Gioco d’azzardo: ma il divertimento, qual è?

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In un cantuccio accanto al bancone del bar una giovane davanti alla slot machine spinge tasti e inserisce monete. Un suono ritma il suo movimento automatico e ininterrotto. Non fa pause, non guarda nessuno, finiti i soldi saluta il barista ed esce. Le ricerche dicono che sono più di 500 mila i giovani italiani che soffrono di ludopatia: malati patologici di gioco. Altrettanti sono in uno stadio problematico.

Sulle scommesse cresce florida l’industria del gioco d’azzardo: 30 milioni di italiani che grattano cartoncini, compilano schedine, scelgono numeri, partecipano online a tornei di poker. Il giro d’affari legale ruota attorno agli 80 miliardi e lo Stato ne incamera nove. Si investe molto nel mercato dato che oggi tre spot su dieci pubblicizzano giochi e scommesse. Peccato che il gioco d’azzardo crei dipendenza alla stregua di tossicodipendenza e alcol. Non si riesce a smettere. Fai una puntata, un’altra sola… poi finisci per rovinare la tua vita e quella della tua famiglia.

Per psicologi e medici suona il campanello d’allarme da quando si incrociano alcune condizioni di contesto: la crescente liberalizzazione che ha favorito la tolleranza sociale rispetto alle scommesse, la scarsa consapevolezza del problema e l’assenza di politiche per la prevenzione. Si aggiungono poi i fattori individuali di sempre che attraggono verso l’azzardo come l’inesperienza, la noia, le gratificazioni immediate. Nel periodo di crisi economica fattori sociali e fattori personali si combinano e aumentano il rischio del gioco compulsivo. È difficile sbarcare il lunario quando non si vedono alternative per cambiare la propria condizione, quando una società sembra immobile e non si trovano sbocchi, facilmente si è tentati di osare la fortuna. Si scambia l’azzardo con la speranza.

Ci sono tre strade per affrontare la situazione. Una via tocca il Servizio sanitario nazionale che dovrebbe incaricarsi di curare e riabilitare i malati. Un passo in avanti lo ha proposto il ministro Renato Balduzzi, insieme al ministro Andrea Riccardi, sostenendo l’iniziativa di inserire tra i livelli essenziali di assistenza proprio “la ludopatia”. Un’altra via da percorrere è nel campo dell’informazione. Bisogna rendere consapevoli i cittadini dei rischi che corrono. Uno slogan pubblicitario raccomanda di “giocare responsabile” forse non bastano le parole quando le immagini dicono altro. Gli spot attuali sono ambigui e alcuni ingannevoli. C’è necessità di una campagna seria che coinvolga tutte le realtà sociali oltre che tutti i media, dato che oggi per giocare è sufficiente un click. Infine per tutelare la legalità occorre proporre una chiara regolamentazione dei flussi economici, per evitare le interferenze del mondo della criminalità organizzata con i tentativi di riciclare denaro sporco.

Andrea Casavecchia

 

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