Mi è capitato spesso di leggere nei post di FB frasi e pensieri che descrivono un possibile incontro con Gesù. Li ho sempre letti con attenzione sperando in cuor mio di poter un giorno essere anch’io una protagonista del post. Mi sono sempre chiesta: “Ma se dovesse accadere a me, proprio a me, di incontrare Gesù, sarei in grado di riconoscerlo? O sprecherei la possibilità? Chissà? Secondo quali criteri sceglie Nostro Signore le persone da contattare su questo pianeta?” Nonostante tutti i miei dubbi e, non lo nascondo, il grande desiderio dell’incontro, in cuor mio pensavo che una tale esperienza fosse impossibile. Sarebbe stato più probabile un incontro con il Papa. La vita, però, è davvero imprevedibile. Spesso ti poni mille domande. Elabori mille teorie: “Cosa gli direi? Quante domande gli farei? Perché, se avessi la possibilità di dialogare con il nostro Progettista, diciamo che potrei parlargli per ore. Gli chiederei la cura per il cancro, per gli inestetismi, come sarà la mia vita…, ecc.”
Poi accade e ti ritrovi a rimanere senza parole. Non le trovi e non le cerchi. Non ne hai bisogno. Hai tutto. Una pace ed una pienezza invade il tuo cuore. Ma tutto ciò lo capisci successivamente, quando nonostante le montagne che la vita ti pone sul cammino, ti senti inspiegabilmente sereno e felice. Serenità e felicità che non riesci a spiegarti razionalmente. Ti rimane dentro una sensazione unica, un’infinita voglia di vivere, che ti è stata trasmessa da uno sguardo, solo dagli occhi che hai incrociato. Purtroppo mi accorgo che ognuno di noi è troppo preso da ansie, problemi di varia natura economica, familiare, lavorativa da trascurare se stesso. Gesù ci ha più volte ribadito che siamo stati creati “a sua immagine e somiglianza” ma noi cerchiamo di fare il possibile per dimenticarlo. Non siamo più abituati a vedere, noi guardiamo soltanto. Questi due verbi, guardare e vedere, che noi usiamo spesso come sinonimi, sono completamente diversi fra loro. Guardare è un’osservazione superficiale degli eventi, degli oggetti, vedere è ben altro, è andare oltre.
Molto spesso, a volte per anni, i meno fortunati per tutta la vita, si limitano a guardare, come se indossassero lenti deformanti o occhiali da sole. Vedere può spaventare, perché è disarmante. Ci si accorge che tutto quello in cui si è creduto, tutto quello per cui la maggior parte della popolazione lotta ogni giorno è superfluo. Oggi tutti noi siamo tendenti a guardare al profitto, al successo, al mantenimento di un alto stile di vita, costi quel che costi. Per istanti circoscritti a specifici momenti, siamo concordi che i veri valori sono altri, ma nello stesso tempo in cui prendiamo tale consapevolezza, come un malato di Alzheimer dimentichiamo. L’incontro con Gesù ti permette di sentire qualcosa dentro che non puoi dimenticare, è troppo forte, troppo violentemente bella per dimenticarla. Solo che Gesù ha i suoi canali che, a mio avviso, come 2013 anni fa, sono del tutto anticonvenzionali. È nella diversità, nelle paure che lui si manifesta.
Una domenica mattina mi ritrovo a dover aspettare per quasi un’ora un’amica non so cosa fare. Decido per una passeggiata nel lungomare. Bancarelle colorate invadono il marciapiede. Il mio sguardo si dirige immediatamente su un oggetto che ho da sempre desiderato comprare: due mani, in legno, unite come ad accogliere la vita. L’autore del pezzo un artista di colore. Chiedo il prezzo. Avendo previsto di passeggiare un’oretta, confermo l’acquisto ma domando, onde evitare di portare un oggetto pesante durante la passeggiata, se posso ritirarlo al ritorno: “Mi spiace, sto andando via. Ne ho fatti solo tre pezzi, questo è l’ultimo”. Lo compro, scambiamo solo due parole, ma il suo sguardo che si incrocia con il mio. Dopo la camminata ritorno nel luogo del nostro incontro. Non c’è più. Durante la giornata mi accorgo che qualcosa è cambiato in me. Sento dentro un’energia diversa, inspiegabile. Mi sento improvvisamente felice, forte, piena di voglia di vivere. Energia che da allora non mi ha più abbandonata.
Poi qualche giorno fa mi sono casualmente trovata in una stanza con un principe, che al pari di Biancaneve era protetto da una teca trasparente ed avvolto in fasce. “Per evitare possibili reazioni, abbiamo pensato di coprirlo” mi è stato detto. Non so cosa mi abbia spinto a fare una richiesta che mai avrei pensato di fare: “Posso vederlo?” La richiesta non mi è stata negata. Non ero sola ad osservarlo, ma sono stata l’unica ad essere felice di farlo. So che dietro la porta della stanza che divideva noi dai suoi neo-genitori, vi era dolore, rabbia, paura e possibilmente un forte vacillare della fede: “Perché è successo a noi? Cosa abbiamo fatto di male”. Posso capirli, li comprendo, anch’io credo che al loro posto avrei reagito allo stesso modo. Ma ero dall’altra parte, e l’unica cosa che sono riuscita a vedere sono stati i suoi occhi. I suoi occhi pieni di luce, pieni di vita. Vita che la scienza moderna definisce molto limitata, infinitesimamente limitata. Ma vita ed energia che traboccavano.
Marinella Coco