La bussola è soprattutto nelle mani di genitori vicini e attenti
Sicurezza in Internet. Se ne parla spesso, anche se probabilmente non abbastanza. Il 7 febbraio in Europa si è “celebrato” anche il “Safer Internet day”, la Giornata, appunto, per la sicurezza in rete.
Ma cosa vuol dire? Il riferimento è anzitutto alla “navigazione” da parte dei minori e la questione della sicurezza rimanda primariamente al fatto che la rete offre tantissimi contenuti, molti dei quali sono in grado di disorientare se non addirittura di mettere in pericolo gli utenti. I più piccoli in particolare. È facile immaginare immediatamente il problema della pornografia online, diffusissimo, ma anche quello, molto inquietante, della possibilità di adescamento dei minori via internet, non solo attraverso i cosiddetti “social network”, oggi di gran moda. Le cronache anche recenti hanno parlato, ad esempio, di ragazzine in fuga da casa per inseguire il “sogno” coltivato sulla rete, l’incontro proibito, poi rivelatosi una trappola micidiale.
Sicurezza vuol dire anche, più banalmente, capacità di orientarsi nel grande mare digitale. “Ingannevole nel mare è ogni tracciato”: in effetti anche solo l’overdose d’informazioni, immagini, commenti quotidianamente a disposizione di chiunque è foriera di guai. Difficile trovare una rotta sicura, individuare gerarchie e riferimenti. Tante, troppe scie, apparentemente tutte uguali. O, per dirla con Hegel, una notte in cui tutte le vacche sono nere.
Anche questo è problema di sicurezza. E chi naviga, minori in primis, ha bisogno di aiuto, orientamenti, competenze.
L’attenzione dei genitori sembra ancora inadeguata, se è vero, come emerge dall’ultima ricerca condotta da Eu Kids Online, che pur ritenendo, il 63% dei genitori italiani, di “agire in maniera positiva” nei confronti dei figli, con suggerimenti su come comportarsi al pc e con i propri contatti online, il 39% dei ragazzi non tiene quasi mai conto dei loro consigli e addirittura l’8% li ignora completamente. Inoltre il 13% di padri e madri italiani non dialoga per niente con i figli rispetto a ciò che fanno in rete. Non solo: l’82% dei genitori italiani (la media europea è di 10 punti percentuali in meno) ritiene “altamente improbabile” che i propri figli possano imbattersi in situazioni spiacevoli. Probabilmente una percezione inadeguata della realtà. La cronaca dice cose diverse e un’indagine su “Sessualità e Internet: i comportamenti dei teenager italiani” realizzata da Ipsos nel 2011 rileva come un ragazzo su 3 invia o riceve messaggi a sfondo sessuale, il 32% dei ragazzi dà il proprio numero di cellulare a qualcuno conosciuto online, il 27% si dà appuntamento di persona con qualcuno contattato in internet e il 17% ha rapporti intimi con persone contattate via web.
Il quadro è eloquente. E peraltro noto a tante associazioni e a quanti si occupano di educazione. Resta la difficoltà, molto concreta, di promuovere consapevolezza e comportamenti virtuosi soprattutto nelle famiglie che una volta di più manifestano la necessità di aiuto e accompagnamento.
Una “sana alleanza” tra agenzie educative, con la scuola in particolare che può svolgere un’attività preziosa nella promozione di competenze nei minori, è sempre più necessaria. Serve anche il “Safer Internet day”, ma di più la sua ripresa, l’informazione e l’impegno quotidiano.
Alberto Campoleoni