Il risveglio del vino rosato italiano disturbato dal climate change

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vino rosato So chic

Da qualche anno assistiamo al risveglio del vino rosato italiano. Di quello etneo, in particolare, di cui abbiamo in passato trattato. È della Sardegna che però vogliamo darvi conto in questo contributo. Questo risveglio è dovuto a un nuovo stile di bere che vede nel rosato non più un vino solo per le calde giornate passate in spiaggia: la sua vibrante freschezza e il tipico colore rosato lo rendono adatto per i momenti conviviali più svariati.
A “disturbare” questo positivo risveglio però ci pensa il cambiamento climatico in corso.

Prima facciamo un breve ripasso. Nel nostro Paese l’anno del suo battesimo è il 1943, quando nasce il Five Roses, il prodotto più conosciuto dell’azienda Leone De Castris ed il primo vino rosato ad essere imbottigliato e commercializzato in Italia. Nel 1954 viene creato il rosso Salice. Agli inizi degli anni settanta nasce la DOC Salice Salentino. Altro vino rosato storico italiano, il Rosè di Bolgheri dei Marchesi Antinori, nasce negli anni 60 e riceve la denominazione Doc. Senza dimenticare le altre note denominazioni di Bardolino e Cerasuolo d’Abruzzo.

Oggi in Francia il rosé rappresenta il 35% del mercato enologico, con la Provenza a fare da traino, nel resto del mondo la percentuale media scende al 10%. In Italia ad oggi si ferma al 4%, ma sembra essere in rapida crescita. L’Italia, leggendo i dati di Nomisma Wine Monitor, è quarta per produzione di vini rosati e il loro consumo è piuttosto basso rispetto agli altri paesi. Dunque, probabilmente, bisogna lavorare di più sulla comunicazione di questi vini, sulla loro de-stagionalità e versatilità. Un modello a cui ispirarsi? Quello francese.

Isabelle e Jean Paul Tréguer
Isabelle e Jean Paul Tréguer hanno fondato in Sardegna la Tréguer& Tréguer

Vi raccontiamo di Jean Paul Tréguer, imprenditore francese che ha mollato un’azienda di pubblicità ben avviata con sede a Parigi, per aprire una cantina con la moglie Isabelle, la Tréguer & Tréguer. Con questa producono nel sud della Sardegna un unico vino rosato fermo dal 2020 da uve cannonau sotto la denominazione Cannonau di Sardegna Doc sottozona Capo Ferrato. Jean Paul e la moglie Isabelle sono i genitori di questo “figlioletto” rosa, nato sulle coste di Villasimius, Castiadas e Costa Rei, gioielli della punta sud est sarda.
Le spiagge bianche, il mare turchese, la natura splendida tra monti e mari, con le vigne stupende e i trecento giorni di sole all’anno li hanno convinti a stabilirsi definitivamente qui.

“Il mondo dei rosati – afferma il produttore francese – ha un enorme potenziale inespresso, che gli imprenditori devono imparare a vedere e saper cogliere. In particolare, la Sardegna ha molto da offrire. Qui ci sono 400 cantine che producono una trentina di vini rosati, per meno di 500.000 bottiglie, ma si potrebbe fare davvero molto di più! Il vitigno rosso più famoso è il Cannonau, che possiamo considerare l’antenato della Grenache. Il nostro obiettivo? Rendere quest’Isola la ‘Provenza del rosé in Italia’”.So chic vino rosè

Tra i principali obbiettivi tecnici della viticoltura per rosati vi è quello di arrivare a maturazione con uve dal contenuto zuccherino non troppo elevato, dalla buona acidità. E, al contempo, con un buon accumulo di composti aromatici e prive di sensazioni verdi e vegetali. Il raggiungimento di questo equilibrio compositivo è ulteriormente complicato dagli effetti del climate change in atto. Questo, con estati sempre più calde e secche, mette in difficoltà la produzione anche nelle zone più vocate. In Francia, ma anche in Italia e Spagna, si registrano le prime applicazione sui grappoli d’uva di un lievito particolare, che induce un maggior accumulo di precursori aromatici. Questo esempio conferma come oggi i viticoltori necessitano di nuove chiavi di interpretazione e valorizzazione dei propri terroir. Valorizzazioni basate anche sull’uso innovativo di tecnologie di supporto alla conduzione della vigna.

La scelta di Jean Paul Tréguer non è allora casuale. La sottozona Capo Ferrato presenta infatti un terroir molto particolare, quasi unico. Contraddistinto da un clima temperato grazie alla presenza del mare, che funge da regolatore termico. Un terroir capace di conferire alle uve espressività aromatica, freschezza e sapidità.
“Prima mi occupavo di pubblicità, di prodotti costruiti. Oggi – ne è convinto Jean Paul Tréguer – ho la fortuna di lavorare in vigna. E di prendermi cura di un prodotto naturale, che necessita di attenzione costante, tra rispetto e innovazione”.

D.S.

 

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