Guerra Russia-Ucraina: sono ormai trascorsi più di cento giorni dal 24 febbraio, giorno dell’invasione dell’Ucraina. Le Forze Armate Russe con gli alleati, e le opposte truppe di Kiev con i contractors si stanno impegnando in uno scontro militare che ha assunto una considerevole dimensione, divenendo giorno dopo giorno sempre più aspro, crudele, spietato e atroce.
Esso sta procurando un numero di vittime terrificante ed intollerabile, con morti, distruzioni di beni e devastazioni territoriali. Sta pure soprattutto spargendo sul terreno, ovunque, vicissitudini, peripezie e drammi di ogni genere, per le persone inermi che, più di tutte, sono direttamente sottoposte alle conseguenze di una guerra ingiusta ed ingiustificata, disumana e feroce. Guerra più guerra non fa pace, fa massacro.
Guerra Russia-Ucraina: lo spazio per la diplomazia
Occorre riconoscere che i pretesti, affinché gli Stati facciano ricorso alle armi e dichiarino le guerre, sussistono sempre. Sono allora le Organizzazioni internazionali a dover creare le condizioni idonee perché gli “strumenti della pace superino sempre quelli della guerra“. Come fu nella volontà del presidente americano John Kennedy, all’atto in cui affermò questo importante principio di diritto internazionale nel corso di un suo intervento dalla Tribuna del Palazzo di Vetro delle Nazioni Unite a New York.
Quali circostanze hanno allora impedito a questa crisi russo-ucraina di essere arginata attraverso le normali vie diplomatiche? La prima valutazione negativa da esaminare riguarda la sfiducia. Essa si è impadronita delle parti ed ha fatto venir meno il negoziato. Questo era pure stato avviato e sembrava promettere il necessario convincimento di poter approdare, alla fine, ad una bozza di accordo concreto. (Negoziazione franco-tedesca).
Sulla vis negoziale è sempre il pensiero del presidente statunitense ad illuminarci ancor oggi: “Non negoziare mai per paura, ma non aver mai paura di negoziare“. Questo principio, che è ritenuto da tutti un fondamentale caposaldo del diritto internazionale (lo fu anche della Dottrina Kennedy), nel caso in esame, non sembra sia stato esplorato con la dovuta tenacia. Ovvero perseguito comunque con tutto il necessario impegno (da tutte le parti, negoziatori e parti in causa).
Guerra Russia-Ucraina: il ruolo dell’Europa e gli accordi di Minsk
A mancare è stata, soprattutto, la fondamentale iniziativa di mediazione dell’Europa. Il conflitto è sorto in Europa ed all’Europa spetta l’attività di promozione delle soluzioni di pace. Di fronte all’Europa, paralizzata e priva di iniziative, ecco allora che la Turchia si è fatta avanti, con le sue proposte. D’altra parte, la Russia non è affatto isolata – come al contrario forse immagina l’Occidente – e c’è un pezzo di Pianeta che sostiene Mosca e le ragioni, o rivendicazioni, di Putin.
Al punto in cui stanno le cose ora, con la guerra ancora in corso, bisogna partire dagli accordi di Minsk, del 2014-2015. Accordi che avevano allora lasciato filtrare all’esterno gli spazi per un processo diplomatico dell’intera questione Ucraina, a cui al momento sembra necessario dover ragionevolmente ritornare, per ritrovare il filo della matassa.
Tutto è fondamentalmente nato da una guerra intestina e dalla conseguente secessione delle Repubbliche del Donbass, filorusse, di Donetsk e Lugansk. Esse non accettavano più l’autorità del governo di Kiev. È comunque il caso di richiamare che la regione del Donbass è molto ricca di minerali di carbone. Forse questo fattore, più di altri, potrebbe spiegare la rottura dei rapporti con Kiev.
Gli accordi di Minsk /1, utili a sospendere i combattimenti già nel 2014, non riscossero però gli effetti sperati. Subito dopo iniziarono le negoziazioni per Minsk/2, col quartetto formato dalla Francia, e dalla Germania Federale, da un lato, e dalla Ucraina e dalla Russia, dall’altro.
Il processo giunse a presentare una proposta di accordo, in 13 elementi essenziali. Si sono naturalmente formate disparità interpretative su alcuni fondamentali aspetti delle intese. E sono state proprio queste osservazioni o obiezioni vicendevoli, tra Kiev ed il Donbass, che poi hanno finito per provocare la precipitazione nella violenza e nella guerra.
Conclusioni. Guerra Russia-Ucraina, sanare il conflitto
Per esempio, sull’applicazione delle riforme costituzionali, che prevedevano l’ampia autonomia ed il decentramento amministrativo delle Regioni di Donetsk e Lugansk, con statuto speciale e nuove leggi elettorali, per eleggere i rappresentanti al Parlamento Ucraino, Kiev ha opposto invece di non voler riconoscere alcuno statuto speciale. Ed ha fatto presente di limitarsi solo a concedere un ampliamento di poteri, in un più ampio decentramento. Alla base di queste disparità interpretative tra le Regioni filorusse e Kiev, c’era sempre la garanzia a Mosca circa la neutralità dell’Ucraina (e la non adesione di essa alla Nato (Alleanza Atlantica), garanzia mai concessa.
D’altra parte, le autonomie e le separazioni tra Stati sono sempre avvenute. (Basti pensare a quelle tra cechi e slovacchi, ovvero alla Slovenia dall’ex Jugoslavia). E sono state separazioni avvenute con i referendum popolari. La separazione del Donbass non deve essere considerata dall’Ucraina come il male assoluto. E neppure come il mezzo per alimentare a dismisura il conflitto che ha invece bisogno di essere al più presto sedato.
Guerra Russia-Ucraina: tutti collaborino per la pace
Per questo, tutte le parti hanno l’obbligo di collaborare per la pace. Non deve emergere la logica della vittoria del più forte. È anche vero che, nei rapporti tra capi di Nazione, la diplomazia non dovrebbe mai venir meno, fino a giungere a parole roboanti, dure o sarcastiche, che non aiutano certo quel clima di serenità, necessario in ogni caso, a comporre i conflitti. E che sono anche contrarie al fondamentale principio morale, secondo il quale “nessuno è senza peccato“. Viceversa, chiunque potrebbe ugualmente “scagliare la prima pietra“. anche se non ne ha il titolo.
A questo punto della contesa, la soluzione potrebbe essere vicina. Lo sbocco della questione potrebbe trovarsi nella nomina di una commissione di conciliazione dell’Onu, che dovrebbe avere il compito di promuovere l’accordo tra le parti (Kiev ed il Donbass), con lo studio delle questioni controverse e la raccolta di tutte le informazioni utili. Ove poi non si dovesse raggiungere comunque alcun accordo, la commissione formulerebbe un rapporto con la proposta della soluzione, che riterrebbe debba ricondursi alla controversia.
Sebastiano Catalano
Giovanna Fortunato