Il messaggio che Giovedì Santo il vescovo mons. Raspanti ha mandato a tutti i sacerdoti della Diocesi, che avrebbero rinnovato la loro obbedienza e fedeltà al Signore se si fosse celebrata l’Eucaristica del mattino, mi stimola alcune riflessioni.
Il devastante virus che ha coinvolto il mondo intero, infatti, ci ha imposto alcune regole di comportamento che lascerà in noi dei segni, che ci porteranno inesorabilmente a cambiare il nostro stile di vita.
Ci diciamo, da più parti che questa esperienza ci sta cambiando e continuerà a richiederci nuovi modelli di comportamento: “Dopo l’epidemia non saremo più gli stessi”. Come saremo, mi chiedo.
Il Vescovo ci apre alcune piste di riflessione, perché ogni cambiamento se da una parte richiede senso di responsabilità e comporta rinunzie e sacrifici, dall’altra, offre nuove opportunità. Proviamo, allora, a guardare questo tempo come un tempo di grazia, da non sprecare ma da “custodire gelosamente nel cuore, alla scuola di Maria”.
Non possiamo non sentire il dolore per la sofferenza di quanti sono stati contagiati, per le vittime, i tanti decessi e le perdite di vite umane. Ma il richiamo del Vescovo invita ad alzare lo sguardo oltre, verso l’aldilà, dove sappiamo che la morte è stata sconfitta, perché “Cristo è risorto e ci precede in Galilea”, come ci ricorda l’annuncio di Pasqua.
Il Paese è molto provato, continua il Vescovo, in questo momento e siamo tutti chiamati a contribuire alla sua rinascita e a quella del nostro territorio. “Serve una riscossa morale”, come hanno fatto prima i nostri padri, non possiamo tirarci indietro, perché il Paese attende il contributo dei cattolici”, “la nostra riflessione, gli incoraggiamenti, il nostro lavoro” e specifica “il nostro compito è aiutare l’umanità a tornare a Dio”.
Quali uomini della trascendenza, spetta a noi vivere e insegnare a vivere il presente con lo sguardo rivolto al futuro, che non è lontano; la sua consistenza è nel presente, in cui si radica il futuro, verso il quale andiamo e che ci viene incontro, “sottratto al nostro sguardo da un sottile velo. Ma esso è il vero e unico motore del presente”.
Credo che anche a noi laici, popolo di credenti, fedeli della messa domenicale e uomini di buona volontà, queste parole possano essere di sprone e indurci ad un impegno sociale che guardi al domani con nuove categorie di valori a cui dare il primato.
La “riscossa morale” riguarda tutti, come pure la “riflessione”, frutto del pensiero intelligente di tutti i cittadini onesti e leali, professionisti e lavoratori di ogni categoria.
A noi credenti, però, spetta un oltre, che è l‘incoraggiamento agli sfiduciati, ai più oppressi, ai più fragili dell’umanità, perché la fede negli insegnamenti del Vangelo, esplicitamente annunziata e coerentemente vissuta nel quotidiano, rafforza la speranza che per ciascuno sia possibile una vita dignitosa e meno dura. Il coraggio di fidarsi e, talvolta anche, di affidarsi , di confrontarsi e non scontrarsi, di scegliere il dialogo e non creare barriere e mura, consolida gli uomini e rende la società più forte.
Abbiamo bisogno di guardare oltre, con sguardo e mente limpidi, facendo cadere le diffidenze e i privilegi, lavorando con lealtà e spirito di collaborazione, offrendo ciascuno il meglio di sé.
Abbiamo il coraggio di sconfiggere il male con l’Amore, sostiene il Vescovo nell’omelia della Messa “in Coena Domini” della sera, commentando il tradimento di Giuda e il rifiuto di Pietro nel farsi lavare i piedi. Perché è vero che non tutti siamo puri e che abbiamo bisogno di lavarci e lasciarci purificare per poter guardare l’altro, per stare accanto con fiducia e considerare ogni uomo amico, fratello, bisognoso di amore e di verità come noi.
Occorre da parte nostra, però, un atto di umiltà per abbandonarci nell’abisso d’amore che il cuore di Cristo ci offre. E’ Cristo stesso che per primo si è umiliato, diventando per noi servo, maltrattato e messo a morte. Ma Dio lo ha risuscitato e ci regalato la vittoria sul male. Per noi è più facile ora provare a stare tra le sue braccia, sentire come il giovane apostolo Giovanni quel cuore, colmo di tanto amore che ci lascia sgomenti. Abbracciare Lui vuol dire essere salvati dal male. Solo l’orgoglio, la superbia, possono impedirci di inabissarci in questo amore. Non siamo ciechi, impariamo a scegliere il Bene, l’Amore misericordioso, infinito che Dio ci offre.
Se questa epidemia ci consentirà un cambiamento di mentalità e ci renderà più umani, allora anche per noi i sacrifici di questo tempo non saranno stati vani. Cammineremo insieme sulle strade delle nostre città da concittadini, ovunque nel mondo poggeremo i nostri piedi.
Buona Pasqua.
Teresa Scaravilli