Giovani imprenditori per sé e per gli altri. “I giovani sono chiamati ad attivare le loro potenzialità in un’ottica di imprenditorialità personale, sociale e di cooperazione – ha affermato il direttore dell’Ufficio Cei per i problemi sociali e il lavoro, mons. Angelo Casile – e confermiamo anche oggi le intuizioni che hanno animato anni fa l’operato di don Operti: evangelizzare, lavorare assieme, educare e formare dando senso al lavoro, esprimere la bellezza della fede mediante gesti concreti”. Ma cosa è cambiato, in questi 15 anni di lavoro? Secondo don Lucio Ciardi, che è coinvolto nel Progetto fin dalla sua nascita, “sono sempre di più le organizzazioni nella filiera, le associazioni, i sindacati, le Acli che fanno rete. I giovani sono più fragili, ma devono sapersi guardare intorno per costruirsi un futuro, cercando di acquisire la forma mentis adatta al lavoro e alla legalità e senza smettere di tendere ad una più profonda fusione tra trascendente e immanente”.
La fede alla base della vita e del lavoro. Sono tante le storie come quella di Vincenzo, maturate grazie al Progetto Policoro in collaborazione con le Casse rurali del territorio e le Banche di Credito Cooperativo: basti pensare ai disabili accolti nel Centro di Francavilla Fontana in Puglia, ai ricami dei ragazzi della cooperativa “Coras” di Reggio Calabria, alla musica prodotta dalla “Shine Records” di Ragusa, ai prodotti biologici coltivati a Gioia Tauro dalla cooperativa “Valle del Marro-Libera Terra” nei campi confiscati alla malavita. I protagonisti di queste avventure sono tutti giovani che hanno deciso di prendere in mano la loro vita, e di fare della fede il comune denominatore di ogni scelta, nonostante le difficoltà. “Non possiamo più aspettare che gli altri facciano qualcosa, dobbiamo impegnarci noi in prima persona, acquisire competenze, intrecciare legami tra le persone”, dice una ventiseienne, di Nuoro, corsista del primo anno. “La fede è il fondamento per la vita, e quindi anche per il lavoro: se non fosse la cosa più importante molti non sarebbero qui. Qualcosa si può cambiare, e la Chiesa c’è”.
Dare più dell’immediato. È forte, anche se spesso taciuta, la presenza di questa Chiesa militante, che opera sul territorio, si interessa ai giovani per aiutarli, li guarda negli occhi cogliendone lo smarrimento e li conduce per mano verso un percorso di fede che è anche di trasformazione totale della persona. “La missione del Progetto Policoro è dare più dell’immediato”, ha ricordato don Paolo Mignani, assistente nazionale di Gioc (Gioventù operaia cristiana), che dopo tanti anni di partecipazione al Progetto vede nei ragazzi di oggi “una motivazione più solida, ma anche tanta voglia di partecipare, molta vivacità di esperienze”. In tal senso, “bisogna investire in cuore e coscienza e per questo è fondamentale, oltre alla fede, il ruolo della rete, che fornisce una forza che giova a chi si incontra”. Cosa consiglierebbe don Paolo a un giovane in cerca di lavoro? “Non arrendersi, avere il coraggio di essere protagonista e non rassegnarsi, mai; mettercela tutta per vincere la tentazione della solitudine, perché i problemi si risolvono insieme; vivere la vita giocando in campo, non in panchina, anche se si corre un rischio più grosso credo ne valga la pena”. Riecheggiano le parole di don Mario Operti: “Il mondo è differente, il senso del lavoro è cambiato, ci sono sfide nuove da affrontare. Ma la Chiesa ha una parola in più da portare: la speranza. Non esistono formule magiche per creare lavoro. Occorre investire nelle intelligenze e nel cuore delle persone”. Il Progetto Policoro, aveva detto nel suo intervento al convegno il Segretario generale della Cei, mons. Mariano Crociata, è “occasione di formazione alla responsabilità personale credente nei confronti dell’ambiente e della collettività in cui si è chiamati ad assumere un posto e ad esercitare il proprio ruolo. Esso incoraggia la possibilità di far diventare la scelta di vita un’occasione non solo di miglioramento delle proprie condizioni, di realizzazione dei propri sogni e dei propri progetti, ma anche di promozione della collettività, di contribuzione alla realizzazione di una società più umana, più giusta e fraterna”.
(SIR)