Un conflitto che da due anni imperversa nel nostro continente, e che, come europei, ci vede importanti attori in quanto inviamo supporti militari ed armi. Non solo la guerra russo- ucraina e la crisi in Medio oriente che, tanto per cambiare, vede Israele e la Palestina di nuovo alle armi per una striscia di terra. Ma più di cinquanta conflitti, guerre de facto, anche se non ufficiali: popoli economicamente e socialmente in stallo. Basti pensare all’Africa subsahariana e all’emigrazione che ne consegue, con paesi quali il Libano diventati dei veri e propri campi di detenzione.
Sul tema “Se non basta la pace” si è discusso con Pietro Figuera, analista geopolitico, in un incontro presso il Centro Servizi del Volontariato etneo di Acireale.
“La guerra in Ucraina ci tiene “occupati” da due anni e mezzo,- ha affermato il prof. Pippo Scudero, intervenuto all’incontro. Tengo a ringraziare il “Coordinamento Acireale per la pace” per aver organizzato, oggi, quest’incontro. Non c’è solo l’Ucraina e, anche se non se ne parla, abbiamo micro- conflitti che hanno luogo in tutto il mondo. E i morti dovrebbero farci pensare. Bisogna tendere alla pace con ben altro spirito; la pace non è solo assenza di guerra.
Mi rivolgo all’Italia che, in contrasto con l’articolo 11, aumenta la spesa militari, invia armi, e finanzia la guerra”.
Incontro sulla pace con Pietro Figuera
“Il titolo dell’incontro può sembrare contro intuitivo, se non velleitario e ambizioso – ha sottolineato l’esperto Pietro Figuera. Ma è proprio così: la pace non è ambigua neutralità o opportunismo. Le guerre non scoppiano dall’oggi al domani. Ci si accorge di un conflitto, solo quando deflagra. Il 7 ottobre 2023 e il 24 febbraio 2022 rappresentano il culmine dell’escalation; ma la guerra non è iniziata in quei giorni.
Le missioni di pace, a lungo andare, utilizzano mezzi propri della guerra. L’Italia è al decimo posto, nel mondo, per spesa militare.
Ci siamo illusi che l’ombrello nucleare americano potesse proteggerci per sempre, e altro non è che la pace dell’ignavia”.
Reattiva e appassionata la partecipazione degli astanti: “Vorrei richiamare la questione educativa e culturale in seno all’impegno pacifista. Come insegnante, vedo che i militari sono “entrati nelle scuole”, con stage di alternanza scuola- lavoro, o con brochure pubblicitarie”, ha chiosato una donna del pubblico. Chiosiamo anche noi con una frase di Tacito: “Hanno fatto il deserto e la chiamano pace”.
Giosuè Consoli