Riportiamo le riflessioni del professor Francesco Pira in merito alla paura di ritrovarci simultaneamente coinvolti in quella che viene definita come Terza Guerra Mondiale, sottolineando l’appello giusto e inascoltato del Papa per i corridoi umanitari.
La narrazione della migrazione continua a fare leva, utilizzando termini che alimentano la paura e il rifiuto, alimentando il linguaggio d’odio. Il termine clandestino, considerato giuridicamente errato, continua ad essere ampiamente inserito nei titoli dei giornali. Così come continua ad essere utilizzato un linguaggio che spersonalizza i migranti “descritti come entità plurale”, narrati come merce da spostare e collocare.
“Il profugo. Frammentato. Sfigurato. Alienato. Respinto. Allontanato. Emarginato. Spossato. Vinto. Ma poi finalmente accolto” con queste parole Fabrizio Caramagna, autore italiano e scrittore di aforismi più noto al mondo, definisce la persona che fugge dalla sua terra e che merita accoglienza. Accogliere significa essere in grado di capire la sofferenza dell’altro e di curare le ferite di chi ha bisogno. Affetto e rispetto sono i segni dell’accoglienza autentica e sincera.
Guerra / Pira: l’appello del Papa
Ancora una volta, Papa Francesco, in udienza i rifugiati giunti in Europa attraverso l’iniziativa comune di Sant’Egidio, Chiese evangeliche, Tavola valdese e Chiesa italiana, ha provato a far ragionare la politica, facendo riferimento all’ultima tragedia umanitaria accaduta a Cutro. Una strage che non solo non deve più ripetersi, ma che ci ha mostrato anche i diversi volti dell’indifferenza.
Il Papa esercita il suo ruolo che è anche quello di essere un capo di Stato e deve cercare di far comprendere come oggettivamente non è proprio possibile che si ripetano situazioni cosi dolorose. Tante, anzi tantissime, persone sono morte in mare e ci siamo preoccupati di contare i numeri e di aggiornare le statistiche, ma il Vangelo ci invita a non pronunciare un semplice “pazienza…” e ci esorta a fare qualcosa per chi scappa dalla fame e dalla guerra. Il Pontefice ha chiesto di aprire dei corridoi umanitari. Ques’ultimi per cercare di fare spazio a quelle che sono le vie di accesso legale per salvare più vite umane possibile. È fondamentale evitare che i migranti scelgano di dare fiducia ai trafficanti.
Guerra / Pira: l’appello del Papa per i corridoi umanitari
“Quel naufragio non doveva avvenire, e bisogna fare tutto il possibile perché non si ripeta – ha affermato il Papa – I corridoi umanitari gettano dei ponti che tanti bambini, donne, uomini, anziani, provenienti da situazioni molto precarie e da gravi pericoli, hanno infine percorso in sicurezza, legalità e dignità fino ai Paesi di accoglienza. Essi attraversano i confini e, ancor più, i muri di indifferenza su cui spesso si infrange la speranza di tantissime persone. Occorrono ancora molti sforzi per estendere questo modello e per aprire più percorsi legali per la migrazione. Dove manca la volontà politica, i modelli efficaci offrono nuove strade percorribili. Il Mediterraneo si è convertito in un cimitero, è duro questo no? I corridoi umanitari servono ad assicurare vita, salvezza, poi dignità, inserimento”.
Questo l’appello del Vescovo di Roma che non può e non deve rimanere inascoltato. Parole forti che ci devono in qualche modo far comprendere che dobbiamo aiutare altri esseri umani. In molte parti del mondo ci sono delle guerre e ci sono delle persone che sono costrette a lasciare il proprio Paese, perché non possono più accettare condizioni di vita inaccettabili.
La narrazione della migrazione
La narrazione della migrazione continua a fare leva utilizzando termini che alimentano la paura e il rifiuto, alimentando il linguaggio d’odio. Il termine clandestino, considerato giuridicamente errato dalla Carta di Roma, continua ad essere ampiamente inserito nei titoli dei giornali. Così come continua ad essere utilizzato un linguaggio che spersonalizza i migranti “descritti come entità plurale”, narrati come merce da spostare e collocare che disumanizza la narrazione ed emerge dall’ottavo rapporto della Carta di Roma.
