Fare del bene ripaga sempre, anche a distanza di anni, perché quando una realtà sociale, un’istituzione si fondano su un ideale giusto, i frutti di questo ideale si vedono nel corso del tempo. E non se ne perde la memoria.
Questo è il caso dell’incontro, che si è svolto il 27 luglio, nell’ex sede della Confcommercio di Randazzo, e dedicato a mons. Paolo Randazzo, il prete, che attraverso la fondazione della “Città del fanciullo” di Acireale, ha dato un futuro ai ragazzi disagiati.
Una piccola mostra fotografica allestita nei locali ne ha riassunto la meritoria attività.
“Mons. Paolo Randazzo è nato a Biancavilla nel 1910, ed è morto sempre nella sua città natale nel 1986. Nel corso della sua vita ha ricevuto sia elogi che critiche, ma queste non ci interessano; quello che ci interessa è il bene che è riuscito a fare, quella che è stata la sua sensibilità cristiana e, quindi la sua umanità.
A seguito di un omicidio avvenuto a Biancavilla in casa “Randazzo”, dove perse la vita un bambino, mons. Randazzo, che allora era solo sacerdote, decise con la collaborazione del vescovo di Acireale mons. Russo, la costruzione di un istituto che avrebbe tolto i ragazzi dalla strada. E avrebbe dato loro una speranza.
Nel 1948 venne abbozzato il progetto, che prese forma definitiva solo nel settembre del 1956. “La Città del fanciullo” ha ampliato i suoi locali nel corso degli anni, diventando un’istituto professionale certificato, dove si insegnavano i mestieri più disparati: fabbro, elettricista, artigiano, ebanista, solo per dirne alcuni. E così ragazzi di diciotto-diciannove anni entravano già nel mondo del lavoro. Bisogna dire che, dalla “Città del fanciullo” sono usciti anche professori, scrittori, giornalisti.
La “Città del fanciullo” è riuscita a intervenire in contesti di povertà, abbandono, disadattamento, laddòve le istituzioni erano rimaste immobili.
“Monsignor Randazzo – ha precisato la relatrice Rita Vinciguerra – è stato per i ragazzi della “Città del fanciullo” un padre, la mano sempre tesa che ti protegge”.
Monsignor Randazzo nel ricordo di un ex alunno
“Ho conosciuto mons. Randazzo nel lontano 1966. Ricordo, quando insieme ad altri ragazzini ci portava al Banco di Sicilia, e noi stavamo lì ad aspettare dieci minuti, un quarto d’ora, mezz’ora, che lui uscisse. Sono questi aneddoti – ricorda Francesco Franco, ex alunno della Città del fanciullo – che ravvivano il ricordo che si ha di lui.
Lui, alla mensa, mangiava sempre con noi. Ci spronava sempre allo studio e al lavoro, senza, però, mai opprimerci. Da un prete ci si aspetterebbe una vita contemplativa, ma mons. Randazzo aveva uno spirito cristiano che si traduce in fattività, e altro non è che andare incontro al prossimo”.
Monsignor Paolo Randazzo è stato un prete e un uomo con le sue luci e le sue ombre. Le sue ombre non ci interessano, né tantomeno le sue luci. E’ ciò che ha creato e ha lasciato che a noi importa. Ha dato una possibilità di riscatto a chi la parola riscatto nemmeno sapeva cosa significasse, colmando il vuoto lasciato dalle istituzioni e dalla politica.
Giosuè Consoli