Il Papa ai parenti dei militari caduti in missioni di pace: “Dietro una guerra c’è sempre un peccato”

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Papa domenica 2Un duro monito contro la guerra e contro ”i grandi della terra” che attraverso di essa vogliono risolvere le crisi. Grande tenerezza di Francesco, fatta di gesti e di sguardi, verso i familiari e i piccoli di 24 militari caduti e 13 militari feriti. A Santa Marta accompagnati dall’ordinario militare monsignor Pelvi. 

“La guerra è il suicidio dell’umanità, perché uccide il cuore, uccide proprio dov’è il messaggio del Signore: uccide l’amore! Perché la guerra viene dall’odio, dall’invidia, dalla voglia di potere, anche – tante volte lo vediamo – da quell’affanno di più potere”: ha usato parole dure Papa Francesco per denunciare l’orrore della guerra con cui “i grandi della terra” pensano di risolvere “i problemi locali, i problemi economici, le crisi economiche”. Lo ha fatto questa mattina, nella cappella della Casa Santa Marta, celebrando una messa con un gruppo di circa 80 persone, guidate dall’arcivescovo ordinario militare per l’Italia, monsignor Vincenzo Pelvi. Nel suo saluto al Pontefice il vescovo castrense ha ricordato come questo incontro cada proprio nel giorno in cui in Italia si celebra la Festa nazionale e in essa il Paese “con diverse manifestazioni esprime un debito di amore verso la famiglia militare”. “La guerra – ha detto mons. Pelvi – non è una cosa normale. La morte di innocenti o colpevoli non risolve la questione dello sviluppo dei popoli, da affidare invece con maggiore determinazione al diritto umanitario e alla diplomazia internazionale”. Il gruppo era composto da 55 parenti – soprattutto i genitori – di 24 militari caduti nelle missioni di pace nel corso degli ultimi 5 anni, in modo particolare in Afghanistan, e da 13 militari feriti.
Guerra atto di fede ai soldi. Davanti a loro, che stringevano al petto oggetti e immagini dei loro cari deceduti, il Pontefice ha lanciato un monito duro contro gli interessi economici che stanno dietro i conflitti: “La guerra è un atto di fede ai soldi, agli idoli, agli idoli dell’odio, all’idolo che ti porta ad uccidere il fratello, che porta ad uccidere l’amore. Mi viene in mente quella parola del nostro Padre Dio a Caino che, per invidia, aveva ucciso suo fratello: ‘Caino, dov’è tuo fratello?’. Oggi possiamo sentire questa voce: è il nostro Padre Dio che piange, che piange per questa nostra pazzia, che ci dice a tutti noi ‘Dov’è tuo fratello?’; che dice a tutti i potenti della Terra: ‘Dov’è vostro fratello? Cosa avete fatto!’”. “Dietro una guerra sempre ci sono i peccati: c’è il peccato dell’idolatria, il peccato di sfruttare gli uomini nell’altare del potere, sacrificarli. Volgiti a noi, Signore, e abbi misericordia, – ha poi concluso Papa Francesco – perché siamo tristi e angosciati. Vedi la nostra miseria e la nostra pena. Siamo sicuri che il Signore ci ascolterà e farà qualche cosa per darci lo spirito di consolazione”.
Incontro di sguardi. Alla durezza contro la guerra il Papa ha contrapposto la dolcezza verso i parenti e i feriti, in modo particolare verso i bambini, alcuni molto piccoli, che hanno perduto il loro papà. Con ciascuno di loro, personalmente, il Papa ha usato tenerezza come testimonia al Sir Simone Careddu, il caporalmaggiore dell’Ottavo reggimento Folgore, gravemente ferito il 14 luglio del 2009 in Afghanistan, in un attentato in cui perse la vita il parà Alessandro Di Lisio, di 25 anni. “È stato un incontro di sguardi, commovente, durante il quale non sono riuscito a dire nulla. Non ci siamo detti parole ma tutto è stato racchiuso in uno sguardo nel quale gli ho affidato i miei sentimenti, le mie attese, le mie speranze e le mie paure. I suoi occhi – aggiunge il militare oggi in carrozzella per le conseguenze dell’attentato – mi dicevano di essere sereno, di non perdere la speranza. Mi ha tranquillizzato, mi ha dato grande forza per continuare ad andare avanti. Sento che ha gettato un seme dentro di me, qualcosa è entrato, non so cosa, forse quella serenità, quella tranquillità che sentivo di chiedergli quando mi si è avvicinato. Mi sento fortunato oggi perché sono vivo e posso raccontare ciò che ho vissuto e provato, ci sono molti miei colleghi che invece non ce l’hanno fatta. È giusto che vengano ricordati. Se dimentichiamo da dove veniamo, dove siamo passati, non avremo direzioni da seguire per il futuro. Ciò che facciamo lo facciamo con orgoglio e non chiediamo nulla in cambio. Abbracciando me il Papa ha abbracciato tutti i feriti e tutte le vittime che non dobbiamo dimenticare”. “È stato un incontro intenso dove alle parole si sono aggiunti gesti e sguardi – conferma al Sir la moglie di un capitano ucciso in Afghanistan -. La giornata di oggi è stata una tappa che ciascuno di noi in qualche modo doveva fare. Certi dolori sono radicati e si vivono quotidianamente anche in solitudine. Il Papa ha voluto oggi prendere un po’ di questo nostro peso, condividerlo con noi. È stato un grande momento”.
Preghiera per l’Italia. La messa si è chiusa con la recita della “Preghiera per l’Italia”, composta dal Beato Giovanni Paolo II e con la consegna al Papa, in dono, di un’opera di artigianato napoletano raffigurante San Giuseppe lavoratore. “Essere stati con il Papa dona un valore aggiunto a questa giornata – ha commentato al Sir mons. Pelvi – nella quale il Pontefice ci ha donato una riflessione sulla guerra come follia. Oggi vogliamo ricordare i nostri militari non tanto come vittime ma come persone cui siamo legati da riconoscenza per il dono della pace che hanno seminato bagnandolo con il loro sangue. La festa del 2 Giugno è una giornata di grazia in cui l’Italia può gustare la forza della preghiera che il Papa ha elevato per lei al Signore”. 

                                                                                                                    a cura di Daniele Rocchi