Giovani europei / I piccoli semi di Taizè contro l’oppressione di poveri e minoranze

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Frère Alois, priore di Taizè

Parla frère Alois, priore della comunità fondata da frère Roger Schutz: “Certo, oggi si fatica nel cammino verso una maggiore unità europea: vi sono spinte nazionaliste. Ma pochi sono coloro che vogliono davvero tornare indietro. I giovani oggi in Europa viaggiano, imparano le lingue, amano incontrarsi liberamente tra persone di diverse nazioni”.

“Non è il successo che cerchiamo. Ma in un momento in cui il mondo è attraversato da tensioni, molti giovani europei

Frère Alois, priore di Taizè
Frère Alois, priore di Taizè

vorrebbero essere portatori di una speranza nei luoghi in cui vivono. Incontri come quello di Praga non sono fine a se stessi. Sostengono i giovani in questa loro profonda aspirazione”. Risponde così frère Alois (nella foto), priore della comunità di Taizé, a chi gli chiede il segreto del successo degli incontri europei di fine anno organizzati dalla comunità ecumenica fondata da frère Roger Schutz. Trentamila sono anche quest’anno i giovani che hanno scelto di trascorrere il Capodanno in preghiera. Gli italiani sono il gruppo più numeroso, dopo polacchi e ucraini. E ad invocare una luce di speranza per il nostro continente ci sono cattolici, ortodossi, protestanti, insieme. L’incontro quest’anno si svolge a Praga ed è centrato sulla chiamata di Gesù ad essere sale della terra. “Gesù – sottolinea subito frère Alois – non dice: ‘dovete essere’. Ma semplicemente: ‘Voi siete il sale della terra’. Il sale viene mescolato con la terra dell’umanità. Cristo ci invia ovunque a portare la buona notizia dell’amore di Dio”.

Quale contributo ha dato quest’anno la città di Praga all’incontro di Taizé?

“La situazione dei cristiani nella Repubblica ceca ci fa riflettere. Sono qui una minoranza come lo sono in molte parti del mondo, e come lo erano i primi cristiani. Essi sono il sale della terra, non cercano il potere, non impongono le proprie opinioni alla società, ma sono umili artigiani di pace e di giustizia laddove vivono”.

Sono centinaia i giovani europei, soprattutto francesi e inglesi, che partono per la Siria e si arruolano nell’Isis. La violenza sembra avere più attrattiva dell’amore. Lei come spiega questo fenomeno?

“Le partenze di questi giovani rappresentano un fatto grave. Oggi molti giovani sono trascurati, disorientati, non hanno lavoro, nessuna prospettiva futura. Non è la violenza ad attrarli, ma la ricerca di una causa che dia senso alla loro vita. Qualcosa per cui possano dire: ‘La mia vita ha un significato’. La domanda allora che ci assale è questa: come essere più vicini a questi giovani disorientati, come accompagnarli prima che prendano decisioni irrevocabili? Esistono – e ne siamo riconoscenti – uomini e donne che già stanno facendo tutto il possibile per fornire un tale sostegno ai giovani in difficoltà”.

Taizé è la casa dei giovani e della comunione. Il Papa ha parlato di Taizé a Istanbul. Ma l’Europa è alle prese con chiusure e nazionalismi. Da che parte stanno i giovani?

“Sono stato toccato dalle parole di Papa Francesco pronunciate ad Istanbul, perché ha espresso con grande precisione il fatto che i giovani ci spingono verso l’unità, senza ignorare che esistono questioni difficili da risolvere. Ha parlato di unità dei cristiani, ma ciò che ha detto può valere anche per la costruzione europea. Certo, oggi si fatica nel cammino verso una maggiore unità europea: vi sono spinte nazionaliste. Ma pochi sono coloro che vogliono davvero tornare indietro. I giovani oggi in Europa viaggiano, imparano le lingue, amano incontrarsi liberamente tra giovani di diverse nazioni. Per una maggiore armonia in Europa, i cristiani hanno una responsabilità in quanto seguono Cristo che chiama tutti gli uomini all’unità. Dobbiamo affrontare sfide sconosciute: come entrare positivamente nella mondializzazione senza che questo processo abbia come conseguenza l’oppressione dei più poveri o delle minoranze? Sono queste le domande che affascinano i giovani e alcuni di loro sono disposti a scommettere la loro vita in questo tipo di ricerca di solidarietà umana. Vorremmo sostenere questa corrente, anche se è umile e talvolta nascosta”.

Sia sincero: ma davvero lei crede che in un mondo come quello attuale ci sia ancora spazio per la speranza?

“Vorrei portare sul futuro uno sguardo di fiducia e per questo conto sui molti giovani che accogliamo a Taizé e sono pieni di speranza per il futuro. Il nostro incontro europeo sostiene tale speranza. Forse questi ragazzi sono segni di contraddizione dal momento che vediamo diffondersi nelle società scoraggiamento e malcontento. Quale può essere il nostro contributo, come cristiani, per suscitare una speranza? La nostra fede è autentica solo nella misura in cui si incarna in una fraternità. È questo il cuore del messaggio evangelico. Per contribuire a modellare il volto della società di domani, non dobbiamo noi cristiani essere in prima linea e cercare di realizzare questa fraternità inaugurata da Cristo? Scopriamo allora che la felicità non si trova nel ‘ognuno per sé’, ma nella solidarietà tra gli esseri umani. Forse possiamo gettare solo piccoli semi. Ma Dio ha potuto rivelarsi nella storia, perché alcune persone – come Abramo e Maria – hanno creduto che nulla era impossibile a Lui”.

Maria Chiara Biagioni

 

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