Il Papa in Bosnia Erzegovina / Il cardinale Puljic: “Con Papa Francesco Sarajevo torna al centro dell’Europa”

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Il cardinale Vinko Puljic: “L’Unione europea deve tornare a sostenere la Bosnia ed Erzegovina, perché rinasca e perché la pace vera torni a fiorire”. Il presidente della Conferenza episcopale della Bosnia, monsignor Franjo Komarica: “Viene a rafforzare quello che ci unisce e a farci entrare laddove apparteniamo, nella famiglia dei popoli europei e dei Paesi civilizzati”.

“Papa Francesco era stato invitato dallo Stato di Bosnia ed Erzegovina e dalla nostra Chiesa ma il suo annuncio di ieri è stato una bella sorpresa. Ora qui tutti lo aspettano con grande ansia e non solo i cattolici. Un viaggio che ha un grande significato”. Con queste parole l’arcivescovo di Sarajevo, il cardinale Vinko Puljic, commenta la notizia del prossimo viaggio, il 6 giugno, di Papa Francesco a Sarajevo, la capitale della Bosnia ed Erzegovina. “Desidero annunciare che sabato 6 giugno, a Dio piacendo, mi recherò a Sarajevo, capitale della Bosnia ed Erzegovina”, ha detto Bergoglio ai fedeli presenti in piazza san Pietro per l’Angelus. “Vi chiedo fin d’ora di pregare affinché la mia visita a quelle care popolazioni sia d’incoraggiamento per i fedeli cattolici, susciti fermenti di bene e contribuisca al consolidamento della fraternità e della pace”.

Il cardinale Vinko Puljic
Il cardinale Vinko Puljic

“A breve insedieremo il Comitato organizzatore del viaggio per dare inizio ai preparativi”, spiega il cardinale. “Dobbiamo pregare molto – dichiara il nunzio apostolico in Bosnia, monsignor Luigi Pezzuto, a Radio Vaticana – affinché veramente la visita porti tanti frutti sia per la Chiesa locale, la Chiesa cattolica, ma anche a livello di tutte le fasce di questa società; quindi a livello culturale, a livello religioso, in modo che veramente si possa andare verso un clima, una situazione di pace e di convivenza. È già cominciato questo processo, però deve maturare e deve essere portato a compimento”. Per il presidente della Conferenza episcopale della Bosnia, monsignor Franjo Komarica, “il Papa viene a dare una spinta anche al nostro Paese rimasto per troppo tempo abbandonato in un vicolo cieco. Viene a spronare questa società, la politica e il vivere comune dei cari popoli e comunità religiose, a rafforzare quello che ci unisce e a farci entrare laddove apparteniamo, nella famiglia dei popoli europei e dei Paesi civilizzati”.

Eminenza, il Papa prosegue i suoi viaggi in Europa, il secondo dopo quello a Tirana in Albania, a partire da Paesi periferici, nei quali i cattolici sono una minoranza. La Bosnia è un Paese che porta ancora aperte su di sé le ferite della guerra di 20 anni fa, con tanti crimini di guerra indagati anche dai Tribunali internazionali. Che visita sarà questa del Pontefice?
“Il Papa ha a cuore i poveri e i feriti di questa terra. Viene per comunicare loro speranza e coraggio, anche alla Chiesa cattolica. Lo scopo di questa visita è proprio quello d’incoraggiare il cammino di riconciliazione e di pace. Lui è un vero pellegrino di pace”.

Come pellegrino di pace il Papa si è recato a Gerusalemme, in Terra Santa, dilaniata da un lungo conflitto e adesso, come pellegrino di pace si recherà a Sarajevo, la Gerusalemme d’Europa, crocevia non solo culturale, ma anche religioso. Cosa dirà, a suo parere?
“A proclamare Sarajevo Gerusalemme d’Europa fu san Giovanni Paolo II e ancora lo è! Purtroppo l’Europa lo sta dimenticando. Con questa visita Papa Francesco vuole riportare Sarajevo e la Bosnia ed Erzegovina al centro del Vecchio Continente. Al tempo stesso il Papa porterà l’Europa a Sarajevo. L’Unione europea deve tornare a sostenere questo Paese perché rinasca e perché la pace vera torni a fiorire”.

Il viaggio si celebrerà a un mese dal ventennale della strage di Srebrenica (luglio 1995), quando le truppe serbo-bosniache uccisero circa 8.000 musulmani bosniaci, uomini e ragazzi, nel giro di pochi giorni. Una delle pagine più tristi e vergognose della guerra dei Balcani…
“Questa visita sarà l’occasione per ribadire la condanna di ogni guerra e il rispetto per tutte le vittime come nel caso di Srebrenica”.

Daniele Rocchi

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