Sono sempre di più i giovani in fuga dall’Italia che decidono di lasciare il Belpaese per cercare all’estero migliori opportunità di lavoro. Secondo i dati Istat, tra il 2012 e il 2021 l’andamento delle cancellazioni anagrafiche per l’estero è stato crescente. Sono circa 337.000 i giovani espatriati di 25-34 anni che decidono di cercare fortuna altrove. Secondo i dati vi è stato un picco nel 2019, rallentato leggermente durante l’anno della pandemia, a causa delle limitazioni ai trasferimenti. C’è stata un’ulteriore riduzione dei flussi in uscita del paese nel 2022 rispetto al 2021, ma i dati rimangono allarmanti. Si riporta che tra il 2021 e il 2022 hanno lasciato l’Italia più di 80.000 giovani di età compresa tra i 18 e 34 anni.
Giovani in fuga dall’Italia: perché lasciano il paese?
Il Presidente Mattarella in occasione della presentazione del “Rapporto Italiani nel mondo” ha commentato questo fenomeno. “In molti casi chi lascia il nostro Paese lo fa per necessità e non per libera scelta, non trovando in Italia una occupazione adeguata al proprio percorso di formazione e di studio”. Sono molte le motivazioni che spingono i giovani a lasciare il paese. Quelle più evidenti sono le più agevolate possibilità di carriera che trovano all’estero e la consapevolezza che il merito venga più facilmente premiato altrove. Ma anche il volere fare un’esperienza e arricchire il proprio bagaglio professionale, come più semplicemente il volere guadagnare di più.
Vi possono essere anche fattori che, pur non essendone il motivo principale, per qualcuno contribuiscono comunque alla decisione di abbandonare l’Italia. Un esempio è il fatto che altri paesi dispongono di politiche che tendono al benessere della famiglia e che migliorano le condizioni delle mamme lavoratrici. Il nostro paese, invece, è più arretrato da questo punto di vista. Basti pensare alla netta differenza tra congedo di maternità e paternità in Italia, rispetto ad altri paesi europei.
Giovani fuga dall’Italia: dati per regione
Sempre secondo i dati riportati dall’Istat, nel 2021 si registrano tassi de emigratorietà superiori alla media nazionale al Nord (2%) e inferiori al Centro-sud (1,5%): oltre la metà degli espatri nasce nelle regioni del nord italia, con i tassi più elevati in Trentino-Alto Adige (2,7%) e Valle D’Aosta (2,5%) seguiti da Lombardia, Veneto, Piemonte, Friuli-Venezia Giulia e Marche. Le regioni con il tasso di emigratorietà per l’estero più basso sono invece Puglia e Lazio (circa 1,2%). Per quanto riguarda le province, i tassi più elevati di emigratorietà degli italiani si rilevano a Bolzano, Mantova, Trieste, Vicenza, Macerata, Imperia, Como, Brescia, Biella, Varese, Treviso e Aosta. Quelli più bassi si registrano nelle province di Foggia, Taranto, Barletta-Andria-Trani, Roma e Bari.
Lo spopolamento del Sud
È necessario menzionare che questo fenomeno di emigrazione non coinvolge solo coloro che decidono di emigrare al di fuori dell’Italia. I dati dell’Istat ci dicono anche infatti che tra il 2012 e il 2021 sono stati circa 1 milione 138.000 i movimenti in uscita dal Sud e dalle Isole verso il Centro-nord e circa 613.000 quelli sulla rotta inversa. Il che ha causato una perdita di 525.000 residenti per il Sud.
La regione del Sud da cui si parte di più è la Campania (30%), seguita da Sicilia (23%) e Puglia (18%). La regione verso cui si dirigono prevalentemente questi flussi è, in termini assoluti, la Lombardia (28%). In termini relativi, l’Emilia-Romagna è quella che li attrae di più. La provincia del Sud da cui si registrano più partenze verso il Centro-nord è Napoli in termini assoluti, mentre Crotone ha il tasso di emigratorietà più elevato. Viceversa, la provincia che riceve più emigrati dal meridione è Milano. Ma in termini relativi, l’area metropolitana di Bologna è quella che attrae di più.
