Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk, arcivescovo maggiore della Chiesa greco-cattolica, dopo la visita ad limina e le parole di conforto del Papa, ha illustrato l’enorme lavoro di Caritas e parrocchie per aiutare la popolazione. Appello alla comunità internazionale per un’azione umanitaria a favore dei rifugiati. Libertà religiosa a rischio anche per ebrei di Donetsk e musulmani tartari della Crimea.
L’Ucraina non ha pace. Nonostante gli sforzi diplomatici e gli accordi di Minsk, si continua a combattere e a morire. L’ultima granata che ha scosso il Paese è stata fatta esplodere nella città di Kharkiv domenica 22 febbraio, durante una processione organizzata per ricordare un anno dalla “Rivoluzione della dignità”. Sua BeatitudineSviatoslav Shevchuk, arcivescovo maggiore della Chiesa greco-cattolica ucraina, a Roma con i vescovi ucraini per incontrare papa Francesco, descrive la sofferenza del popolo ucraino, dando i “numeri” di questo conflitto. Secondo le statistiche ufficiali dell’Onu la guerra ha già provocato un milione di sfollati. Le cifre non ufficiali parlano però di 2 milioni di persone in fuga dalla Crimea e dal Donbass alla ricerca di un posto sicuro. Tra loro, si contano almeno 140mila bambini. Sono ad oggi 6mila i morti e 12mila i feriti.
Nella città di Donetsk la gente muore di fame e il lavoro delle Caritas è in pieno fermento. Non c’è parrocchia e monastero nel Paese che non abbia aperto le porte agli sfollati. Le Caritas spesso diventano per questa gente l’unica “via della vita”. Sviatoslav Shevchuk racconta tutto questo parlando a Roma ai giornalisti al termine di una intensa settimana di “visita ad limina” vissuta tra gli uffici vaticani, per portare l’Ucraina nel cuore della Chiesa cattolica. “Usando le parole di papa Francesco – dice subito – la nostra Chiesa è diventata un ospedale da campo”. L’80 per cento della popolazione ucraina è impegnata attivamente nel volontariato ma “i nostri sforzi non sono sufficienti” e spesso quanto si fa nelle Caritas e nelle parrocchie “è una goccia nel mare della sofferenza umana”. Per questo l’arcivescovo lancia un appello alla comunità internazionale perché al più presto venga avviata un’azione umanitaria nel Paese a favore dei rifugiati.
Le guerre moderne vengono chiamate “ibride” perché si svolgono contemporaneamente su molti livelli e nella complessità delle situazioni è facile perdere di vista i responsabili, le cause, le soluzioni possibili. Prima di lasciare i giornalisti, l’arcivescovo Shevchuk ha detto: “La prima vittima della guerra ibrida è la verità. Siate testimoni della verità”. E la “verità” che i vescovi ucraini hanno voluto portare a Roma e a papa Francesco è che quanto l’Ucraina sta vivendo in queste ore è “una invasione straniera, una guerra imposta da fuori. Non un conflitto civile ma una guerra non dichiarata e non aspettata”. Anche la situazione della libertà religiosa è “carente” e a rischio: i “fratelli musulmani tartari della Crimea” sono dovuti fuggire perché perseguitati; anche gli ebrei di Donetsk hanno dovuto lasciare la regione del Donbass perché sono stati obbligati a registrarsi come ebrei e a pagare una tassa, una procedura tragicamente molto simile a quanto avveniva durante il nazismo. Per quanto riguarda invece la Chiesa cattolica, in Crimea 5 parrocchie hanno ricevuto la richiesta di rinnovare entro il 1° marzo l’autorizzazione a restare con il rischio che la domanda venga liquidata. Anche in questo caso, si tratta di una procedura che porta le lancette della storia indietro di molti decenni. “L’indifferenza – ha detto Shevchuk – uccide. Chiedo a tutti voi: non siate indifferenti a quanto sta accadendo in Ucraina. Questa guerra prima o poi toccherà tutti. Se non riusciremo a fermarla, domani ne soffrirete tutti in tutti i Paesi”.
Papa Francesco segue con attenzione il conflitto. Venerdì scorso i vescovi ucraini – a Roma per la visita ad limina. hanno potuto condividere con lui “i nostri dolori e le nostre gioie”. “Il Santo Padre – ha quindi raccontato Shevchuk – ci ha ascoltati con cuore paterno. Poi ha voluto sentire i vescovi di Donetsk e di Crimea. Si interessava dei particolari, ha chiesto come vive la gente. Si è interessato anche di come vivono i fratelli ortodossi. Ci siamo sentiti non solo accolti ma incoraggiati”. Parlando del Papa, Shevchuk ha più volte utilizzato il verbo “consolare”. “Due le frasi – ha poi aggiunto – che ci hanno particolarmente colpito: ‘Sono al vostro fianco, sono al vostro servizio”.
Maria Chiara Biagioni