Filippo Casella, imprenditore di origine messinese che lavora da diversi anni nel catanese, è uno dei tanti che hanno avuto il coraggio di ribellarsi alla mafia ed ai suoi soprusi. La sua forte testimonianza l’ha portata anche ad Acireale, in occasione della XX “Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti della mafia”.
E l’ha fatto raccontando la sua storia a cominciare dalla prima telefonata di richiesta di soldi, poi al suggerimento di trovarsi un “buon amico”, e quindi agli accordi di un versamento rateizzato in cambio di protezione, come se si fosse trattato di un’assicurazione. Ma le richieste erano sempre più pretenziose, e poi c’erano anche i “regali” straordinari in occasione delle feste. Ma non era finita lì, perché quando Filippo cominciò a protestare, cominciarono anche le rapine ai suoi furgoni. Ma pure la minaccia di farlo saltare in aria con la sua casa e tutta la sua famiglia. Finché Filippo, stanco, disse “basta”. E denunciò i suoi estortori, facendo nomi e cognomi, facendoli arrestare, processare e condannare.
Alla fine della manifestazione lo abbiamo avvicinato per scambiare due chiacchiere con lui. E così ci ha raccontato, con dovizia di particolari, qualche altro episodio della sua vicenda personale. Come di quella volta in cui, dopo un alterco con i suoi estortori, ha chiamato i carabinieri ed ha bucato le gomme della loro auto per evitare che scappassero prima dell’arrivo delle forze dell’ordine. Ma, beffa nella beffa, è stato arrestato lui per danneggiamento, finché è stato tutto chiarito ed è arrivata per lui la “liberazione”. Liberazione in tutti sensi, perché lo scopo ultimo dell’organizzazione criminale era quello di prendere il suo posto, cioè di impossessarsi della sua azienda, così come aveva fatto e continua a fare con altri, con quelli che non hanno il coraggio di opporsi in maniera decisa.
A questo punto ci è venuto istintivo rivolgergli una domanda: “Ma dopo la denuncia ed il processo, nessuno l’ha più disturbata?”. “No – ha risposto lui deciso – perché quando ‘quelli’ capiscono che non ci esce niente, non perdono più tempo e si rivolgono altrove. Inoltre prima, con tutti gli esborsi a cui ero costretto, la mia azienda si manteneva stentatamente in equilibrio e rischiava di andare in crisi. Adesso è invece in crescita. Per cui, a conti fatti, mi pento un poco di non essermi ribellato prima.” “Ha trovato sostegno – gli chiediamo ancora – nelle forze dell’ordine e nella magistratura?”. “Sì, sempre – risponde –. Per cui, a mio parere, conviene sempre ribellarsi, anche nei casi, sempre più comuni, del furto dell’auto o del motorino che vengono poi restituiti col sistema del ‘cavallo di ritorno’, cioè dietro pagamento di un riscatto.” “Adesso – conclude – giro tranquillamente senza scorta, faccio serenamente il mio lavoro, espongo sui miei automezzi il distintivo di ‘Addio pizzo’ e non ho più problemi.”
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