Sebastian Vettel, il rivale di sempre, è giunto quarto scivolando così a 56 punti di distanza: finale ormai scontato di un Mondiale che, dopo la pausa estiva, ha preso una piega ben precisa.

Dal GP del Belgio, a fine agosto, Hamilton ha imposto la sua dittatura sul Circus della Formula 1, con prove cristalline di classe e determinazione: splendido nel contenere il ritorno di Vettel a Spa Francorchamps, maestoso nell’imporsi a Monza in casa delle Ferrari, l’inglese ha poi profittato del clamoroso patatrac delle rosse in partenza a Singapore, imponendosi pur essendo partito dalla quinta piazza. Giappone e Stati Uniti sono stati gli altri due tasselli di una cavalcata conclusasi ieri, al termine di una gara difficile cominciata con la collisione tra lui e il suo rivale tedesco e contraddistinta da una rimonta che lo ha riportato in zona punti. «Essere tra i più grandi? Mi sembra surreale: non è stata la gara che volevo – ha commentato il campione del mondo a caldo – avevo un ritardo di 40 secondi ma non ho mai mollato, pescando nel mio cuore la forza per andare avanti fino alla fine».

Questa dichiarazione contiene probabilmente l’essenza di Lewis Hamilton e, facendoci fare un balzo indietro nel tempo, ci riporta agli inizi della sua carriera: dietro un presente fatto di successo, fama e popolarità, infatti, si cela una infanzia segnata da problemi di dislessia e dall’incubo del bullismo, con il padre che ha fatto i salti mortali per consentire al giovane Lewis di inseguire il sogno di una vita. Hamilton, classe 1985, è cresciuto in una famiglia in cui i genitori erano divorziati: passava la settimana con la madre e i weekend col padre, figura decisiva per la sua crescita come uomo e pilota. «Se non fosse per lui non sarei qui – ha dichiarato Hamilton in una intervista – ha fatto di tutto per la mia carriera: lavorava in una ditta di distributori automatici di bevande e quando finiva il turno correva a fare un altro lavoro. È arrivato anche a farne quattro contemporaneamente: ogni volta che mi siedo in macchina mi ricordo dei suoi grandi sacrifici». È stato grazie al padre, indebitatosi per decine di migliaia di sterline. che il giovane Lewis è riuscito a iscriversi ai campionati di Kart.

La conoscenza col boss della McLaren Ron Dennis ha fatto il resto, con il ragazzo entrato giovanissimo nell’universo della casa automobilistica di Woking: lì è cresciuto come pilota, sviluppando le sue abilità nella Kart Formula A, in Formula Renault 2.0, Formula 3 e infine in GP2. Una scalata dal nulla che al giorno d’oggi è sempre più difficile: «senza soldi non puoi entrare nel Circus, fare come me è quasi impossibile adesso: la triste realtà è che fra un ragazzino che vince tutte le gare e un altro ricco andrà sempre avanti il secondo. In 24 anni di gare, poi, non avevo incontrato un altro pilota di colore: solo adesso inizio a vedere bambini di razze diverse, è un cambiamento importante». La sua rincorsa al successo, dunque, è stata in salita ed è partita dal nulla. Per questo Hamilton non dimentica i momenti difficili, anche a distanza di anni: «a 4 o 5 anni ho subito il bullismo dei compagni di scuola e ho chiesto a mio padre di fare karate, volevo difendermi da solo. È una cosa terribile, un comportamento da codardi: chi lo subisce deve chiedere aiuto e la gente che assiste deve intervenire. Credo che i professori debbano aiutare i ragazzi nelle scuole».

Il vero Lewis Hamilton, probabilmente, si cela nei suoi racconti d’infanzia. Lì è possibile scovare la sua voglia di raggiungere risultati sempre migliori: mai perdere fiducia e convinzione, come il piltota ha avuto modo di dichiarare dopo aver ceduto il titolo 2016 a Nico Rosberg: «ho perso il titolo, ma l’ho superato come numero di vittorie. Ero comunque fiero perché non mi sono mai arreso: il mio credo fin da bambino».

Giorgio Tosto

Print Friendly, PDF & Email