Al teatro India, dal 10 al 29 marzo, quattro spettacoli vincitori dell’edizione 2013. Una rassegna, quella realizzata dal Teatro di Roma insieme alla Federgat e in collaborazione con l’Acec, che punta coraggiosamente i riflettori sulle questioni fondamentali dell’uomo, alle prese oggi più di ieri con domande di senso universali
È la processione propiziatoria di “Paranza, il miracolo” (10-15 marzo) ad aprire la rassegna “Tra cielo e terra” con cui il Teatro di Roma, in collaborazione con la Federgat, porta in scena quattro spettacoli fra i vincitori de “I teatri del sacro” 2013, dedicati alla dimensione più autentica, fragile e per questo “sacra” dell’uomo contemporaneo.
La crisi economica, che morde e corrode l’esistenza di chi ha perso il lavoro – come i protagonisti dello spettacolo firmato da Clara Gebbia, Katia Ippaso, Enrico Roccaforte e Antonella Talamonti, che reclamano in una processione popolare il diritto alla casa, alla salute, al lavoro, insomma al riconoscimento della propria cittadinanza nella società – è il nocciolo di “Paranza, il miracolo” in cui la preghiera si fa canto corale e immagine della solidarietà: un valore da recuperare, anzi da esigere.
Quando sembrano prevalere la sofferenza e la paura, la ricerca di un senso profondo dell’esistenza rappresenta per tutti un motivo di speranza, e per tutti è uno spunto di riflessione e di approfondimento.
Così sul palcoscenico Laura Nardi e Danilo Nigrelli ripartono dalle domande semplici e spiazzanti dei bambini mettendo in scena le “Storie del Buon Dio” di Rilke (17-19 marzo): in un surreale “ufficio domande rimaste senza risposta” il teatro affida alla poesia delle ombre cinesi e dei burattini la descrizione del “Buon Dio” che i grandi hanno il compito di rivelare ai più piccoli.
Parlare dell’anima, parlare dello spirito è oggi una necessità che emerge con forza dalla crisi sociale e individuale che attraversa il nostro tempo, e che si acuisce nel momento in cui si vive un lutto. Al recupero dei riti e delle tradizioni che legano “i vivi con i morti” ma anche (e forse soprattutto) “i vivi con i vivi” è dedicato lo spettacolo “In canto e in veglia” (20-22 marzo), in cui Elena Bucci porta con sé lo spettatore attraverso le veglie funebri, con i loro carichi di pianti e risate, le soste silenziose della vita, i passaggi delle stagioni, ripercorrendo riti che la società ha sacrificato a un senso di libertà assoluta che sembra ora vacillare…
Come vacilla, alle porte di Gerusalemme, Clarel, giovane eroe in viaggio alla ricerca della fede, protagonista dello spettacolo realizzato da Valter Malosti (regista e interprete) sulla partitura dell’opera di Herman Melville “Clarel, poema e pellegrinaggio in Terra Santa” (27-29 marzo): 18mila versi che danno le vertigini e riecheggiano l’esperienza che Melville stesso fece in prima persona.
Una rassegna, quella realizzata dal Teatro di Roma insieme a Federgat e in collaborazione con l’Acec, che punta coraggiosamente i riflettori sulle questioni fondamentali dell’uomo, alle prese oggi più di ieri con domande di senso universali ed eterne eppure “drammaticamente” incarnate nel tempo e nello spazio. E non poteva che essere il teatro il luogo di questo “corpo a corpo” dello spirito: il palcoscenico si riappropria così della sua funzione sociale di agorà, di spazio per la dialettica, la riflessione, l’introspezione e il dubbio.
Risiede forse in questa inalienabile tensione vitale la forza del progetto de “I teatri del sacro”, che è arrivato alla sua quarta edizione (Lucca, 8-14 giugno 2015) confermando l’ambizione di provocare ogni uomo, protagonista o spettatore che sia, con le domande fondamentali dell’esistenza e della fede.
Attraverso un bando di concorso biennale, aperto alle compagnie italiane e non, ”I teatri del sacro” seleziona infatti progetti di spettacolo inediti, con la possibilità di usare ogni registro e ogni linguaggio teatrale (comico o drammatico, danza, prosa, circense o di figura non ci sono limiti), la cui unica necessaria costante è il gancio forte con il “sacro” nelle sue mille declinazioni ed emergenze.
