Questa mattina Benedetto XVI ha compiuto “un pellegrinaggio a questo sacrario, caro a tutti gli italiani, particolarmente al popolo romano”. Con queste parole il Papa ha iniziato il suo discorso in occasione della visita alle Fosse Ardeatine per rendere omaggio alle vittime dell’eccidio del 24 marzo 1944, su invito dell’”Associazione nazionale tra le famiglie italiane dei martiri caduti per la libertà della patria”. “saluto – ha detto il pontefice rivolgendosi ai presenti – il cardinale vicario, il rabbino capo, il presidente dell’associazione, il commissario generale, il direttore del mausoleo e, in modo speciale, i familiari delle vittime, come pure a tutti gli altri presenti.
“Credo in Dio e nell’Italia”. Questa espressione, incisa sulla parete di una cella di tortura, in Via Tasso, a Roma, durante l’occupazione nazista, ha colpito Benedetto XVI “anche perché quest’anno ricorre il 150° anniversario dell’unità d’Italia, ma soprattutto perché afferma il primato della fede, dalla quale attingere la fiducia e la speranza per l’Italia e per il suo futuro. Ciò che qui è avvenuto il 24 marzo 1944 è offesa gravissima a Dio, perché è la violenza deliberata dell’uomo sull’uomo. E’ l’effetto più esecrabile della guerra, di ogni guerra, mentre Dio è vita, pace, comunione”. “In questo testamento inciso in un luogo di violenza e di morte – ha proseguito il Papa -, il legame tra la fede e l’amore della patria appare in tutta la sua purezza, senza alcuna retorica. Chi ha scritto quelle parole l’ha fatto solo per intima convinzione, come estrema testimonianza alla verità creduta, che rende regale l’animo umano anche nell’estremo abbassamento. Ogni uomo è chiamato a realizzare in questo modo la propria dignità: testimoniando quella verità che riconosce con la propria coscienza”.
Garanzia di speranza. Un’altra testimonianza, ritrovata proprio nelle Fosse Ardeatine, ha colpito il Pontefice: “Un foglio di carta su cui un caduto aveva scritto: ‘Dio mio grande Padre, noi ti preghiamo affinché tu possa proteggere gli ebrei dalle barbare persecuzioni’. In quel momento così tragico, così disumano – ha osservato il Santo Padre -, nel cuore di quella persona c’era l’invocazione più alta: ‘Dio mio grande Padre’. Padre di tutti! Come sulle labbra di Gesù, morente sulla croce: ‘Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito’”. In quel nome, “Padre”, ha spiegato Benedetto XVI, “c’è la garanzia sicura della speranza; la possibilità di un futuro diverso, libero dall’odio e dalla vendetta, un futuro di libertà e di fraternità, per Roma, l’Italia, l’Europa, il mondo. Sì, dovunque sia, in ogni continente, a qualunque popolo appartenga, l’uomo è figlio di quel Padre che è nei cieli, è fratello di tutti in umanità. Ma questo essere figlio e fratello non è scontato. Lo dimostrano purtroppo anche le Fosse Ardeatine. Bisogna volerlo, bisogna dire sì al bene e no al male. Bisogna credere nel Dio dell’amore e della vita, e rigettare ogni altra falsa immagine divina, che tradisce il suo santo Nome e tradisce di conseguenza l’uomo, fatto a sua immagine”. “Perciò, in questo luogo, doloroso memoriale del male più orrendo, la risposta più vera – ha concluso il Papa – è quella di prendersi per mano, come fratelli, e dire: Padre nostro, noi crediamo in Te, e con la forza del tuo amore vogliamo camminare insieme, in pace, a Roma, in Italia, in Europa, nel mondo intero”. |