“Da dove vieni, Bubacar?” “Vengo dal Gambia”. Immaginiamo di prendere appena metà della Sicilia e stenderla lungo una sottile striscia di terra, incastonandola dentro il Senegal: la Repubblica del Gambia è un paese minuscolo, il più piccolo dell’Africa Continentale, con una superficie totale di 11.300 km² e una popolazione di appena 1,9 milioni di persone. Questo stato, che dista più di 5000 km dalla punta meridionale dell’Italia, viene chiamato tradizionalmente “smiling coast”: i gambiani vengono descritti come persone sempre sorridenti e molto solari. Eppure, una grande quantità di flussi di immigrazione proviene proprio da lì. E’ stata la terza nazionalità di arrivo in Italia più numerosa nel 2016 e nel 2017. Che succede?
Immigrazione / La rotta Italia – Gambia, povertà e schiavitù
La Repubblica del Gambia rimane oggi uno dei paesi più poveri al mondo. E’ stato piazzato al 173º posto su 188 paesi nella graduatoria basata sull’indice di sviluppo umano. Il 48% dei gambiani vive sotto la soglia di povertà di 1,90 dollari al giorno. Come in altri casi, la colonizzazione ha influito sulla situazione del paese, definendone gli attuali confini politici -nati da un accordo fra Regno Unito e Francia – e sfruttandone non solo le risorse naturali, ma anche umane: nel 1600 portoghesi, spagnoli e inglesi trovarono nel Gambia una delle maggiori fonti di schiavi. Li spedivano, con un ammontare di anche 5.000 all’anno, nelle piantagioni americane.
Nel 1808 gli inglesi bandirono la tratta degli schiavi. Tutt’oggi, nonostante l’illegalità del lavoro forzato, l’edizione 2021 del Rapporto sulla tratta di esseri umani del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti ha osservato come ancora questa sia un fenomeno presente nel paese, seppur in maniera inferiore rispetto ai vicini Mali, Mauritania e Burkina Faso. Quando parlai a Bubacar dei Tuareg, un popolo nomade del deserto africano che mi aveva sempre affascinata, lo vidi invece trasalire: “Non sono brave persone”, mi spiegò, facendo riferimento alla schiavitù in cui alcuni di loro tutt’oggi riducono la popolazione nera.
Immigrazione / La rotta Italia – Gambia, situazione politica
Dopo 200 anni di dominio coloniale britannico, conclusosi con l’indipendenza del 1965, arriva il colpo di stato del ‘94. Yahya Jammeh prende il potere, dando inizio a una dittatura di ben 22 anni, in cui i diritti umani sono stati costantemente violati. Le Unità delle Guardie di Stato, squadroni della morte alle dirette dipendenze del dittatore, erano incaricati di terrorizzare la popolazione e di sopprimere l’opposizione. Questo obiettivo cercava di essere raggiunto anche con una larga applicazione della pena di morte.
Le elezioni presidenziali del 2016 sono state sorprendentemente vinte dal candidato dell’opposizione, Adama Barrow. Ciò ha innescato una crisi post-elettorale, facendo precipitare il paese sull’orlo di un conflitto civile. Il nuovo presidente ha cercato di trainare il paese verso la democrazia. Come spesso accade in queste fasi di transizione, vi è adesso una grande instabilità socioeconomica. Seppure il rispetto delle libertà fondamentali, come anche quella di espressione e di riunione, sia incrementato – tanto che, secondo la statistica di Freedom in the World sulle libertà civili e i diritti politici è passato da un pessimo score di 20/100 a 47/100 nel 2022, con un giudizio di “Parzialmente libero” – , Barrow deve fronteggiare l’aumentata insicurezza e l’altissimo tasso di criminalità (le rapine a mano armata, gli incendi dolosi, gli omicidi). Questi, sotto Jammeh erano eventi rari.
