Vi sono manager che hanno scolpito la storia con coraggio profetico, facendo la differenza in termini di sviluppo aziendale: non sono neanche così pochi, quelli accantonati da un sistema contrario che spesso aveva interesse a isolarli come “casi a parte” affinché potesse essere perseguito un altro modello, quello votato ad una sorta di sacra, inviolabile e incontrovertibile idolatria del DENARO.
Un Manager sceglie sempre il proprio modello, tra pietas o denaro
Secondo espressioni secolari con le quali si indottrinano come automi molti giovani manager o presunti tali, “il tempo è DENARO”, “il business è BUSINESS”, “il mercato HA LE SUE LEGGI…” ma soprattutto, “in termini di costo/beneficio, quanto rende”? Per denaro, in base alla modesta esperienza di chi scrive e soprattutto a quelle ascoltate e apprese per decenni dai più vicini familiari, abbiamo visto intere aziende perdere anima, vocazione e, poco alla volta, la stessa sostenibilità. Abbiamo visto lussuosi dividendi spacciati come grande CRESCITA e TRIMESTRALE BRILLANTE per gli azionisti, al prezzo quasi scontato o sottaciuto di “effetti collaterali” di centinaia di famiglie lasciate sul lastrico con licenziamenti.
“Complimenti. Un milione di euro per tutti voi della gran tavola”, si può leggere tra le righe, mentre si chiudono filiali e non ci si cura di tanti dipendenti messi alla porta. “L’azienda cresce” significa in realtà solo “il portafoglio di pochi azionisti cresce, per chi sa leggerlo”. Tutto per denaro. Lo stesso per cui il dipendente decisivo e brillante spesso viene pagato un decimo dell’amministratore delegato. Che non si rende conto di arricchirsi solo grazie al sacrificio del primo. Non viene premiato, né quasi quasi ringraziato o coinvolto alla suddetta “gran tavola”. Lo stesso per cui si vende persino la famiglia, in nome del “vale denaro!”. Più vile che vale, suggerirei.
Management / Il modello di ogni manager, tra pietas e denaro
Ritengo invece il vero manager, quello mosso da vocazione e non da denaro, chi ha occhi in primis per la migliore serenità dei propri dipendenti, tutti, sino all’ultimo assunto. Anzi, quest’ultimo per primo, in ordine di importanza. E’ un modello ribaltato. Ove il denaro conta ma solo in termini di rispetto di giusti stipendi, di SOSTENIBILITA’ e PROFITTO STABILE. Non quindi in termini di crescita necessaria cui impiccare ogni principio di civiltà umana. Se ad esempio si è quotati in borsa, la trimestrale suddetta è un modello di cappio al collo cui difficilmente si sfugge. Spesso può favorire enormi crescite. Ma è davvero necessario rischiare di mandare tutto al macello, valori e identità comprese?
Reputo management invece incarnare quella che nella civiltà romana era nota come modello di pietas, perno in primis delle relazioni tra uomini e con il divino. Significava prendersi cura degli altri, soprattutto delle classi sociali più deboli in una società così diseguale. Innanzitutto rispettandoli, a partire dalla cerchia familiare. Ne è emblema la fuga di Enea da Troia. In fiamme non tanto per salvare sé stesso, ma per portare il padre Anchise sulle spalle, il figlioletto Ascanio e la moglie Creusea.
Quindi di porre in sicurezza le statuette degli dei Penati, legame indissolubile tra l’uomo e il divino, che oggi il mondo del business tende gravemente a cercare di cancellare. Il manager può sempre scegliere la pietas come proprio modello. Se, ovviamente, non è un vigliacco che ha venduto l’anima al denaro. Perdendo tutto il resto, compreso sé stesso senza accorgersene.
Mario Agostino