Per combattere questa apprensione è necessaria la capacità di gestire le informazioni e avere gli strumenti culturali giusti. Quando prevale l’informazione parziale, la rappresentazione della migrazione rimane qualcosa altro da noi, non promuove interrogativi, non ci fa superare la barriera costituita dall’immaginario dell’immigrato.
La società digitale
Così immagini ad alto tasso di drammaticità, decontestualizzate, suscitano emozioni nel pubblico e ne influenzano le decisioni. Si alterano così i processi di costruzione dell’opinione pubblica modificando il modo in cui coscienza e conoscenza agiscono. La società digitale è caratterizzata da un continuo e crescente fluire di informazioni. Quest’ultime obbligano ad uno sforzo maggiore di metabolizzazione delle stesse e non sempre risulta facile distinguere la verità.
Le indiscrezioni diventano notizia e la velocità con la quale viaggiano ha compresso i tempi della verifica fino quasi ad annullarli. L’emotività prende il sopravvento e come sostiene Evgenij Morozov, sociologo e giornalista bielorusso, l’eccesso di informazioni può divenire lo strumento per colpire le fasce più deboli della popolazione, travolte dalla confusione e dal timore. Ma non solo. Morozov sottolinea anche che l’emotività e la velocità minacciano l’integrità delle decisioni politiche.
Crisi nella rappresentazione della migrazione
Inutile negare che un sentimento di insicurezza attraversa l’Europa e l’Italia. Una crisi diffusa che investe le istituzioni, i governi e le basi della democrazia, soprattutto nella rappresentazione della migrazione dove si assiste alla costante alterazione della realtà. Un’era intrinsecamente mediatizzata che sta dando vita ad un intreccio complesso di interferenze tra sistema dei media, istituzioni e social network che è in grado di produrre azioni manipolatorie attraverso la veicolazione di numerose e pericolose fake news.
Tutti abbiamo il dovere di arginare situazioni estreme e c’è un ultimo atto che merita di essere menzionato. Un tentativo che mira a fermare quello che sembra essere un vero e proprio “genocidio”: torture, stupri, trasferimenti forzati e deportazione di bambini. La Corte Penale Internazionale ha emesso il mandato d’arresto per Vladimir Putin e Maria Lvova-Belova. Entrambi sono accusati di crimini di guerra, in particolare della deportazione illegale di bambini ucraini. L’annuncio dalla Corte dell’Aja deve servire a far riflettere e allo stesso tempo farci ragionare sugli orrori del conflitto a cui stiamo assistendo, ormai da un anno.
Guerra / Pira: l’appello giusto e inascoltato del Papa
C’è la paura di ritrovarci simultaneamente coinvolti in quella che viene definita come Terza Guerra Mondiale. È quasi incredibile pensare che si possa arrivare all’utilizzo di armi che fino ad oggi non abbiamo nemmeno immaginato ed è ancora più assurdo considerare possibile l’impiego delle armi nucleari.
Quindi, almeno per una volta, ascoltiamo questo Papa che sta cercando di cambiare le sorti del mondo. Quest’ uomo ha messo a disposizione il suo vissuto per cercare di portare pace e ha cercato di comprendere i mali del mondo, provando a combatterli ogni giorno come dovrebbe fare ognuno di noi che ha a cuore il rispetto dell’altro. Paolo Coelho ha scritto che solo “quando si avvicina uno straniero e noi lo confondiamo con un nostro fratello, poniamo fine a ogni conflitto” e noi abbiamo bisogno di imparare che bisogna tendere la mano a quanti hanno bisogno e che la diversità è fonte di ricchezza.
Francesco Pira
Delegato del Rettore alla Comunicazione all’Università di Messina, dove insegna comunicazione e giornalismo ed è coordinatore didattico del master in social media manager del Dipartimento di Civiltà Antiche e Moderne.