Nel 2021 il bilancio nel Nord del Paese per numero di laureati è risultato positivo proprio grazie a questo afflusso di giovani provenienti dal Sud. Quest’ultima parte interessata da perdite più rilevanti che provocano lo svuotamento del territorio.
Un italiano emigrato su quattro ha almeno la laurea
Ancora una volta i dati Istat rivelano che nel decennio 2012-2021 è espatriato dall’Italia oltre 1 milione di residenti, di cui circa un quarto in possesso della laurea. Di quei 337.000 giovani espatriati, infatti, oltre 120.000 erano laureati. I rimpatri di giovani sono circa 94.000 nel periodo 2012-2021, di cui oltre 41.000 con una laurea. Per questo motivo la differenza tra i rimpatri e gli espatri dei giovani laureati è costantemente negativa e presenta una perdita complessiva per l’intero periodo di oltre 79.000 giovani laureati. Una nota positiva: i dati più recenti ci mostrano che il 2021 è stato l’anno che ha presentato il più basso saldo migratorio dei giovani adulti tra i 25-34 anni degli ultimi sei anni. È rimasta stabile, però, la quota dei laureati sul totale dei giovani espatriati.
Giovani in fuga dall’Italia: quali sono le mete favorite?
I giovani italiani chiaramente vedono nei paesi relativamente vicini la giusta meta per un nuovo futuro professionale o formativo. I dati Istat ci riferiscono che la scelta ricade principalmente in Europa. Lo stato più gettonato durante il corso dell’ultimo decennio è il Regno Unito (la perdita netta di giovani laureati è di 19.000 unità), seguito da Germania (12.00 unità), Svizzera (9.000) e Francia (8.000). Secondo i dati forniti dalla fondazione Migrantes (Rapporto Italiani nel mondo 2022): il 78,6% di chi ha lasciato l’Italia per espatrio nel corso del 2021 è andato in Europa; il 14,7% in America, più dettagliatamente latina (61,4%); il restante 6,7% si è diviso tra continente asiatico, Africa e Oceania.
Il prezzo da pagare
Questa fuga di cervelli ha ricadute economiche rilevanti sul nostro paese. La fuga di migliaia di laureati all’estero, infatti, costa all’Italia miliardi di euro all’anno, soldi spesi per la loro istruzione. Questo perchè il capitale investito nella formazione della popolazione non si recupera a lungo termine. Secondo quanto detto dall’ex ministro dell’economia Giovanni Tria: “Stiamo disperdendo talenti ma anche risorse: la fuga di cervelli all’estero che sta conoscendo l’Italia ci fa perdere circa 14 miliardi l’anno, ovvero poco meno dell’1% del Pil”. Siamo davanti ad una vera e propria emergenza. Questo fenomeno, se dovesse persistere o aumentare, potrebbe provocare conseguenze disastrose per il nostro paese.
Investire sui giovani è la chiave per il futuro
I giovani, soprattutto i più brillanti, ormai sono persino incoraggiati a lasciare il paese da familiari, docenti, amici. Vengono sempre più esortati a non sprecare tempo qui, a costruirsi un futuro altrove, dove e come meglio credono. Siamo arrivati a un punto in cui la scelta di rimanere nel nostro paese è considerata un’occasione mancata. Abbandonare il paese senza prospettiva di ritorno, invece, non è più considerata una scelta, ma una necessità. È come se ci fosse una rassegnazione generale, ma questo tipo di mentalità può essere pericolosa per il futuro del paese.
Ma non siamo a un punto di non ritorno: è ancora possibile interrompere questo fenomeno di “fuga di cervelli”, ma c’è bisogno di cambiamenti. È necessario che si facciano maggiori investimenti sull’istruzione dei giovani, che il sistema educativo italiano venga modernizzato. Che questo tenga conto di grandi opportunità nuove offerte da a ICT, agricoltura, ristorazione e turismo. Ma che cessino le solite raccomandazioni a scapito di una cultura del merito. Che vengano applicate delle leggi che agevolino i lavoratori, non che li ostacolino. Ma soprattutto, bisogna fare in modo che l’Italia diventi un Paese che non vede più i giovani come una spesa, ma come un investimento irrinunciabile.
Ottavia Pressato