Domenica 18 gennaio, in occasione della Giornata mondiale del migrante e del rifugiato, si è svolta nella chiesa parrocchiale di Carruba una celebrazione molto significativa nel segno dell’accoglienza e dell’amicizia, dell’unione e della fratellanza tra popoli diversi presieduta dal vescovo, mons. Antonino Raspanti. L’occasione è stata data dal Battesimo di un bimbo, Stefano Gregorio, figlio di una coppia italo-venezuelana, a cui hanno partecipato anche un gruppo di amici e parenti provenienti appunto dal Venezuela.
La celebrazione, che ha visto la partecipazione di moltissime persone nonostante le condizioni meteorologiche avverse, è stata accompagnata dal coro di Carruba con
canti in spagnolo e in italiano e ha avuto il suo momento culminante nella proclamazione del Vangelo nelle due lingue e nell’omelia del nostro Vescovo. Commentando le letture, mons. Raspanti ci ha ricordato come tutti siamo stati chiamati da Dio alla vita e ad una missione, e come anche il piccolo Stefano sia stato chiamato alla vita da Dio, tramite il suo papà e la sua mamma. Quella piccola vita è quindi il segno tangibile di come l’amore di Dio per l’uomo non veda le frontiere che spesso separano i popoli. Per questo la Chiesa deve allargare le sue braccia per accogliere tutti, senza distinzioni e senza confini, per annunciare a tutti che Dio è amore.
Infatti “Chiesa senza frontiere, madre di tutti” è il tema scelto quest’anno dal santo Padre per la Giornata mondiale del migrante: la Chiesa, madre di tutti, deve diffondere nel mondo la cultura dell’accoglienza e della solidarietà , secondo la quale nessuno è inutile o da scartare.
Mons. Raspanti ci ha ricordato nell’omelia le difficoltà di tante persone che lasciano i luoghi di origine e intraprendono un viaggio della speranza con un bagaglio pieno di desideri e di paure, alla ricerca di condizioni di vita più umane. Spesso essi suscitano però disinteresse se non diffidenza e ostilità, venendo quindi emarginati, e ciò anche dalle comunità ecclesiali che
dovrebbero invece avere come fondamento la “cultura dell’incontro”, l’unica capace di costruire un mondo più giusto e fraterno.
La celebrazione eucaristica nelle due lingue, spagnolo e italiano, è stata emozionante perché ci ha fatto sentire come, al di là delle differenze linguistiche, tutti noi cristiani condividiamo la stessa fede e gli stessi valori, pur vivendo in luoghi così lontani fra loro, e come la Chiesa sia davvero “madre di tutti” e noi, suoi figli, siamo tutti fratelli in Cristo Gesù.
Dopo la S. Messa nel salone parrocchiale c’è stato il pranzo comunitario, un momento di gioiosa condivisione che “fà famiglia”, è sempre utile a rafforzare i sentimenti di conoscenza e di amicizia e ci ha fatto anche scoprire i sapori di una cucina , quella venezuelana, che non conoscevamo. Il salone era stato allestito con cura e rallegrato dai colori della bandiera del Venezuela in onore degli ospiti mentre la musica e i balli dei ragazzi dell’oratorio parrocchiale hanno aggiunto un’ulteriore nota gioiosa .
L’augurio che possiamo farci è che tutti noi possiamo cogliere l’opportunità che ci è stata offerta da questa giornata, che essa diventi un’occasione di crescita e di arricchimento per ciascuno di noi, sulla via dell’accoglienza fraterna e dell’integrazione.
Cinzia Petucco