Per la messa della domenica nella Plaza della Revolucion José Martì, attese più di 500mila persone. Dietro l’altare una gigantesca scritta ”Misionero de la Misericordia” con foto in bianco nero del Papa e di Madre Teresa di Calcutta che accarezzano bambini e malati. In città si respira l’attesa di un’apertura al mondo globalizzato di cui si valutano i sicuri vantaggi e gli inevitabili rischi
Un viaggio dalle tante attese, pastorali e politiche. Di sicuro un evento storico, che vedrà i riflettori del mondo tornare per tre giorni su Cuba, per poi spostarsi subito dopo sull’ex antagonista oramai amico, gli Stati Uniti. Papa Francesco arriverà oggi pomeriggio all’aeroporto dell’Avana, alle 16 ora cubana (le 22 in Italia). Riceverà il benvenuto ufficiale dalle autorità all’aeroporto José Martì, poi si recherà alla nunziatura apostolica. Intanto è tutto pronto per la messa di domattina nella Plaza della Revolucion José Martì: sono attese più di 500mila persone. Dietro l’altare campeggia una gigantesca scritta “Misionero de la Misericordia” con foto in bianco nero del Papa e di Madre Teresa di Calcutta, entrambi accarezzano bambini e malati. Al lato opposto della enorme piazza, tra bandiere vaticane e cubane al vento, un manifesto del Cristo della Misericordia con le parole “Vengan a mi” riveste tutti i 20 piani della biblioteca nazionale. Sul muro del palazzo accanto, svetta la silhouette in ferro del volto di Fidel e la scritta “Vas bien Fidel”; poco oltre, con lo stesso stile, quella di Che Guevara con la sua famosa frase “Hasta la victoria siempre”.
Il profumo di Cuba. Chissà se Papa Francesco avrà la possibilità di percepire anche il profumo più sottile di Cuba, oltre ai bagni di folla e all’attesissimo incontro con Fidel Castro e il fratello presidente Raoul previsti per domani. Quel profumo denso di atmosfere uniche che si trovano solo qui: il sottofondo storico della “Revolucion” svelato ad ogni angolo, le mitiche Cadillac e Chevrolet di 50 anni fa che ancora girano orgogliose – quasi a dire che qui il tempo per un bel po’ si è fermato -, i fasti oramai decadenti dell’Hotel “Habana libre”, grattacielo che guarda dall’alto la sua città cambiare, a piccoli passi. Sotto la pioggia di ibiscus bianchi rosa e rossi che cadono dagli alberi, gli “habaneros” camminano a passo lento o aspettano i taxi collettivi rigorosamente all’ombra. Le donne aprono i loro ombrelli colorati e rattoppati per ripararsi dal sole nelle ore più calde o dagli scrosci improvvisi della pioggia di settembre, gli stessi che “Il vecchio e il mare” sapeva prevedere quando usciva con la sua barca a pescare. Gli anziani siedono, davanti al ricordo dell’opulenza antica ostentata nelle palazzine liberty del quartiere Vedado o dell’Avana vecchia. I ragazzi appena usciti da scuola, nelle loro divise pulite, giocano festosi a tirarsi “gavettoni” d’acqua per alleviare un po’ l’impietosa sensazione di caldo umido. Dettagli poetici che a volte hanno dell’incredibile, come il giovane che attende fuori dalla scuola con una torta in mano o le donne che ciarlano usando ancora i vecchi telefoni pubblici lungo la strada. La musica, i suoni, i canti degli uccellini sono la colonna sonora di una città ancora preservata dai rumori. Dietro le quinte, c’è il quotidiano di sempre, “son cosas de Cuba” dicono qui, burocrazia e restrizioni che pian piano si sta provando a far venire meno. I mille espedienti creativi per riparare le cose vecchie e sbarcare il lunario, le file nei negozi per ritirare il poco cibo assegnato con la “libreta” (“che non basta mai”) ci sono ancora, come pure le case fatiscenti perché non si hanno i soldi per ristrutturare.
Il fermento di una nuova apertura. Eppure il fermento di una nuova apertura si sente, molti spennellano i vecchi edifici e la speranza è tanta. Però – ma si dice solo sussurrando – c’è anche il timore che con l’ingresso del mondo possano entrare anche affari e soldi poco puliti (già si vocifera di tentate avances delle mafie italiane) e gli effetti più nefasti della globalizzazione. È necessaria cautela, per questo i cubani ci tengono a compiere questo percorso nel loro stile, a piccoli passi, anche per non perdere la propria identità. Del resto Papa Francesco, che conosce molto bene Cuba (all’indomani della visita di Giovanni Paolo II nel 1998 e il suo appello “Cuba si apra al mondo e il mondo si apra a Cuba” pubblicò un libro intitolato “Dialogos entre Juan Pablo II y Fidel Castro”), è consapevole che il disgelo tra Usa e Cuba porterà a ciascuno vantaggi e svantaggi, “perché in un negoziato è così: quello che guadagneranno tutti e due è la pace. L’incontro, l’amicizia e la collaborazione, questo è il guadagno”.
Attese più di 500mila persone. “Ci aspettiamo più di 500mila persone alla messa del Papa nella Plaza de la Revolucion all’Avana – dice padre José Felix Perez Riera, segretario aggiunto e portavoce della Conferenza episcopale cubana -. Tutti i cubani aspettano Papa Francesco con grande speranza ed allegria, con un sentimento di particolare gratitudine per aver favorito l’amicizia tra Cuba e gli Stati Uniti”. Dei 13 vescovi cubani (11 titolari di diocesi e 2 ausiliari) solo uno forse non parteciperà perché malato. “Non so se parlerà ancora dell’embargo – precisa padre Perez -, in ogni caso tutti gli aspetti politici vengono dopo. Il Papa viene a Cuba prima di tutto per parlare di Cristo e di misericordia, e confermare i cubani nella fede”. Durante la messa darà la prima comunione a cinque bambini, la prima volta che compirà questo gesto in un viaggio all’estero. Poi incontrerà le massime autorità dello Stato, i sacerdoti e le religiose e i giovani del Centro culturale “Padre Felix Varela”. Il 21 sarà di nuovo in volo verso Holguin e Santiago de Cuba.
dall’inviata Sir a L’Avana, Patrizia Caiffa