Il presidente della Conferenza episcopale italiana: “La Chiesa cattolica e il Papa vogliono rassicurarli e chiedere agli adulti che non abbandonino i giovani sia sotto il profilo della testimonianza nei valori morali, nella visione di una vita seria e non effimera; sia dal punto di vista dell’impianto sociale, lavorativo, economico”.
Alle migliaia di giovani italiani presenti a Rio l’augurio di “tornare missionari nelle loro parrocchie, nei loro gruppi. Missionari dei propri coetanei” In un tempo difficile di crisi e perdita dei valori, in cui è diventato sempre più complicato pensare al proprio futuro per la mancanza di lavoro, “i giovani non devono sentirsi soli di fronte alla vita”. La Chiesa e il Papa sono al loro fianco accompagnandoli mano nella mano e chiedendo al mondo degli adulti l’assunzione di una responsabilità. Questo il messaggio che il cardinale Angelo Bagnasco, presidente dei vescovi italiani, vuole comunicare al cuore dei giovani. Lo fa da una città – Rio de Janeiro – che in questi giorni di Gmg è diventata la capitale del mondo giovanile. Il Sir ha incontrato il cardinale Bagnasco. In un tempo difficile di crisi e perdita dei valori, in cui è diventato sempre più complicato pensare al proprio futuro per la mancanza di lavoro, “i giovani non devono sentirsi soli di fronte alla vita”.
Che impressione le ha fatto l’arrivo ieri di Papa Francesco a Rio de Janeiro?“L’impressione di una grande attesa che finalmente trova la sua realizzazione nell’incontrare il Santo Padre. Per la prima volta, il Papa esce dall’Italia e torna nel suo continente, a casa. Questa gioia dimostra ancora una volta quanto il mondo, cattolico e non solo, veda nella persona di Papa Francesco un punto di riferimento importante per tutti. Penso che sia un segno di speranza non soltanto per la comunità cristiana e per questo continente ma per il mondo intero”.
Il Santo Padre nella sue prime parole ha dimostrato tutto il suo affetto e la sua attenzione verso i giovani. E rivolgendosi ai governanti e alle persone che ne hanno responsabilità, ha chiesto che s’impegnino a costruire per loro un mondo migliore. Da questo punto di vista, quale Gmg abbiamo davanti?“La Chiesa, innanzitutto nelle parole e nella persona del Santo Padre, vuole dire e rassicurare il mondo giovanile che non è abbandonato dagli adulti, che non deve sentirsi solo. I giovani non devono sentirsi soli di fronte alla vita, di fronte al mondo del lavoro, di fronte al proprio futuro come invece c’è pericolo oggi soprattutto in Occidente ma non solo. Anche in Italia, i giovani fanno fatica a pensare al proprio futuro per la mancanza del lavoro, per la difficoltà a entrare nel mondo lavorativo e quindi a fare un progetto di vita. La Chiesa cattolica e il Papa vogliono rassicurarli e chiedere a tutto il mondo degli adulti che non abbandonino i giovani sia sotto il profilo della testimonianza nei valori morali, nella visione di una vita seria e non effimera; sia dal punto di vista dell’impianto sociale, lavorativo, economico. Quindi una grande rassicurazione che non vuole essere solo formale o verbale, ma che chiama in causa la responsabilità vera e concreta del mondo degli adulti”.
Proprio ieri il Papa ha chiesto di combattere la cultura dello scarto per favorire l’inclusione. Quale voce di speranza porterà il Papa perché nessuno si senta abbandonato? “I gesti e le parole significative che il Papa compie e dice, sono un messaggio continuo perché tutti si possano sentire a casa, nella Chiesa, e su questa terra, dono di Dio. Questi forti richiami, corredati da gesti importanti, sono un messaggio universale non soltanto per i credenti ma per tutti gli uomini di buona volontà. In un mondo soprattutto occidentale fortemente consumistico, segnato dal benessere – nonostante la crisi – e dalla tecnologia, in un mondo dove sempre più ha valore e preponderanza la categoria dell’efficienza, occorre riportare sempre di più le categorie dell’inclusione, della solidarietà, dell’accoglienza, del limite. Il limite inteso non come una condanna ma come un arricchimento per tutta la comunità: i limiti nostri e dei nostri fratelli chiedono a tutti una responsabilità in più. Il limite non deve essere confinato e nascosto e se possibile anche eliminato, ma assunto. Preso in carico non soltanto dalla famiglia dove il limite di un figlio malato, di una disoccupato, di una persona anziana segna la vita, ma assunto da una società, chiamata a essere non soltanto un agglomerato di efficienza ma una comunità di vita”.
La Gmg vede tradizionalmente la comunità cristiana italiana tra le più impegnata e partecipi. A Rio sono attesi circa 10mila giovani e la Chiesa italiana è presente con i suoi vescovi e l’impegno concreto per un centro di recupero per tossicodipendenti che la Cei ha finanziato attraverso i fondi dell’8xmille. “La Chiesa italiana porta avanti da anni la sua storia sia nella propria terra sia fuori dal Paese, anche con la provvidenza dell’8xmille che viene in larga quota destinato al cosiddetto Terzo Mondo per progetti di carattere educativo, sociale e culturale. Questa storia di vicinanza, prossimità e solidarietà che fa parte del messaggio cristiano, in Italia è particolarmente radicata: pensiamo soltanto alle 225 diocesi che indicano il radicamento e la vicinanza della Chiesa alla gente. Questa storia, la Chiesa italiana non l’ha mai tenuta per se stessa – sarebbe assurdo – ma la testimonia e la esporta fuori dal Paese con spirito di servizio e fraternità senza cercare riconoscimenti che non servono, ma in spirito di fraternità dove Chiese sorelle si aiutano vicendevolmente. Il centro di recupero da tossicodipendenze è un segno che si va ad aggiungere a una storia che nel nostro Paese segna da decenni la vita della Chiesa”.
Quale augurio vuol fare ai 10mila giovani italiani presenti a Rio? “Auguro che ritornino missionari nelle loro parrocchie, nei loro gruppi. Missionari dei propri coetanei. Missionari grazie a un’esperienza che ancora una volta sarà di grande impatto non solo emotivo ma sostanziale e sarà vissuta con il Papa, con i vescovi, nelle Chiese locali, tra i giovani. Mi auguro che possa come le altre volte far crescere la fede nei nostri ragazzi perché diventi una fede sempre più convinta, più gioiosa e, quindi, sempre più desiderosa di comunicarsi a tutti. In modo particolare, i giovani devono essere missionari dei giovani”.
Maria Chiara Biagioni e Daniele Rocchi