Un punto di riferimento. Realtà vive durante tutto l’anno e non soltanto nel periodo estivo. Basti pensare che la domenica è aperto il 92% degli oratori, praticamente tutti. Non è un caso allora che la ricerca certifichi come l’oratorio resti “uno dei principali luoghi di aggregazione dell’infanzia”, secondo solo ai centri sportivi. Il 79% degli intervistati dichiara infatti di frequentare l’oratorio, regolarmente (38%) o saltuariamente (41%). Una centralità riconosciuta anche dai genitori: il 65% degli intervistati lo considera un punto di riferimento per i ragazzi e i bambini della zona e del quartiere, anche se si fatica a riconoscerne il ruolo educativo, in particolar modo dopo l’infanzia: solo il 33% dei ragazzi segue i percorsi post-cresima. A convincere i genitori è, soprattutto, l’idea che l’oratorio sia un “luogo sicuro in cui i bambini possono confrontarsi e giocare senza pericoli”.Una realtà in trasformazione. Ma l’oratorio sta cambiando e, sempre più spesso, propone occasioni d’incontro anche per anziani e famiglie. “Le attività proposte dagli oratori – ha sottolineato monsignor Maurizio Gervasoni, vescovo di Vigevano, delegato della Conferenza episcopale lombarda per la Pastorale giovanile – nascono come risposta ai bisogni delle persone e sempre più spesso questo riguarda anche adulti e anziani che non trovano altri luoghi di aggregazione. Perché se ai nostri comuni togliamo scuole, centri sportivi e oratori, quali altri spazi per l’aggregazione, non legati al consumo, esistono?”.
Palestre d’integrazione. Così come negli oratori si riflette sempre più il carattere plurale della società: i bambini stranieri rappresentano l’11% delle frequenze totali. Tra questi i musulmani sono circa un terzo. “Una grossa parte dell’integrazione di bambini e ragazzi musulmani di seconda generazione si sta facendo nei nostri oratori”, ha affermato il cardinale Angelo Scola, arcivescovo di Milano, sottolineando la volontà dell’oratorio di essere una realtà “aperta a tutti, che uno abbia o non abbia fede”. Da qui nasce la vocazione missionaria dell’oratorio. “Ci sono preti che si lamentano perché ci sono più bambini in oratorio che alla Messa, ma questo non deve essere visto come un fatto negativo: è la dimostrazione dell’energia aggregativa che la fede possiede”, ha concluso Scola rimarcando la necessità di offrire una proposta educativa unitaria attraverso la costituzione di una “comunità educante” formata da tutti quei soggetti che ruotano attorno agli oratori (catechisti, animatori, educatori, allenatori, sacerdoti). Significativa anche la presenza di personale retribuito nel 28% degli oratori.
Il ruolo dei laici e il protagonismo dei giovani. Un ambiente in cui i laici, presenti nel 98% delle strutture, rappresentano una risorsa centrale. Di questi la metà è costituita da giovani con meno di trent’anni, a ribadire una volontà d’impegno emersa anche dal nuovo Rapporto Giovani dell’Istituto Toniolo. “Vediamo profilarsi all’orizzonte una generazione di giovani che sembrano voler tornare verso la collettività, l’attivismo, con un cambiamento rispetto al passato”, ha concluso Rita Bighi, docente dell’Università Cattolica, evidenziando che “è cresciuta dal 35 al 38% la percentuale di giovani che, a livello nazionale, ha fatto volontariato almeno una volta nell’ultimo anno”.