Futuro digitale / Internet fai da te? L’Europa si dia una sua Costituzione. Parla don Piercarlo Maggiolini

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Don Piercarlo Maggiolini insegna etica digitale al Politecnico di Milano. Con lui indaghiamo i limiti entro i quali muoversi nella rete, partendo dal presupposto che non si possa lasciare internet al “fai da te”. La proposta  di adottare una sorta di Costituzione che “serva per garantire le libertà all’interno di un sistema di regole. Non si capisce perché non debba valere per internet ciò che consideriamo assolutamente normale per la vita della società”.

“Una volta ho detto: se volete liberare una società tutto ciò che vi serve è internet. Mi sbagliavo… La 755x491xInternet-755x491.jpg.pagespeed.ic.UT1yktszVwprimavera araba ha rivelato il grande potenziale di internet ma anche i suoi più grandi difetti…Il mezzo che ci ha uniti per far cadere i dittatori alla fine ci ha divisi…Oggi penso che se vogliamo liberare la società, dobbiamo prima liberare internet”. Dicembre 2015, Ginevra. Chi parla così è un guru mondiale del settore, l’egiziano Wael Ghonim. Nel 2011 lui, responsabile marketing di Google per il Medio Oriente e l’Asia, con il suo blog aveva dato il la alla rivoluzione egiziana, al punto che Time lo aveva dichiarato persona più influente dell’anno. Adesso che davanti al terrorismo globale ci si interroga in termini collettivi sulle potenzialità negative di internet, la testimonianza di Ghonim è illuminante. Il problema non è soltanto l’uso malvagio della rete, c’è qualcosa di distorto proprio nel modo in cui il funzionamento della rete oggi è pensato e organizzato da chi ne detiene le chiavi. Davanti ai processi epocali, la tentazione di erigere muri nell’illusione di poterli fermare è inutile e pericolosa allo stesso tempo. La questione non è dunque fermare internet, come se fosse possibile, ma liberarlo.
A segnalarci la “conversione” di Ghonim è don Piercarlo Maggiolini. Don e anche prof, visto che insegna etica digitale al Politecnico di Milano. Al Politecnico si è laureato in ingegneria negli anni Settanta, poi ha raddoppiato in economia alla Bocconi. Come docente universitario oltre che negli atenei italiani ha insegnato anche al Cairo e a San Paolo del Brasile. Nel 2008, a sessant’anni, è diventato presbitero della diocesi di Novara, dove si occupa in particolare della cura pastorale del personale universitario. Ma continua a insegnare al Politecnico, in quella che risulta essere l’unica cattedra del genere in una università italiana.

“Non si può lasciare internet al fai da te”,

dice chiaramente don Maggiolini, e non soltanto perché c’è chi ne fa un uso criminale, ma anche e soprattutto perché “dobbiamo avere sempre presente che si tratta di uno spazio tecnologico fortemente condizionato”. Decisivo, tra tanti, è il tema della personalizzazione. “Se io e lei poniamo a un motore di ricerca la stessa domanda, non avremo risposte uguali perché i filtri selezioneranno i materiali in relazione ai nostri profili costruiti su tutte le attività precedenti”, spiega don Maggiolini. E’ quella che un altro guru mondiale del web, Eli Pariser, ha denunciato come “la bolla dei filtri”. In pratica, i motori di ricerca mi suggeriranno risposte che corrispondono al mio modo di pensare e in questa maniera la rete invece di stimolare un ampliamento di orizzonti, come potrebbe fare, tenderà a rinchiudermi nelle mie convinzioni. Un meccanismo che nasce in origine per fini prevalentemente commerciali diventa un fattore di polarizzazione culturale e sociale. Quando leggiamo di giovanissimi che attraverso il web si “radicalizzano” fino a diventare terroristi, pensiamo anche a questo meccanismo, i cui effetti, peraltro, sono molto più complessi e pervasivi.

Ma è possibile parlare di regole per internet senza essere accusati di lesa libertà? Don Maggiolini si dichiara esplicitamente favorevole all’idea di una Costituzione per la rete, almeno a livello europeo.

Un’idea che nel dibattito italiano è stata lanciata da Stefano Rodotà. “Una Costituzione serve per garantire le libertà all’interno di un sistema di regole. Non si capisce perché non debba valere per internet ciò che consideriamo assolutamente normale per la vita della società”, osserva il sacerdote-professore.
Nessun sistema di norme, comunque, potrà sostituire l’autoregolamentazione, tanto più che “le leggi, pur necessarie, finiscono inevitabilmente per rincorrere i problemi”. Bisogna giocare d’anticipo. Don Maggiolini fa un esempio: “Tutti dicono che a scuola bisogna insegnare a usare internet fin dalle prime classi, ma nessuno si pone il problema di spiegare che cosa si possa fare o no. E’ come se si insegnasse a guidare l’auto senza spiegare il codice della strada”. La sfida educativa di internet, naturalmente, è molto più ampia e don Maggiolini ha un sogno:

“Se ci fosse un nuovo don Bosco di questo si occuperebbe”.

Decisiva sarebbe anche la formazione etica di chi si occupa di internet a livello di progettazione. E che dire degli operatori dell’informazione? Anche in questo caso si è innescato un meccanismo perverso per cui i giornalisti rincorrono il web per il timore di esserne scavalcati. Ma non è una difesa corporativa, proprio per i motivi spiegati fin qui, porre seriamente il problema dell’informazione selvaggia che passa attraverso internet. Siamo proprio sicuri che continuare a postare video di stragi solo per il fatto di averli ripresi con uno smartphone (il che già merita una riflessione) non faccia il gioco di quei terroristi che suscitano giustamente timore e indignazione? E siamo proprio sicuri che se una tv o un sito d’informazione non rilancia questi video viene meno al dovere d’informare? Almeno le domande vanno poste. E magari bisognerebbe cercare di rispondere con l’onestà intellettuale di Ghonim.

Stefano De Martis

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