Secondo Amnesty International, permangono ancora delle leggi non esattamente democratiche che andrebbero riformate e le discriminazioni verso donne e le persone LGBT+ continuano ad esistere. Bubacar mi ha spiegato, senza riuscire a entrare nel dettaglio delle sue dolorose esperienze, che il motivo principale per cui è andato via dal Gambia è proprio la situazione politica e la condizione oppressiva in cui il paese si trova.
Immigrazione / La rotta Italia – Gambia, la bellezza dei luoghi
Il Gambia è ancora un luogo dalla grande ricchezza naturale. Seppur l’urbanizzazione sia incrementata in questi anni, gran parte dei gambiani vive ancora in villaggi rurali. Inoltre vi sono 7 riserve naturali e tantissime specie animali, in particolare di uccelli (560 specie, di cui molte migratrici). “Quando ero piccolo uscivo di sera a giocare, il cielo era bellissimo. Si vedevano davvero tutte le stelle”, narra Bubacar, riferendosi a un luogo semplice e ancora libero dalle luci accecanti delle città.
Oltre ad avere una grande biodiversità, il paese racchiude anche un’enorme diversità umana. Il gruppo etnico più consistente è rappresentato dai mandingo, seguiti dai fula, i wolof, i jola, i sarakollé, iserere, i manjago, i bambara e gli aku. Anche i gruppi religiosi sono piuttosto vari. Il Gambia è uno dei paesi con più musulmani in tutta l’Africa. Essi rappresentano circa il 95.7% della popolazione, mentre i cristiani costituiscono solo circa il 4,2% e gli animisti l’1%. Nonostante queste notevoli differenze, tutti i gambiani hanno da sempre convissuto pacificamente e nel rispetto reciproco. “Le persone sono tutte uguali, per noi, non importa a quale religione o cultura appartengano. Ci aiutiamo sempre, facciamo le cose insieme”, spiega Bubacar; e continua: “Siamo accoglienti anche con gli stranieri: li ospitiamo in casa nostra gratuitamente e offriamo loro da mangiare. Solitamente sono senegalesi, guineani, nigeriani.
Quando i turisti occidentali vengono qui di solito preferiscono prendere una camera d’hotel, ma sono anche loro i benvenuti nelle nostre case”. Questo grande senso dell’ospitalità – che Bubacar dice di aver sentito nei suoi confronti anche in Sicilia – unito anche a dei solidi legami familiari, fa in modo che il fenomeno dei senzatetto sia praticamente inesistente. Ognuno ha un posto in cui poter stare, nella condivisione di ciò che c’è.
Immigrazione / La rotta Italia – Gambia. Proverbi gambiani
Quando chiedo a Bubacar di parlarmi di proverbi tradizionali, me ne elenca tre: “Se coltivi mais non cresceranno arachidi”, “La colomba non dà cattivo cibo ai suoi figli”, “Se aiuti un albero a crescere quando è ancora piccolo, crescerà dritto e sano”. Si riferiscono metaforicamente all’educazione dei figli e ai legami familiari, riflettendo perfettamente il profondo e storico legame con la natura e la terra.
Immigrazione / La rotta Italia – Gambia, Bubacar migrante economico
Bubacar è un giovane di 31anni, partito 10 anni fa dal Gambia e arrivato 8 anni fa in Sicilia. Nonostante la situazione nella sua nazione e le motivazioni che lo hanno spinto ad andare, è qui solo con lo status di “migrante economico”, come molti altri. Lavora come commesso, sta facendo un periodo di apprendistato per diventare parrucchiere e nel frattempo sta concludendo il terzo anno di liceo italiano. Parla inglese, italiano e altre tre lingue africane. Il suo piatto preferito è la pasta al forno ed è parecchio bravo a cucinare.
Qui ha trovato una folta comunità gambiana (la Sicilia è la regione con più gambiani d’Italia). Ciò gli ha permesso di sentirsi un po’ più a casa. Di poter condividere le sue disavventure con qualcuno che ha provato cose simili sulla sua pelle. “Qual è il tuo sogno?” “Il mio sogno è che anche la mia famiglia sia qui”.
Maria Maddalena La Ferla