Arcivescovo di Bologna dal 1984 al 2003, ironico e raffinato, si è spento nelle prime ore di sabato 11 luglio nella casa di cura bolognese “Toniolo”, dove da tempo si trovava ricoverato per una severa forma di cardiopatia dilatativa e arteriopatia polidistrettuale.
Era l’“italiano cardinale”, che Giovanni Paolo II chiamò dalla città di sant’Ambrogio alla cattedra di san Petronio, dove sedette per 20 anni, denunciando senza mezzi termini i mali di una Bologna – anzi, di una regione – “sazia e disperata”. Giacomo Biffi, 87 anni compiuti da poco – era nato a Milano il 13 giugno 1928 -, arcivescovo di Bologna dal 1984 al 2003, teologo ironico e raffinato, si è spento nelle prime ore di sabato 11 luglio nella casa di cura bolognese “Toniolo”, dove da tempo si trovava ricoverato per una severa forma di cardiopatia dilatativa e arteriopatia polidistrettuale. I funerali, celebrati dal suo successore alla guida della diocesi, cardinale Carlo Caffarra, si terranno martedì 14, alle 10.30, nella cattedrale di San Pietro, a Bologna.
Da Milano a Bologna. Nato a Milano il 13 giugno 1928, venne ordinato sacerdote il 23 dicembre 1950, sempre a Milano, dall’arcivescovo cardinale Alfredo Ildefonso Schuster. Laureatosi in Teologia nel 1955 con una tesi su “La colpa e la libertà nell’odierna condizione umana”, parroco e docente nei seminari dell’arcidiocesi milanese, il 7 dicembre 1975 venne eletto da Paolo VI vescovo titolare di Fidene e ausiliare del cardinale Giovanni Colombo, arcivescovo di Milano, che lo consacrò vescovo l’11 gennaio 1976. Dal 1976 al 1982 fece parte della Commissione episcopale della Cei per la dottrina della fede, la catechesi e la cultura, di cui fu segretario dal 1979 al 1982, e dal 1982 fu membro della Commissione episcopale per la liturgia. Nominato arcivescovo di Bologna il 19 aprile 1984, vi fece solenne ingresso il 2 giugno. Il 7 luglio dello stesso anno venne eletto presidente della Conferenza episcopale dell’Emilia Romagna. Neanche un anno dopo, il 25 maggio 1985, ricevette la porpora cardinalizia da Giovanni Paolo II.
Teologia e catechesi. Teologo e catecheta, uomo di Chiesa e cittadino italiano: queste le caratteristiche del suo magistero e della vasta produzione bibliografica. Nel 1999 diede alle stampe “Risorgimento, stato laico e identità nazionale”; pochi anni dopo, nel 2007, la sua biografia “Memorie e digressioni di un italiano cardinale” (rivista e ampliata nel 2010), nella quale spiega che “l’identità nazionale ha preceduto di molti anni l’ingresso nel Sacro Collegio”: ecco perché non sono le memorie di un cardinale italiano ma, appunto, di un “italiano cardinale”. Dalla produzione letteraria di Collodi e Guareschi trae spunto per riflessioni teologiche, da “Contro Maestro Ciliegia. Commento teologico a ‘Le avventure di Pinocchio’” (Jaca Book 1977) a “Pinocchio, Peppone, l’anticristo e altre divagazioni” (Cantagalli 2005). Come arcivescovo di Bologna ospitò, nel 1997, il Congresso eucaristico nazionale e volle come frutto permanente di quest’evento ecclesiale l’Istituto Veritatis Splendor, “centro per la formazione e la ricerca culturale cattolica” al servizio della Chiesa di Bologna. Qui, all’inizio degli anni duemila, tenne degli affollati “corsi inusuali di catechesi”, poi confluiti nella sua produzione bibliografica.
Il Conclave del 2005 e gli esercizi spirituali in Vaticano. Membro della Congregazione per il clero e della Congregazione per l’educazione cattolica, nel 1989 predicò gli esercizi spirituali a papa Giovanni Paolo II e alla Curia romana e il 16 dicembre 2003, compiuti i 75 anni, lasciò il governo della Chiesa bolognese. Il 18 gennaio successivo si congedò dall’arcidiocesi, ritirandosi a vivere a Villa San Giacomo, nell’hinterland bolognese, e per sua volontà scomparve dalla scena pubblica. Ma nel 2005 partecipò al conclave che elesse papa Joseph Ratzinger e nel 2007 fu chiamato proprio da Benedetto XVI a predicare gli esercizi spirituali al Papa e alla curia romana. Poi, con l’avanzare dell’età, si fece sempre più pesante la prova della malattia. Appena un mese fa papa Francesco, informato delle sue condizioni di salute, gli scrisse esprimendo “profonda vicinanza in questo momento di sofferenza” e assicurandogli la sua preghiera per “aderire alla volontà del Signore e offrire i suoi patimenti per il bene della Chiesa”.
Francesco Rossi