Dalla fortunata intuizione di Federgat, della Fondazione comunicazione e cultura, dell’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali e del Servizio nazionale per il progetto culturale della Cei, che con la collaborazione dell’Acec hanno la paternità dell’iniziativa, è nato un progetto destinato a una ricaduta sociale e culturale di ampia portata, di cui la rassegna in programma a marzo al Teatro India sembra essere solo l’esempio più recente.
La crisi economica, che morde e corrode l’esistenza di chi ha perso il lavoro – come i protagonisti dello spettacolo firmato da Clara Gebbia, Katia Ippaso, Enrico Roccaforte e Antonella Talamonti, che reclamano in una processione popolare il diritto alla casa, alla salute, al lavoro, insomma al riconoscimento della propria cittadinanza nella società – è il nocciolo di “Paranza, il miracolo” in cui la preghiera si fa canto corale e immagine della solidarietà: un valore da recuperare, anzi da esigere.
Quando sembrano prevalere la sofferenza e la paura, la ricerca di un senso profondo dell’esistenza rappresenta per tutti un motivo di speranza, e per tutti è uno spunto di riflessione e di approfondimento.
Così sul palcoscenico Laura Nardi e Danilo Nigrelli ripartono dalle domande semplici e spiazzanti dei bambini mettendo in scena le “Storie del Buon Dio” di Rilke (17-19 marzo): in un surreale “ufficio domande rimaste senza risposta” il teatro affida alla poesia delle ombre cinesi e dei burattini la descrizione del “Buon Dio” che i grandi hanno il compito di rivelare ai più piccoli.
Parlare dell’anima, parlare dello spirito è oggi una necessità che emerge con forza dalla crisi sociale e individuale che attraversa il nostro tempo, e che si acuisce nel momento in cui si vive un lutto. Al recupero dei riti e delle tradizioni che legano “i vivi con i morti” ma anche (e forse soprattutto) “i vivi con i vivi” è dedicato lo spettacolo “In canto e in veglia” (20-22 marzo), in cui Elena Bucci porta con sé lo spettatore attraverso le veglie funebri, con i loro carichi di pianti e risate, le soste silenziose della vita, i passaggi delle stagioni, ripercorrendo riti che la società ha sacrificato a un senso di libertà assoluta che sembra ora vacillare…
Come vacilla, alle porte di Gerusalemme, Clarel, giovane eroe in viaggio alla ricerca della fede, protagonista dello spettacolo realizzato da Valter Malosti (regista e interprete) sulla partitura dell’opera di Herman Melville “Clarel, poema e pellegrinaggio in Terra Santa” (27-29 marzo): 18mila versi che danno le vertigini e riecheggiano l’esperienza che Melville stesso fece in prima persona.
Una rassegna, quella realizzata dal Teatro di Roma insieme a Federgat e in collaborazione con l’Acec, che punta coraggiosamente i riflettori sulle questioni fondamentali dell’uomo, alle prese oggi più di ieri con domande di senso universali ed eterne eppure “drammaticamente” incarnate nel tempo e nello spazio. E non poteva che essere il teatro il luogo di questo “corpo a corpo” dello spirito: il palcoscenico si riappropria così della sua funzione sociale di agorà, di spazio per la dialettica, la riflessione, l’introspezione e il dubbio.
Risiede forse in questa inalienabile tensione vitale la forza del progetto de “I teatri del sacro”, che è arrivato alla sua quarta edizione (Lucca, 8-14 giugno 2015) confermando l’ambizione di provocare ogni uomo, protagonista o spettatore che sia, con le domande fondamentali dell’esistenza e della fede.
Attraverso un bando di concorso biennale, aperto alle compagnie italiane e non, ”I teatri del sacro” seleziona infatti progetti di spettacolo inediti, con la possibilità di usare ogni registro e ogni linguaggio teatrale (comico o drammatico, danza, prosa, circense o di figura non ci sono limiti), la cui unica necessaria costante è il gancio forte con il “sacro” nelle sue mille declinazioni ed emergenze.
Dalla fortunata intuizione di Federgat, della Fondazione comunicazione e cultura, dell’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali e del Servizio nazionale per il progetto culturale della Cei, che con la collaborazione dell’Acec hanno la paternità dell’iniziativa, è nato un progetto destinato a una ricaduta sociale e culturale di ampia portata, di cui la rassegna in programma a marzo al Teatro India sembra essere solo l’esempio più recente.
Tiziana Vox