Dalle Lupercalia, le licenziose feste pagane del mese di febbraio, al business odierno costituito da oggetti, dolci, composizioni e via… (chi più ne ha più ne metta!) in una colluvie di consumismo che oscura la bellezza del legame dell’amore e lo riduce a uno spot legato al marketing. Il povero Valentino così è proprio stretto in una morsa e imperversa, suo malgrado, in una festa laicizzata.
Dalla pratica pagana del tirare a sorte il proprio partner annuale alla fedeltà dei coniugi cristiani il passo invece è stato decisivo. Tuttavia, mosso non sulla base moralistica o leguleia, quanto piuttosto su quella di un’attrazione reciproca che sfocia in un amore autentico, costruttivo e duraturo.
Qui si innesta Valentino con le sue leggende dai mille colori e dalle mille sfumature, piuttosto appariscenti e, troppo spesso, infondate.
Ora, il correre dietro a favole, anche ben scritte, verrebbe a minare una realtà che possiede il suo peso storico: Valentino, patrizio romano, conobbe il cristianesimo, si convertì e divenne un grande predicatore. L’Imperatore Claudio il Gotico tentò di riportarlo al paganesimo ma non ci riuscì. Solo la nobile origine salvò l’intrepido Valentino dall’esecuzione capitale, finendo però in una sorta di… affido o lavaggio del cervello da parte di una famiglia patrizia. Valentino sostenne la scossa e, per di più, compì il miracolo della guarigione dalla cecità della giovane figlia dei nobili ospiti.
Nulla smosse il giovane che, divenuto vescovo di Terni, raggiunse la veneranda età di 97 anni e una notorietà tale da decidere l’Imperatore Aureliano di decapitarlo il 14 febbraio 273.
Quale allora il legame con gli innamorati?
Se si presta l’orecchio ai fioretti si apre una visuale tenera, ma quale attendibilità si può prestarle?
Valentino pacificò una giovane coppia litigiosa offrendo loro una rosa. Un’altra coppia (o la stessa?) ritrovò la pace vedendo svolazzare sopra di sé, da lui richiamate, delle coppie di piccioni in effusivi gesti di affetto. Qualcuno qui ritrova la genesi dell’espressione “piccioncini”.
Da vescovo venne coinvolto nella vicenda di una cristiana, Serapia, e di un centurione romano, Sabino. La famiglia si opponeva alle loro nozze ma accadde che Serapia si ammalasse gravemente. Il giovane allora chiamò il vescovo, chiese il battesimo e i due furono uniti in matrimonio, in un amore che voleva rimanere perenne nell’eternità. Insieme, in un abbraccio, furono infatti colti dalla morte.
Dai fioretti leggendari all’archeologia con una scoperta fresca di quattro anni che offre una prova riscontrabile: a Terni furono ritrovate le ossa di due innamorati stretti in un abbraccio.
Fra leggenda e archeologia possiamo prestare credito a un san Valentino patrono degli innamorati? Indubbiamente non aureolato di cuoricini o di invenzioni sdolcinate e curiose.
Tutto il legame d’affetto oggi è bombardato e messo sotto accusa dalla pornografia che si aggrava e dilata i suoi tentacoli; ogni sentire profondo cade in una melassa di sentimentalismo che storna dall’autenticità e si dimostra solo una copertura per affari d’oro.
Valentino invece ci richiama alla santità della coppia, alla relazione che porti alla crescita delle persone, a un amore che tale sia e non si estingua in un effimero trovarsi, lasciarsi e riprendersi, legato ad un sessismo tanto sbrigliato quanto dannoso.
Invocarlo quindi a proteggere l’amore degli innamorati è proprio trasparente, lasciarci trascinare dalla pioggia della banalità è invece tradire il suo impegno evangelico.
Cristiana Dobner