Domandiamoci: quando è nata questa idea della carità del Papa attraverso la carità dei cristiani? Possiamo dire, senza timore di sbagliare, che è nata poco meno di duemila anni fa: ci avevano pensato già i primi cristiani di Gerusalemme. C’è un messaggio che continuamente ci invia Francesco: la Chiesa è una sola grande carità; la Chiesa è carità o non è. Una Chiesa che dimentica i poveri non è Chiesa
Domenica 28 giugno è la “Giornata per la carità del Papa”, nella quale il vescovo di Roma chiede ai fedeli di “dargli una mano” nel testimoniare al mondo che l’amore universale di Dio si manifesta attraverso l’amore efficace dei cristiani. Una Giornata forse non sufficientemente conosciuta dai cattolici. Vale la pena, quindi, riflettere sul suo significato.
Domandiamoci anzitutto: quando è nata questa idea della carità del Papa attraverso la carità dei cristiani? Possiamo dire, senza timore di sbagliare, che è nata poco meno di duemila anni fa: ci avevano pensato già i primi cristiani di Gerusalemme. Gli Atti degli Apostoli (4,32-35) raccontano che la Chiesa delle origini era fondata sulla carità verso i bisognosi, che diventava effettiva con il portare offerte agli apostoli, capitanati da Pietro, i quali pensavano poi a distribuirle. I cristiani, si afferma “avevano un cuore solo e un’anima sola”; manifestavano così che la Chiesa è carità. È quanto intende manifestare la Giornata per la carità del Papa: dire al mondo che la risurrezione di Cristo la si testimonia prima di tutto con una carità concreta che passa attraverso le mani del Papa.
Possiamo poi domandarci come deve essere compiuta la carità che i cristiani fanno al Papa perché lui la doni ai poveri del mondo. La risposta la troviamo nella seconda lettera di San Paolo ai Corinzi – nella quale l’Apostolo organizza una colletta a favore dei poveri di Gerusalemme -, in cui indica lo stile di questa carità che passa attraverso l’apostolo, fatto anzitutto di generosità; afferma infatti: “Chi semina scarsamente, scarsamente raccoglierà e chi semina con larghezza, con larghezza raccoglierà”. Uno stile, inoltre, fatto di gioia: “Ciascuno dia secondo quanto ha deciso nel suo cuore, non con tristezza, né per forza, perché Dio ama chi dona con gioia” (9,6-7).
Questo deve essere la Giornata per la carità del Papa: la testimonianza della carità gioiosa, la garanzia che la resurrezione di Cristo viene testimoniata anzitutto dalla carità verso i poveri. È il messaggio che continuamente ci invia papa Francesco: la Chiesa è una sola grande carità; la Chiesa è carità o non è. Una Chiesa che dimentica i poveri non è Chiesa, nega se stessa, perché nasconde la verità fondamentale del Vangelo: che Dio è amore universale, e che la Chiesa deve testimoniarlo. Testimonia pure, questa Giornata, che, come è vero che “credere, si crede insieme”, è altrettanto vero che “amare, si ama insieme”: insieme al Papa, per mezzo suo, con carità unica e indivisa.
Ecco perché è importante che la Giornata per la carità del Papa sia annunciata, promossa, sostenuta con decisione in tutte le diocesi, le parrocchie, le comunità cristiane. Deve essere vissuta come esperienza “cattolica” nel senso vero del termine.
Questo nella consapevolezza che oggi i poveri bisognosi di essere sorretti, vestiti, sfamati, si sono moltiplicati; di conseguenza, deve moltiplicarsi l’amore, la generosità, la gioia, secondo l’insegnamento di San Paolo: “C’è più gioia nel dare che nel ricevere” (Atti, 20,35). Certamente, in tutte le nostre parrocchie, si opera con carità verso i poveri; la Giornata della carità del Papa ci aiuta ad allargare lo sguardo, ad aprire il cuore, a misurare la nostra carità sulla carità universale di Dio, che è Padre di tutti.
Nella vita del Patrono della mia città, Omobono, Santo della carità vissuto nel XII secolo, la tradizione popolare narra della “borsa di Sant’Omobono” – espressione rimasta fino ad oggi nel gergo locale – che non si svuotava mai: lui donava a tutti i poveri della città, senza domandare a quale fazione appartenessero. Ma il contenuto del suo borsello non si esauriva. Sarà una leggenda, ma esprime una sicura verità: la carità non impoverisce chi la fa, ma gli dona una ricchezza più grande e più alta.
Facciamo nostro l’appello del Segretario generale della Cei, monsignor Nunzio Galantino: “Diamo una mano al Papa, ne possono dipendere frutti molto grandi”; non solo per chi ne sarà beneficiato, ma anche per chi dona.
Vincenzo Rini