Il compito di tutte le parti dopo le annunciate dimissioni di Monti.
“Era una decisione, forse, inevitabile”, conviene anche il presidente della Cei, card. Angelo Bagnasco, in un’ampia intervista al “Corriere della Sera” del 10 dicembre, a proposito delle annunciate e irrevocabili dimissioni del presidente del Consiglio, a legge di stabilità acquisita.
Quel che s’ha da fare si faccia subito: questo vecchio adagio, al di là ovviamente dei toni, già da campagna elettorale, è in sostanza condiviso da tutti gli attori di questa strana campagna elettorale invernale, avviata per sant’Ambrogio. Da Berlusconi (classe 1934), che ha ripreso in mano quel che resta della sua antica coalizione, a Bersani (classe 1951), fresco di consacrazione alle primarie, a Grillo (classe 1948), che ha tutto l’interesse a capitalizzare in fretta la protesta, prima che si guardi con attenzione il soggetto, fino alla galassia centrista, che così è spinta all’aggregazione e alla decisione, allo stesso presidente del Consiglio, che è proiettato “en réserve de la République”, lasciandosi le mani libere per ogni decisone futura, già nel brevissimo termine. “Sarebbe un errore in futuro non avvalersi di chi ha contribuito in modo rigoroso e competente alla credibilità del nostro Paese in ambito europeo e internazionale evitando di scivolare in situazioni irreparabili”, osserva ancora il presidente della Cei.Del resto, con saggia preveggenza, il presidente della Repubblica aveva declinato l’invito alla prima della Scala, ben calcolando la data della quasi inevitabile perturbazione politica, originata dalle decisioni di Berlusconi.
Saranno, con tutta probabilità, quelle in calendario in piena Quaresima, le ultime elezioni della cosiddetta seconda Repubblica. Il big bang verso un “bipolarismo virtuoso”, che si sarebbe potuto profilare nell’autunno 2011, non si è realizzato. Ci vorrà, con tutta probabilità, un nuovo passaggio, la crisi dei soggetti dovrà andare ancora avanti e fino in fondo. Nello specifico, gli interrogativi sull’offerta elettorale, in particolare a proposito della delicata questione del Senato, e a proposito del rapporto tra centro e centro-sinistra, dovrebbero chiarirsi in tempi relativamente brevi.
Dal punto di vista sistemico, comunque sia, in questo periodo elettorale, che culminerà con le presidenziali, campeggiano due impegni. Occorrerà innanzitutto salvaguardare l’essenziale, cioè quanto di buono è stato fatto dal governo e quanto ragionevolmente si può fare per dare delle prospettive, dal punto di vista, tante volte evocato, dell’equità e dello sviluppo. E poi assicurare la tenuta dei conti e degli assetti e tenere forte e saldo il tessuto sociale e i valori e i principi di riferimento, come sottolinea il presidente della Cei. Come già aveva fatto aprendo il Forum del progetto culturale il cardinale colloca opportunamente la vicenda italiana nel quadro europeo, sottolineando il rinnovato e fecondo interesse dei cattolici per l’impegno politico, ormai alla prova dei fatti.
Il Censis, nel Rapporto annuale sulla situazione sociale del Paese, ha coniato una nuova parola, a proposito del tono generale dell’Italia: restanza. Probabilmente non avrà successo. Ma indica lo sforzo anche lessicale per dare un nome a una situazione inedita, in cui le tante energie del Paese si sentono sole, ma non mollano, anzi, accettano la sfida, restano sul campo, non indulgono all’autocommiserazione e al pessimismo. Ma hanno bisogno d’interlocutori. La casa brucia, irresponsabile chi pensa a sé, osserva il card. Bagnasco. Può essere la base da cui partire per la campagna elettorale e guardare al prossimo futuro con serenità. Quella fiducia che gli italiani reclamano e che non si dà con promesse o proteste, con clamore o rancore, ma con tanto, tanto lavoro.
Francesco Bonini