Ieri, martedì 16 febbraio, nel salotto letterario del Palazzo Platamone di Catania, si è tenuta la conferenza per ricordare il professore Riccardo Di Maggio, scomparso nel 1996, mediante il saggio “Oblitvs Obliviscendvs”, curato dalla professoressa e giornalista Pinella Musmeci, scomparsa l’anno scorso. Di Maggio, nato a Palermo, si trasferì a Guardia. Si è diplomato al liceo classico “Gulli e Pennisi” di Acireale ed ha frequentato l’università a Catania, conseguendo due lauree, in lettere e in filosofia. Un grande studioso, insegnante, scrittore acese, cultore della lingua latina.
Ad organizzare l’incontro Dora Coco che ci ha detto: «Ho inventato questo salotto che si chiama salotto letterario di Dora Coco. Ce l’ho da una quindicina di anni. Ho scritto cinque libri di poesia, mi occupo di associazionismo, in più ho aperto una piccola location, in via Crociferi, in cui una volta al mese si svolgono incontri di poesia, si tratta di momenti di confronto e di laboratorio».
Prima dell’incontro le abbiamo chiesto: Perché la realizzazione di questo incontro?
«Stasera è un incontro particolare, ho conosciuto la figlia del professore Di Maggio che mi ha regalato il libro, l’ho letto e mi è piaciuto il suo senso. Alla realizzazione del libri hanno collaborato i parenti di Di Maggio e professori di grandissimo livello. Loro hanno voluto ricordarlo con questo saggio, io attraverso questa serata».
A Salvatore Valastro, docente del liceo classico “Gulli e Pennisi” di Acireale, abbiamo chiesto: Chi era Riccardo Di Maggio?
«Riccardo di Maggio è stata una persona di riferimento nella vita culturale acese, amatissimo dagli studenti. Era di una preparazione culturale straordinaria, sopra la media delle persone della sua generazione. Ho avuto modo di parlare con parecchi suoi ex alunni, tutti concordano sulla preparazione del professore Di Maggio, una persona che, al di là dell’appartenenza all’ambiente acese, aveva dei legami anche fuori, non solo con le Marche dove ha insegnato per qualche anno, ma anche per via di una parentela, tutt’altro che secondaria, con gli Stati Uniti d’America, perché era cugino di una delle più famose accademiche italianiste statunitensi, Olga Ragusa. Questo rapporto era di parentela e di affinità culturale. Quello che vorrei emergesse stasera è la dimensione, tutt’altro che provinciale, del professore Di Maggio, sia nel campo della storia che della letteratura, era uno scrittore fine. Secondo me ha scritto troppo poco per quello che poteva e doveva scrivere, forse per il suo pudore».
Quindi non ha pubblicato dei libri suoi?
«No, ha pubblicato degli articoli sull’archivio storico de La Sicilia orientale, ha pubblicato delle prefazioni, un estratto della sua tesi di laurea, dei racconti. Era obiettivamente uno scrittore molto raffinato. Certo, era insegnante, padre di famiglia, gestiva tante attività, magari tutto questo gli ha tolto del tempo per la scrittura, però è sicuramente una persona da riscoprire per la sua preparazione culturale».
Ha avuto modo di conoscerlo personalmente?
«Indirettamente, lo conoscevo tramite delle amiche che andavano al magistrale. Ricordo la sua figura, tra l’altro abitavamo vicini di casa, sono molto amico delle figlie, ringrazio infatti Antonella che ha voluto che scrivessi questo libro, insieme a Pinella Musmeci, per ricordare la figura di suo papà. Il saggio è appunto a cura di Pinella Musmeci che purtroppo morì mentre il libro era in stampa, ci sono anche interventi del professore Mineo, un’introduzione sul clima culturale acese del tempo, un testo latino inedito scritto dal professore Di Maggio, curato e tradotto dalla Musmeci che ha fatto anche l’introduzione. Io ripubblico un breve racconto facendo anche un commento, c’è inoltre una lettera con interventi di Allevi, professore di letteratura italiana all’università di Macerata che aveva conosciuto Di Maggio quando insegnava nelle Marche e con il quale aveva mantenuto un rapporto che è durato fino alla morte. Queste lettere arricchiscono il profilo già di per sé molto interessante del professore Di Maggio».
Alla figlia di Riccardo Di Maggio, Antonella, abbiamo fatto due domande.
Il ricordo più bello di suo padre?
«Di ricordi ce ne sono tanti, era un padre molto affettuoso e uno studioso silenzioso».
Ha seguito le sue orme?
«No, io sono nel ramo scientifico, però ultimamente sto cercando di rispolverare i miei studi classici».
Un incontro interessante presentato da Dora Coco e tenuto dai relatori Salvatore Valastro e Dario Stazzone, professore universitario di Catania, che hanno delineato la figura di Riccardo Di Maggio e descritto il costante impegno per il suo lavoro.
A concludere l’incontro le testimonianze di alcuni presenti, che hanno avuto la fortuna di conoscere Di Maggio.
Graziella De Maria