Nel giorno della memoria (ricorrenza istituita con legge n. 211 del 20 luglio 2000) ci corre l’obbligo di ricordare in modo speciale coloro che, in un tragico frangente della storia europea, spesero tutte le loro energie, anche a costo della propria vita, perché prevalesse sempre il valore incommensurabile della vita umana sulle forze del Male.
Uno di questi personaggi è certamente il diplomatico Angel Sanz Briz (Zaragoza, 28 settembre 1910 – Roma, 11 giugno 1980). Sanz Briz, tra il 1942 e il 1944, lavorando a Budapest quale incaricato di affari dello stato spagnolo, si adoperò per salvare dalla persecuzione circa 5 mila ebrei. Per questo motivo è conosciuto in anche come “l’Angelo di Budapest” o lo “Schindler español”. In quello stesso periodo 600 mila ebrei vennero deportati dalle autorità ungheresi, complici dei nazisti, nei campi di sterminio.
Nonostante il suo predecessore (Miguel Angel de Muguiro) fosse stato rimosso dall’incarico per le sue posizioni anti-naziste, Sanz Briz, profondamente indignato per i piani di persecuzione ideati dai tedeschi, aderì con convinzione a quella grande operazione di salvataggio attuata a Budapest dai diplomatici dei Paesi neutrali, tra cui si ricordano lo svedese Wallenberg, gli svizzeri Born e Lutz, gli italiani mons. Angelo Rotta e don Gennaro Verolino (decisiva fu, infatti l’opera svolta dalla Nunziatura apostolica a Budapest).
Sanz Briz utilizzò un escamotage per assicurare la protezione diplomatica a quante più persone possibile. Interpretando la normativa spagnola che riconosceva la cittadinanza anche ai discendenti degli ex sudditi della corona spagnola, riuscì, infatti, ad ottenere dal suo governo dei passaporti diplomatici per gli ebrei di origine sefardita (quelli stessi, cioè, che erano stati cacciati dalla Spagna nel 1492). Inizialmente erano stati richiesti ed ottenuti 200 documenti di protezione, ma – come spiegò nel dopoguerra lo stesso Sanz Briz – le 200 unità vennero “convertite” in 200 famiglie. In questo modo e grazie anche ad altri stratagemmi, come l’emissione di salvacondotti speciali e la creazione delle case di protezione (che godevano della extraterritorialità e nelle quali trovarono rifugio gli ebrei perseguitati), il diplomatico spagnolo riuscì a salvare da morte certa migliaia di vite umane. Secondo alcuni studiosi salvò circa 5.200 ebrei, di cui appena 200 di origine sefardita.
In quest’opera eroica di salvataggio il diplomatico spagnolo – come ricordò anni dopo la vedova, Adela Quijano – rischiò spesso la vita, soprattutto quando usciva dall’ambasciata per soccorrere e strappare, letteralmente, dalle mani degli aguzzini quanti erano minacciati di arresto nel corso delle retate naziste.
È, inoltre, provato che Sanz Briz, nell’agosto del 1944, dopo aver appreso da una lettera, scritta in francese da due evasi dal campo di concentramento di Auschwitz, quello che era il destino degli ebrei deportati nei campi, informò subito il governo spagnolo dello spaventoso genocidio che i tedeschi stavano portando a termine. Ma la lettera, come le altre precedenti informative, non ebbe mai risposta. Sanz Briz, nonostante questo, operò sempre secondo quanto gli dettava la propria coscienza, al di là della “latitanza” del suo governo (peraltro, già filo-fascista e filo-nazista).
Alla fine di novembre del 1944, di fronte alla imminente caduta di Budapest nelle mani dell’Armata Rossa, il governo spagnolo gli ordinò di abbandonare il suo posto e di riparare in Svizzera. La sua opera venne coraggiosamente continuata da Giorgio Perlasca (Como, 31 gennaio 1910 – Padova, 15 agosto 1992), un italiano che aveva ottenuto la cittadinanza spagnola onoraria e che in quegli anni aveva collaborato con Sanz Briz. Spacciandosi per il nuovo rappresentante spagnolo a Budapest, Perlasca rilasciò falsi documenti di identità, riuscendo così a salvare la vita a molti altri “ebrei spagnoli”, fino all’entrata dei sovietici nella capitale ungherese (16 gennaio 1945).
Quanto a Sanz Briz, dopo la fine della seconda guerra mondiale, continuò la sua brillante carriera nel corpo diplomatico, ricoprendo prestigiosi incarichi a Berna, San Francisco, Washington, Lima, Bruxelles e L’Aia. Fu anche ambasciatore della Spagna nella Cina Popolare e presso la Santa Sede. Morì a Roma l’11 giugno 1980.
Angel Sans Briz nel 1991 è stato riconosciuto dallo Yad Vashem “Giusto tra le Nazioni”.