Nell’ambito del percorso di ascolto della città di Acireale, riportiamo problemi principali e proposte da parte dei pescatori della frazione di Santa Tecla. Il processo di ascolto è stato coordinato gratuitamente a partire dai primi mesi del 2021 per la Diocesi di Acireale, su invito del vescovo Raspanti, dal giornalista Mario Agostino, direttore dell’Ufficio per la pastorale della Cultura. A seguire, le domande poste ai pescatori delle frazioni di Santa Tecla e Santa Maria la Scala e le loro risposte in seguito a un confronto. Come tutti i contributi, anche questo è archiviato nell’apposita sezione del sito dedicata al percorso di ascolto.
In ascolto di Acireale / Pescatori, quali sono i disagi principali che impediscono uno sviluppo generativo dell’indotto legato al nostro mare?
Assenze di norme certe e chiare, da applicare a tutti in modo equo e che non penalizzino chi dal mare trae reddito per la propria famiglia. Norme che determinano ad esempio quote tonno insufficienti o difficoltà di gestione del giornale di bordo telematico. Tempi di comunicazione per lo sbarco del pescato incoerenti con la distanza dalla zona dell’operazione di pesca. Insufficienza di punti di sbarco del pescato di tonni e pesce spada che sono attività prevalenti del nostro territorio. Ulteriore disagio viene creato dalla normativa europea, che non riesce a legiferare in modo mirato. Cioè a tenere conto delle differenze che esistono tra le flotte pescherecce d’altura operanti nei mari del nord Europa e la piccola flotta di pesca artigianale. Questa è infatti legata a tradizioni secolari e trae il proprio sostentamento da modeste e sostenibili quantità di pescato.
Conseguenza di tali politiche comunitarie risulta essere la scomparsa di tutte quelle attività di pesca (quali palamitare, sangusare, sciabiche) che per secoli hanno sostenuto l’economia delle piccole borgate marinare. Tali attività adeguatamente gestite e controllate, quindi non bandite, consentirebbero un ricambio generazionale. Evitando così l’allontanamento dei giovani da un mondo lavorativo che attualmente nel territorio non ha altro sbocco né alternative. A questo si aggiunge inoltre la mancanza di logistica portuale di struttura per la vendita diretta per la valorizzazione del prodotto locale.
In particolare, il comparto peschiero di Santa Maria la Scala abbraccia sia il comparto della oesca d’altura che la piccola pesca esercitata sotto costa. La pesca d’altura (con 23 pescherecci da piccole a medio grandi dimensioni) negli ultimi 10 anni ha subito il suo declino. Dovuto a grandi mutamenti legislativi di settore portando a modifiche notevoli. Uno di questi è il passaggio da Rete derivante (la spadara) al Palangaro (il conso). Utilizzando quest’ultimo non è detto che si peschi solo pesce spada, ma altri pesci, quali soprattutto il tonno, seppur utilizzando amo ed esca elencato nei regolamenti di pesca. Il tonno rosso, soprattutto, è un vero dramma per i pescatori perché, superata la quota accidentale, deve essere dichiarato alla Capitaneria di Porto, quindi fermare la pesca per “sbarcarlo”.
Limitazioni e richieste
Così i pescatori ne hanno un danno economico, dovuto al tempo sottratto alla pesca. Quello che si chiede è che il pescato, avendo controllato l’idoneità della licenza con le attrezzature a bordo, possa essere venduto legalmente. Resta un problema la disparità di diritti tra pescatori con Licenza a Rete derivante e Palangaro. Mentre la pesca a rete derivante usufruisce del contributo economico durante il fermo biologico, il comparto pesca a Palangaro non usufruisce di nessun contributo economico durante il fermo biologico. Quello che si chiede è la revisione delle quote. Se possibile liberalizzando la pesca a Palangaro, potendo usufruire di una modalità di pesca stagionale: tempo di pesce spada, di alalunga e tonno.
Riguardo la pesca sotto costa con licenza Arpione, essa si imbatte su una limitazione: viene assegnato uno specchio di acqua delimitato territorialmente oltre il quale non si deve sconfinare. Si chiede la liberalizzazione dello sconfinamento potendo usufruire della costa regionale. Il peggior nemico dei pescatori è poi il pescatore abusivo costituito dal sub o da pesca non dichiarata, falsificata sotto nomenclatura dilettantistica e sportiva. Il pescatore dilettante può pescare un tonno al giorno anche tutto l’anno, al contrario di un pescatore professionista. Una nota dolente è infine l’eccesso di tasse, per le quali si richiede la riduzione.
Quali soluzioni o contributi pensate di offrire alla città che vorreste, nell’immediato e nei prossimi 3-4 anni?
Mettere a disposizione del territorio e dei giovani interessati competenze, abilità, conoscenze acquisite nel corso degli anni, ereditate dalle generazioni precedenti. Un patrimonio che sarebbe un peccato si perdesse nell’oblio della modernità. In generale, crediamo che il futuro della Pesca d’altura per i singoli armatori sia il Consorzio. Sarebbe una forza per dar voce al comparto della pesca d’altura. Mentre per la piccola pesca, la proposta è il costituirsi in cooperative.
Cosa siete disposti a cambiare per liberare opportunità di sviluppo soprattutto nei confronti delle giovani generazioni?
I pescatori potrebbero essere disposti, utilizzando imbarcazioni ed equipaggi, ad affiancare (previa retribuzione) la normale attività di pesca con azioni volte alla salvaguardia dell’ambiente marino e alla tutela del litorale. Ad esempio per la raccolta dei rifiuti dispersi in mare, la pulizia della scogliera e degli approdi. Tali azioni costituirebbero una fonte di reddito sussidiario importante per la sopravvivenza della categoria. Nonché un incentivo non indifferente per le nuove generazioni.